Ricette

giovedì 26 maggio 2016

Melanzana: quattro secoli di disprezzo. Poi la rivincita. Anzi il trionfo.




“I Petronciani non sono troppo sani; per usarli bisogna pulirli dalla corteccia, e poi darli una lessata per toglierli una certa malignità, che potrebbe nuocere; o pure spolverarli di sale per estrarre il cattivo umore. Bianchiti li Petronciani  si possono servire in tutte quelle maniere, che si sono esposte parlando delle Zucche, Pastinache, e Pomidoro.” 

Vincenzo Corrado, Il Cuoco Galante, in Napoli MDCCLXXVIII




Era dunque il 1758 quando Corrado, “Capo dei servizi di bocca” del Principe di Napoli, già notissimo fra regnanti e nobili di tutta Europa per l’allestimento di favolosi banchetti, consegna alla storia quella che è considerata la prima, autorevole citazione delle melanzane in opera culinaria. Come si nota immediatamente, questo vegetale  (propriamente una “bacca”), chiamato al maschile ”petonciano”, non è trattato con molta simpatia: gli si attribuisce “malignità” e “cattivo umore”, da sconfiggere con il sale.
Fosse solo questo. Il percorso verso la fama è stato lungo, faticoso, tortuoso. Il nome può spiegare alcune cose.




La melanzana è probabilmente di origine persiana - ma alcune fonti ne attribuiscono la primogenitura alla Cina, altre all’India, agli albori del mondo - ed è arrivata in Europa al seguito dei mercanti arabi nel  basso Medioevo, XIV o forse anche XIII secolo. Nome di battesimo “al badinjian”, “uovo del diavolo”. Tutto un  programma. A questo vegetale, che per crescere bene deve avere sole e acqua e temperatura non inferiore ai 12°C, si sono attribuite, nel tempo: velenosità, proprietà afrodisiache, induzione alla lussuria, melanconia, condizionamento della fertilità…
“Al badinjian”  divenne, con la lingua latina, “melanzana” ovvero “mela insana”.  Due annotazioni: se era chiamata “mela” ciò significa che la forma , in antichità, era solo rotonda e non allungata;  se veniva definita “insana” probabilmente lo si doveva al fatto che la bacca di quella pianta,  appartenente alle solanacee, poteva essere consumata solo dopo cottura: cruda, infatti, avrebbe potuto causare tossicità per la presenza  di solanina, un alcaloide venefico contenuto in  alcuni vegetali della stessa famiglia  (segnatamente nelle patate in germinazione). D’altra parte la diffidenza ha tenuto in scacco molti ortaggi e fra questi, clamorosamente, anche il pomodoro – pure iscritto fra le solanacee – che non ebbe vita facile fino al Settecento ma  il cui contenuto di solanina è largamente al di sotto della soglia di attenzione.
A proposito di tossicità, vale la pena di precisare che la solanina è presente soprattutto nella buccia o a ridosso di essa, sia nelle patate sia nelle melanzane. E’ quindi sufficiente sbucciarle per evitare anche eventuali sospetti di rischio. E la cottura è indispensabile. Comunque, per quanto riguarda le melanzane, per arrivare alla tossicità un individuo del peso di 70 kg dovrebbe consumarne almeno 1,5 kg a crudo e tutte in una volta.
Da strega a principessa: per la melanzana la svolta non è repentina, avviene poco per volta. Una data precisa non si conosce, però ci si può rifare ancora una volta ai grandi cuochi. 






Il Cavalier Ippolito Cavalcanti, Duca di Buonvicino, cavaliere dell’ordine Gerosolimitano - discendente del poeta Guido Cavalcanti, padre del dolce stilnovo e grande amico di Dante – visse a cavallo tra il Settecento e l’Ottocento (1787 – 1859) nel regno di Napoli e fu l’autore di un ricettario che resta la più famosa testimonianza esistente della superba cucina napoletana.  Ci racconta la prima ricetta della parmigiana di melanzane.





