Era
dunque il 1758 quando Corrado, “Capo dei servizi di bocca” del Principe di
Napoli, già notissimo fra regnanti e nobili di tutta Europa per l’allestimento
di favolosi banchetti, consegna alla storia quella che è considerata la prima,
autorevole citazione delle melanzane in opera culinaria. Come si nota
immediatamente, questo vegetale
(propriamente una “bacca”), chiamato al maschile ”petonciano”, non è
trattato con molta simpatia: gli si attribuisce “malignità” e “cattivo umore”,
da sconfiggere con il sale.
Fosse
solo questo. Il percorso verso la fama è stato lungo, faticoso, tortuoso. Il
nome può spiegare alcune cose.
La
melanzana è probabilmente di origine persiana - ma alcune fonti ne
attribuiscono la primogenitura alla Cina, altre all’India, agli albori del
mondo - ed è arrivata in Europa al seguito dei mercanti arabi nel basso Medioevo, XIV o forse anche XIII
secolo. Nome di battesimo “al badinjian”, “uovo del diavolo”. Tutto un programma. A questo vegetale, che per
crescere bene deve avere sole e acqua e temperatura non inferiore ai 12°C, si
sono attribuite, nel tempo: velenosità, proprietà afrodisiache, induzione alla
lussuria, melanconia, condizionamento della fertilità…
“Al
badinjian” divenne, con la lingua
latina, “melanzana” ovvero “mela insana”.
Due annotazioni: se era chiamata “mela” ciò significa che la forma , in
antichità, era solo rotonda e non allungata; se veniva definita “insana” probabilmente lo si doveva al
fatto che la bacca di quella pianta,
appartenente alle solanacee, poteva essere consumata solo dopo cottura:
cruda, infatti, avrebbe potuto causare tossicità per la presenza di solanina, un alcaloide venefico
contenuto in alcuni vegetali della
stessa famiglia (segnatamente
nelle patate in germinazione). D’altra parte la diffidenza ha tenuto in scacco
molti ortaggi e fra questi, clamorosamente, anche il pomodoro – pure iscritto
fra le solanacee – che non ebbe vita facile fino al Settecento ma il cui contenuto di solanina è
largamente al di sotto della soglia di attenzione.
A
proposito di tossicità, vale la pena di precisare che la solanina è presente
soprattutto nella buccia o a ridosso di essa, sia nelle patate sia nelle
melanzane. E’ quindi sufficiente sbucciarle per evitare anche eventuali
sospetti di rischio. E la cottura è indispensabile. Comunque, per quanto
riguarda le melanzane, per arrivare alla tossicità un individuo del peso di 70
kg dovrebbe consumarne almeno 1,5 kg a crudo e tutte in una volta.
Da
strega a principessa: per la melanzana la svolta non è repentina, avviene poco
per volta. Una data precisa non si conosce, però ci si può rifare ancora una
volta ai grandi cuochi.
Il
Cavalier Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, cavaliere dell’ordine
Gerosolimitano - discendente del poeta Guido Cavalcanti, padre del dolce
stilnovo e grande amico di Dante – visse a cavallo tra il Settecento e
l’Ottocento (1787 – 1859) nel regno di Napoli e fu l’autore di un ricettario
che resta la più famosa testimonianza esistente della superba cucina
napoletana. Ci racconta la prima
ricetta della parmigiana di melanzane.
"Milinsane al parmegiano – Scorzerà una di
fresche, e grosse milinsane, le fetterà di una giusta spessezza, e le porrà in
sale, quindi le premerà, e le asciugherà, e le friggerà con sugna; dipoi le
preparerà nel piatto proprio, sempre lasciando l’orlo libero, le
intersecherà con parmegiano
grattugiato, o quella sorte di formaggio, che le riuscirà, con un poco di
finissimo trito basilico, e brodo di sostanza, che sarebbe quello pur fatto per
la minestra, del che ne potrà conservare un poco.; sopra ci farà una buona
spolverata del formaggio; ne porrà il piatto sopra la fornella con cenere calda
sotto, e sopra il fornello per legarsi alquanto, e fatto il brulé sopra, al
momento di servire pulirà sempre il bordo del piatto, e si presenti in tavola.”