"Milinsane al parmegiano – Scorzerà una di fresche, e grosse milinsane, le fetterà di una giusta spessezza, e le porrà in sale, quindi le premerà, e le asciugherà, e le friggerà con sugna; dipoi le preparerà nel piatto proprio, sempre lasciando l’orlo libero, le intersecherà  con parmegiano grattugiato, o quella sorte di formaggio, che le riuscirà, con un poco di finissimo trito basilico, e brodo di sostanza, che sarebbe quello pur fatto per la minestra, del che ne potrà conservare un poco.; sopra ci farà una buona spolverata del formaggio; ne porrà il piatto sopra la fornella con cenere calda sotto, e sopra il fornello per legarsi alquanto, e fatto il brulé sopra, al momento di servire pulirà sempre il bordo del piatto, e si presenti in tavola.”
Napoli, dunque, per la prima parmigiana di melanzane. Ma Napoli o Sicilia? O addirittura Parma? Ardua sentenza. Anche la Sicilia ne rivendica la paternità. Infatti alcuni studiosi hanno sostenuto che il termine “parmigiana” deriva dal siciliano “parmiciana” – a sua vola  derivante dal latino “parma” cioè scudo – termine che definisce le liste di legno che compongono una finestra persiana. 
E, naturalmente, c’è Parma (città, P maiuscola), forse per via di quel formaggio già citato nei tempi antichi…
A favore della Sicilia - certamente la più araba fra tutte le regioni  italiane – c’è una leggenda assai godibile.



Palermo, piena estate, alla Vucciria. Una donna intenta a fare la spesa al minor costo possibile, si distrae e perde il figlioletto nella folla.  Lo cerca disperatamente e lo trova accovacciato nella polvere, fra gli scarti di frutta e verdura, a ridosso del banco di un arabo. Sta giocando con uno strano vegetale, e per terra ce ne sono altri due. Afferra la mano del piccolo, che si tiene ben stretto il suo nuovo “gioco” e fa per andarsene. Ma l’arabo la blocca e la costringe a comperare tutti e tre gli ortaggi: si chiamano“petrociane”. Pochi spiccioli, gli ultimi che tiene in tasca.  A casa deve inventarsi come cucinare questi strani vegetali dal colore cupo, un po’ inquietante. Quel violetto quasi nero non ispira proprio niente di buono. La donna sospira perché non può certo sprecare… Intanto i suoi occhi si soffermano sulla luce che filtra attraverso i legni delle persiane, creando come delle lamelle sul tavolo e sul pavimento. E decide: affetterà gli ortaggi.  Le fette, piuttosto spesse, risultano umidicce, quindi le sala e poi le sciacqua.. Ma non è ancora cibo buono da mangiare… allora taglia una cipolla, la soffrigge con un poco d’olio unisce dei pomodori ben maturi  e qualche foglia di basilico. Intanto prende le fette, le asciuga ben benino e le frigge distendendole in una teglia man mano che le toglie dal fuoco. Aggiunge la salsa di pomodoro e il formaggio; va avanti così fino all’esaurimento di tutti gli ingredienti. Infila la teglia nel forno della stufa e lascia cuocere per un bel po’ fin quando la superficie non diventa croccante. Sforna, attende un pochetto, giusto il tempo per lasciar raffreddare la preparazione e la serve al figlio. Questi assaggia, spalanca gli occhi e dice: “mamma  non hai mai fatto niente di così buono. Cos’è?”. La donna, sorpresa riflette per qualche istante e poi dice “E’ la parmiciana di petrociane, picciriddu mio”. 
Ecco: quel miracolo di sapori ha trovato il suo nome, grazie a una persiana…




Le proprietà della melanzana
Dopo i difetti, il mondo ha scoperto i pregi della melanzana. Ricca di acqua - 90% - contiene solo il 2,5% di carboidrati e registra un totale di 18 calorie per 100 g.  Ha una pregevole quantità di potassio, fosforo, sodio e calcio. Tra le vitamine, le più presenti sono quelle del gruppo B, oltre alla vitamina A e C.
E’ depurativa, antiossidante, riduce il colesterolo, è blandamente lassativa. Protegge le funzioni cardiache e stimola quelle cognitive. Tutta salute, insomma.
Il discorso delle calorie è, ovviamente, relativo alla melanzana allo stato naturale.  La cottura può cambiare tutto, come sempre.  La polpa di questo vegetale è molto porosa, quindi suscettibile di assorbire una grande quantità di grassi. Ciò che avviene con la frittura. Per contenere i “danni” una tecnica utile è quella di infarinare leggermente le singole fette prima di metterle nell’olio bollente, per creare una leggera barriera all’assorbimento.




Le varietà
Si diceva del nome – melanzana = mela insana: fa supporre che nell’antichità la forma della bacca fosse rotonda, proprio simile a quella di una mela. Bene, esiste ancora ed è la melanzana rossa di Rotonda, presidio Slow Food e Dop.
Fu importata in Italia negli anni Trenta dai reduci rotondesi delle guerre coloniali in Africa ed è coltivata a mano in provincia di Potenza, all’interno del Parco nazionale del Pollino. 
Di colore aranciato con sfumature verdi, intenso profumo fruttato, lievemente piccante, retrogusto amarognolo, la Melanzana rossa spicca negli orti della valle del Mercure. In dialetto la chiamano merlingiana a pummadora.
Se ne fa una crema che è fra le ricette più gustose della tradizione lucana. E inoltre… la melanzana rossa di Rotonda può essere anche consumata cruda.



Il numero di cultivar, nel mondo, non si conta. Forse è meglio restare in Europa dove le tipologie sono sostanzialmente tre: globosa, ovale, allungata.  I colori: dal bianco, al variegato, al violetto, al viola scuro. Pezzature che vanno dai 35 ai 600 grammi per singolo esemplare. Naturalmente al colore e alla forma corrisponde un certo tipo di polpa. Scegliere non è facile. Cominciamo dalla freschezza, come riconoscerla? Calice e peduncolo devono essere ben aderenti al frutto e il punto di taglio non presentare ossidazione; la buccia deve essere lucida, turgida, senza rughe, ammaccature o cicatrici; il frutto compatto, sodo  e pesante. A una leggera pressione del pollice la polpa non si deve infossare.
Le melanzane dalla forma allungata hanno un sapore deciso, una vena di amarognolo più o meno marcata, e si prestano per primi piatti e per ripieni. Proprio per eliminare il più possibile il retrogusto amaro, devono essere spurgate con la salatura. In sostanza, si tagliano a fette, si mettono in un colapasta a strati, ogni strato si cosparge di sale grosso e quindi si copre il tutto aggiungendo un peso. Dopo una mezzora e più, si sciacquano e si asciugano accuratamente.
Le forme tonde corrispondono a un frutto dal sapore più delicato. Normalmente hanno meno semi e si può evitare di farle spurgare.
La melanzana dovrebbe sempre essere tagliata sulla lunghezza e non sulla larghezza.

 NOTA: C’è melanzana e melanzana: questo per dire che alcune varietà sono più morbide e/o  dolci, altre più piccantine e con la nota vena di amarognolo da togliere. Alcune sono “tuttofare” altre sono particolarmente adatte per i fritti perché assorbono meno olio. Ecco qualche indicazione (a parte la rossa di Rotonda, stupenda ma difficile da trovare sui mercati).