Napoli,
dunque, per la prima parmigiana di melanzane. Ma Napoli o Sicilia? O
addirittura Parma? Ardua sentenza. Anche la Sicilia ne rivendica la paternità.
Infatti alcuni studiosi hanno sostenuto che il termine “parmigiana” deriva dal
siciliano “parmiciana” – a sua vola
derivante dal latino “parma” cioè scudo – termine che definisce le liste
di legno che compongono una finestra persiana.
E,
naturalmente, c’è Parma (città, P maiuscola), forse per via di quel formaggio
già citato nei tempi antichi…
A
favore della Sicilia - certamente la più araba fra tutte le regioni italiane – c’è una leggenda assai
godibile.
“Palermo, piena estate, alla Vucciria. Una
donna intenta a fare la spesa al minor costo possibile, si distrae e perde il
figlioletto nella folla. Lo cerca
disperatamente e lo trova accovacciato nella polvere, fra gli scarti di frutta
e verdura, a ridosso del banco di un arabo. Sta giocando con uno strano
vegetale, e per terra ce ne sono altri due. Afferra la mano del piccolo, che si
tiene ben stretto il suo nuovo “gioco” e fa per andarsene. Ma l’arabo la blocca
e la costringe a comperare tutti e tre gli ortaggi: si chiamano“petrociane”.
Pochi spiccioli, gli ultimi che tiene in tasca. A casa deve inventarsi come cucinare questi strani vegetali
dal colore cupo, un po’ inquietante. Quel violetto quasi nero non ispira
proprio niente di buono. La donna sospira perché non può certo sprecare…
Intanto i suoi occhi si soffermano sulla luce che filtra attraverso i legni
delle persiane, creando come delle lamelle sul tavolo e sul pavimento. E
decide: affetterà gli ortaggi. Le
fette, piuttosto spesse, risultano umidicce, quindi le sala e poi le sciacqua..
Ma non è ancora cibo buono da mangiare… allora taglia una cipolla, la soffrigge
con un poco d’olio unisce dei pomodori ben maturi e qualche foglia di basilico. Intanto prende le fette, le
asciuga ben benino e le frigge distendendole in una teglia man mano che le
toglie dal fuoco. Aggiunge la salsa di pomodoro e il formaggio; va avanti così
fino all’esaurimento di tutti gli ingredienti. Infila la teglia nel forno della
stufa e lascia cuocere per un bel po’ fin quando la superficie non diventa
croccante. Sforna, attende un pochetto, giusto il tempo per lasciar raffreddare
la preparazione e la serve al figlio. Questi assaggia, spalanca gli occhi e
dice: “mamma non hai mai fatto
niente di così buono. Cos’è?”. La donna, sorpresa riflette per qualche istante
e poi dice “E’ la parmiciana di petrociane, picciriddu mio”.
Ecco:
quel miracolo di sapori ha trovato il suo nome, grazie a una persiana…
Le proprietà della melanzana
Dopo
i difetti, il mondo ha scoperto i pregi della melanzana. Ricca di acqua - 90% -
contiene solo il 2,5% di carboidrati e registra un totale di 18 calorie per 100
g. Ha una pregevole quantità di
potassio, fosforo, sodio e calcio. Tra le vitamine, le più presenti sono quelle
del gruppo B, oltre alla vitamina A e C.
E’
depurativa, antiossidante, riduce il colesterolo, è blandamente lassativa.
Protegge le funzioni cardiache e stimola quelle cognitive. Tutta salute,
insomma.
Il
discorso delle calorie è, ovviamente, relativo alla melanzana allo stato
naturale. La cottura può cambiare
tutto, come sempre. La polpa di
questo vegetale è molto porosa, quindi suscettibile di assorbire una grande
quantità di grassi. Ciò che avviene con la frittura. Per contenere i “danni”
una tecnica utile è quella di infarinare leggermente le singole fette prima di
metterle nell’olio bollente, per creare una leggera barriera all’assorbimento.
Le varietà
Si
diceva del nome – melanzana = mela
insana: fa supporre che nell’antichità la forma della bacca fosse rotonda,
proprio simile a quella di una mela. Bene, esiste ancora ed è la melanzana
rossa di Rotonda, presidio Slow Food e Dop.
Fu
importata in Italia negli anni Trenta dai reduci rotondesi delle guerre
coloniali in Africa ed è coltivata a
mano in provincia di Potenza, all’interno del
Parco nazionale del Pollino.
Di
colore aranciato con sfumature verdi, intenso profumo fruttato, lievemente
piccante, retrogusto amarognolo, la Melanzana rossa spicca negli orti della
valle del Mercure. In dialetto la chiamano merlingiana
a pummadora.
Se
ne fa una crema che è fra le ricette più gustose della tradizione lucana. E
inoltre… la melanzana rossa di Rotonda può essere anche consumata cruda.
Il
numero di cultivar, nel mondo, non si conta. Forse è meglio restare in Europa
dove le tipologie sono sostanzialmente tre: globosa, ovale, allungata. I colori: dal bianco, al variegato, al
violetto, al viola scuro. Pezzature che vanno dai 35 ai 600 grammi per singolo
esemplare. Naturalmente al colore e alla forma corrisponde un certo tipo di
polpa. Scegliere non è facile. Cominciamo dalla freschezza, come riconoscerla?
Calice e peduncolo devono essere ben aderenti al frutto e il punto di taglio
non presentare ossidazione; la buccia deve essere lucida, turgida, senza rughe,
ammaccature o cicatrici; il frutto compatto, sodo e pesante. A una leggera pressione del pollice la polpa non
si deve infossare.
Le
melanzane dalla forma allungata hanno un sapore deciso, una vena di amarognolo
più o meno marcata, e si prestano per primi piatti e per ripieni. Proprio per
eliminare il più possibile il retrogusto amaro, devono essere spurgate con la salatura.
In sostanza, si tagliano a fette, si mettono in un colapasta a strati, ogni
strato si cosparge di sale grosso e quindi si copre il tutto aggiungendo un
peso. Dopo una mezzora e più, si sciacquano e si asciugano accuratamente.
Le
forme tonde corrispondono a un frutto dal sapore più delicato. Normalmente
hanno meno semi e si può evitare di farle spurgare.
La
melanzana dovrebbe sempre essere tagliata sulla lunghezza e non sulla
larghezza.
NOTA: C’è melanzana e melanzana: questo
per dire che alcune varietà sono più morbide e/o dolci, altre più piccantine e con la nota vena di amarognolo
da togliere. Alcune sono “tuttofare” altre sono particolarmente adatte per i
fritti perché assorbono meno olio. Ecco qualche indicazione (a parte la rossa
di Rotonda, stupenda ma difficile da trovare sui mercati).
Violetta messinese: ovale, tenera e dolce, pochi semi
Durona nera di Palermo: detta anche “a peduncolo nero” o “palermitana”; ovale allungata,
polpa soda, pochi semi
Tonda violetta prosperosa: tenera e molto dolce, taglia medio-bassa
Violetta palermitana: molto precoce, grossa pezzatura, ovoidale irregolare. Ottima
anche per conserve sottolio
Violetta Zuccherina: forma globosa, bel colore viola intenso, polpa tenera, bianca e
dolcissima
Tonda violetta Bella Vittoria: è una nuova varietà, tenera e molto dolce
Le speciali
Bianca: Nuovo ibrido dal sapore eccezionale, pochi semi, si può tenere la buccia. E’ adatta a tutte le preparazioni
Zebrina viola: ovale allungato, è striata e adatta per tutte le preparazioni.
Sta avendo molto successo
Mini perlina: forma ovale allungata, peso medio 35 grammi, particolarmente
dolce. Buccia sottile, quasi priva di semi, polpa compatta e poco acquosa, perciò assorbe poco olio. E’ buonissima cucinata intera o a dadini e fritta.
Ricette
Crema di Melanzane rosse di Rotonda
3 melanzane rosse di Rotonda - 50 gr
di cacioricotta lucano
30 ml olio extravergine di olive
Majatica
1 spicchio d’aglio - pepe nero q. b. – 8 foglioline
di basilico
sale marino integrale q.b. – 1 fetta di pane rustico di Matera
raffermo
Preriscaldare il forno alla temperatura di 180 °C .