Per fritture  (assorbono poco olio)



Violetta messinese: ovale, tenera e dolce, pochi semi
Durona nera di Palermo: detta anche “a peduncolo nero” o “palermitana”; ovale allungata, polpa soda, pochi semi
Black beauty: colore nero lucido, grosse dimensioni, forma ovale-piriforme


Per pasta, forno, ripieni


Tonda violetta prosperosa: tenera e molto dolce, taglia medio-bassa 

Violetta palermitana: molto precoce, grossa pezzatura, ovoidale irregolare. Ottima anche per conserve sottolio
Violetta Zuccherina: forma globosa, bel colore viola intenso, polpa tenera, bianca e dolcissima
Tonda violetta Bella Vittoria: è una nuova varietà, tenera e molto dolce




Le speciali



Bianca: Nuovo ibrido dal sapore eccezionale, pochi semi, si può tenere la buccia. E’ adatta a tutte le preparazioni
Zebrina viola: ovale allungato, è striata e adatta per tutte le preparazioni. Sta avendo molto successo
Mini perlina: forma ovale allungata, peso medio 35 grammi, particolarmente dolce. Buccia sottile, quasi priva di semi, polpa compatta e poco acquosa, perciò assorbe poco olio. E’ buonissima cucinata intera o a dadini e fritta.




Ricette

 Crema di Melanzane rosse di Rotonda

3 melanzane rosse di Rotonda - 50 gr di cacioricotta lucano
30 ml olio extravergine di olive Majatica
1 spicchio d’aglio - pepe nero q. b.  – 8 foglioline  di basilico
sale marino integrale q.b. –  1 fetta di pane rustico di Matera raffermo


Preriscaldare  il forno alla temperatura di 180 °C . Cuocere le melanzane intere, lavate e private del picciolo, per 20 - 25 minuti circa. Sfornare e lasciar raffreddare, quindi svuotarle con un cucchiaino. Mettere la polpa in un passino affinché perda il liquido in eccesso. Inserire nel mixer (precedentemente raffreddato nel freezer per almeno mezz'ora) la polpa, lo spicchio di aglio eventualmente privato del germoglio, le foglie di basilico, la fetta di pane raffermo senza  crosta e sbriciolata, il cacioricotta lucano (se non ne avete va benissimo un caprino stagionato oppure del parmigiano reggiano invecchiato almeno 30 mesi), l’olio, il sale e un pizzico di pepe nero macinato al momento.
Frullare pochi secondi a velocità minima cercando di non far riscaldare il mixer, al fine di evitare l’ossidazione del basilico. A questo punto la crema è pronta per essere utilizzata sia per bruschette sia come condimento per la pasta.


Mezzemaniche al pesto di melanzane e vongole
 Ricetta ischitana - per quattro persone




350 g Mezzemaniche -1 melanzana grossa -  1 k vongole veraci
1 bicchiere olio extravergine d’oliva - ½ bicchiere vino bianco d’Ischia
1 spicchio d’aglio - sale e pepe q.b.


Lavare e sbucciare le melanzane; affettarle e tagliarle a dadini; friggerle con una parte dell’olio extravergine di oliva poi  frullarne la metà con un poco di acqua e un pizzico di sale. In una padella larga soffriggere lo spicchio d’aglio schiacciato con il restante olio (attenzione a non farlo brunire) e unire le vongole; dopo un paio di minuti sfumare con il vino bianco, coprire la padella per farle aprire. È utile scuotere il tegame per rendere uniforme il calore e quindi consentire l’apertura contemporanea(o quasi) di tutti i molluschi. Cuocere le mezzemaniche in acqua bollente salata, scolare al dente e mantecare nella padella con le vongole, unendo il pesto di melanzane e aggiungendo in fine le restanti melanzane a dadini, affinché risultino ben calde. Aggiustare di sale e servire, suggerendo una spolverata di pepe macinato al momento. 


Spaghetti con melanzane e pangrattato
Per 4 persone



360 g linguine  – 1 melanzana grossa – 4 fette spesse di provola
½ bicchiere olio extravergine di oliva – pangrattato 4 cucchiai
6 pomodorini tipo Piccadilly – basilico qualche foglia– pepe o peperoncino qb

Lavare e sbucciare la melanzana; affettarla e tagliarla a dadini. In una padella cuocere questi dadini in ½ bicchiere d’olio e ½ d’acqua; salarli quando il liquido sarà esaurito e farli dorare. In tegamino antiaderente, con qualche goccia d’olio,  tostare il pangrattato. Ridurre la provola a cubetti e i pomodorini a quarti. Cuocere le linguine al dente, scolarle poco, unirle alle melanzane e farle saltare aggiungendo prima i pomodorini e quindi i cubetti di provola e, infine, il pangrattato, riservandone un poco. Mantecare rapidamente (non più di 2 o 3 minuti). Servire guarnendo con il pangrattato rimasto, le foglioline di basilico e, se gradita, una spolverata di pepe o (meglio) di peperoncino.