Cuocere le melanzane intere, lavate e private del picciolo, per 20 - 25 minuti
circa. Sfornare e lasciar raffreddare, quindi svuotarle con un cucchiaino.
Mettere la polpa in un passino affinché perda il liquido in eccesso. Inserire
nel mixer (precedentemente raffreddato nel freezer per almeno mezz'ora) la
polpa, lo spicchio di aglio eventualmente privato del germoglio, le foglie di
basilico, la fetta di pane raffermo senza
crosta e sbriciolata, il cacioricotta lucano (se non ne avete va
benissimo un caprino stagionato oppure del parmigiano reggiano invecchiato
almeno 30 mesi), l’olio, il sale e un pizzico di pepe nero macinato al momento.
Frullare pochi secondi a velocità minima cercando di non far riscaldare il mixer, al fine di evitare l’ossidazione del basilico. A questo punto la crema è pronta per essere utilizzata sia per bruschette sia come condimento per la pasta.
Frullare pochi secondi a velocità minima cercando di non far riscaldare il mixer, al fine di evitare l’ossidazione del basilico. A questo punto la crema è pronta per essere utilizzata sia per bruschette sia come condimento per la pasta.
Mezzemaniche al pesto di melanzane e vongole
Ricetta ischitana - per quattro persone
350 g Mezzemaniche -1 melanzana grossa - 1 k vongole veraci
1 bicchiere olio extravergine d’oliva - ½ bicchiere vino bianco d’Ischia
1 spicchio d’aglio - sale e pepe q.b.
Lavare e
sbucciare le melanzane; affettarle e tagliarle a dadini; friggerle con una
parte dell’olio extravergine di oliva poi
frullarne la metà con un poco di acqua e un pizzico di sale. In una
padella larga soffriggere lo spicchio d’aglio schiacciato con il restante olio
(attenzione a non farlo brunire) e unire le vongole; dopo un paio di minuti
sfumare con il vino bianco, coprire la padella per farle aprire. È utile
scuotere il tegame per rendere uniforme il calore e quindi consentire
l’apertura contemporanea(o quasi) di tutti i molluschi. Cuocere le mezzemaniche
in acqua bollente salata, scolare al dente e mantecare nella padella con le
vongole, unendo il pesto di melanzane e aggiungendo in fine le restanti
melanzane a dadini, affinché risultino ben calde. Aggiustare di sale e servire,
suggerendo una spolverata di pepe macinato al momento.
Spaghetti con melanzane e pangrattato
Per 4
persone
360 g linguine – 1
melanzana grossa – 4 fette spesse di provola
½ bicchiere olio extravergine di oliva – pangrattato 4 cucchiai
6 pomodorini tipo Piccadilly – basilico qualche foglia– pepe o
peperoncino qb
Lavare e
sbucciare la melanzana; affettarla e tagliarla a dadini. In una padella cuocere
questi dadini in ½ bicchiere d’olio e ½ d’acqua; salarli quando il liquido sarà
esaurito e farli dorare. In tegamino antiaderente, con qualche goccia
d’olio, tostare il pangrattato.
Ridurre la provola a cubetti e i pomodorini a quarti. Cuocere le linguine al
dente, scolarle poco, unirle alle melanzane e farle saltare aggiungendo prima i
pomodorini e quindi i cubetti di provola e, infine, il pangrattato,
riservandone un poco. Mantecare rapidamente (non più di 2 o 3 minuti). Servire
guarnendo con il pangrattato rimasto, le foglioline di basilico e, se gradita,
una spolverata di pepe o (meglio) di peperoncino.
Parmigiana di melanzane
per sei
persone
3/4 melanzane violette (1,5 kg circa) – 600 g mozzarella latte
vaccino – 250 gr parmigiano
reggiano grattugiato - 1 l olio di semi di arachide – farina bianca q.b. – 1
mazzetto di basilico
Per la
passata
1,5 kg di pomodori maturi o tre scatole polpa pomodoro da 400 gr
1 cipollotto fresco – 2 carotine – 1 cuore di sedano – 5/6 foglie
di basilico.
1) Preparare
innanzitutto e in anticipo la passata di pomodoro, che eventualmente potrà
essere conservata in frigorifero, per due o tre giorni, ben chiusa in un vaso
di vetro o contenitore ermetico. Vale la pena di farla perché la passata fresca
aggiunge un tocco magico al sapore finale della parmigiana…
Lavare
pomodori e sedano, togliendo a questo, se necessario, eventuali filamenti;
grattare le carotine e tagliarle a
pezzi grossolani, così come il
cipollotto e i pomodori. Passare
rapidamente sotto l‘acqua 5/6 foglie di basilico e asciugarle. Mettere il tutto
in un tegame - senza olio né altri grassi – salare leggermente, coprire,
portare a bollore e lasciar
sobbollire per circa ¾ d’ora, controllando che la salsa non si asciughi troppo.
Al termine della cottura, passare il tutto nel passino apposito con il disco a
buchi medi. Alla fine la passata deve risultare fluida. Eventualmente
aggiustare di sale.
2) Preparare
la mozzarella
Tagliare le
mozzarelle a fette e poi ulteriormente a tocchetti. Mettere il tutto nello
scolapasta, su un recipiente. Coprire e lasciare che le mozzarelle perdano
l’acqua.
3) Preparare
le melanzane
Come detto,
se avete scelto le melanzane violette, potete evitare di salarle per spurgare
il liquido amarognolo. Se, invece, le vostre melanzane saranno quelle lunghe,
non potrete sottrarvi all’operazione, descritta più sopra. In questo caso,
dovrete, dopo lo spurgo, sciacquare molto bene fetta per fetta e asciugare con
altrettante cura.
A questo
punto, per entrambe le varietà, si passa all’infarinatura che precede la
frittura. E’ opportuno che
le melanzane siano affettate e infarinate poco per volta perché, comunque,
tendono a produrre acqua mentre per la frittura devono essere ben asciutte.
Dunque,
versare almeno mezza bottiglia di olio di semi di arachide nella padella e
portarlo alla temperatura di circa 180°C. In assenza di termometro, buttare
nell’olio già bollente un cubetto di melanzana e se si produrrà il classico
sfrigolìo, la temperatura è corretta. Attenzione a non lasciare che l’olio
raggiunga il punto di fumo e a sostituirlo quando scurisce.
Friggere le
fette, rivoltandole e, dopo averle tolte con una pinza o con il classico
“ragno”, depositarle su carta assorbente e poi tamponarle per togliere
l’eccesso di olio. Quando se ne sono state fatte alcune, iniziare a
“assemblare” la parmigiana.
Organizzare
la teglia: anche se questa è antiaderente, coprire il fondo con carta-forno in
modo che il rivestimento non si rovini in fase di taglio della parmigiana
stessa. Ciò fatto, stendere le fette sovrapponendole leggermente l’una
all’altra, senza lasciare spazi liberi; distribuire un po’ di passata di
pomodoro, due foglioline di basilico, qualche cubetto di mozzarella e una
spolverata di parmigiano grattugiato. Passare al secondo strato incrociando le
fette: in sostanza se nel primo strato erano state disposte per il lato lungo,
nel secondo saranno disposte lungo il lato corto.
Attenzione:
se le melanzane sono state fatte spurgare con il sale, ora non sarà necessario
salare ulteriormente. Se, invece, si tratta delle melanzane utilizzate al
“naturale” è opportuno distribuire qualche pizzico di sale sui vari strati. Ma…
non esagerare! Una parmigiana troppo salata è una parmigiana buttata….
Una volta
esaurite le fette, si concluderà con passata di pomodoro un po’ più abbondante,
mozzarella senza risparmio e parmigiano idem.
In forno
pre-riscaldato a 180°C fin quando, a mozzarella completamente sciolta, non si sarà formata una crosticina
dorata.
La
parmigiana va servita tiepida perché deve avere il tempo di compattarsi un poco
e per far sì che tutti i sapori si fondano per benino.
Grazie a