Parmigiana di melanzane
per sei persone




3/4 melanzane violette (1,5 kg circa) – 600 g mozzarella latte vaccino –  250 gr parmigiano reggiano grattugiato - 1 l olio di semi di arachide – farina bianca q.b. – 1 mazzetto di basilico
Per la passata

1,5 kg di pomodori maturi o tre scatole polpa pomodoro da 400 gr
1 cipollotto fresco – 2 carotine – 1 cuore di sedano – 5/6 foglie di basilico.


1) Preparare innanzitutto e in anticipo la passata di pomodoro, che eventualmente potrà essere conservata in frigorifero, per due o tre giorni, ben chiusa in un vaso di vetro o contenitore ermetico. Vale la pena di farla perché la passata fresca aggiunge un tocco magico al sapore finale della parmigiana…

Lavare pomodori e sedano, togliendo a questo, se necessario, eventuali filamenti; grattare le carotine  e tagliarle a pezzi grossolani,  così come il cipollotto e i pomodori.  Passare rapidamente sotto l‘acqua 5/6 foglie di basilico e asciugarle. Mettere il tutto in un tegame - senza olio né altri grassi – salare leggermente, coprire, portare a bollore  e lasciar sobbollire per circa ¾ d’ora, controllando che la salsa non si asciughi troppo. Al termine della cottura, passare il tutto nel passino apposito con il disco a buchi medi. Alla fine la passata deve risultare fluida. Eventualmente aggiustare di sale.

2) Preparare la mozzarella
Tagliare le mozzarelle a fette e poi ulteriormente a tocchetti. Mettere il tutto nello scolapasta, su un recipiente. Coprire e lasciare che le mozzarelle perdano l’acqua.

3) Preparare le melanzane
Come detto, se avete scelto le melanzane violette, potete evitare di salarle per spurgare il liquido amarognolo. Se, invece, le vostre melanzane saranno quelle lunghe, non potrete sottrarvi all’operazione, descritta più sopra. In questo caso, dovrete, dopo lo spurgo, sciacquare molto bene fetta per fetta e asciugare con altrettante cura.

A questo punto, per entrambe le varietà, si passa all’infarinatura che precede la frittura.   E’ opportuno che le melanzane siano affettate e infarinate poco per volta perché, comunque, tendono a produrre acqua mentre per la frittura devono essere ben asciutte.

Dunque, versare almeno mezza bottiglia di olio di semi di arachide nella padella e portarlo alla temperatura di circa 180°C. In assenza di termometro, buttare nell’olio già bollente un cubetto di melanzana e se si produrrà il classico sfrigolìo, la temperatura è corretta. Attenzione a non lasciare che l’olio raggiunga il punto di fumo e a sostituirlo quando scurisce.



Friggere le fette, rivoltandole e, dopo averle tolte con una pinza o con il classico “ragno”, depositarle su carta assorbente e poi tamponarle per togliere l’eccesso di olio. Quando se ne sono state fatte alcune, iniziare a “assemblare” la parmigiana.

Organizzare la teglia: anche se questa è antiaderente, coprire il fondo con carta-forno in modo che il rivestimento non si rovini in fase di taglio della parmigiana stessa. Ciò fatto, stendere le fette sovrapponendole leggermente l’una all’altra, senza lasciare spazi liberi; distribuire un po’ di passata di pomodoro, due foglioline di basilico, qualche cubetto di mozzarella e una spolverata di parmigiano grattugiato. Passare al secondo strato incrociando le fette: in sostanza se nel primo strato erano state disposte per il lato lungo, nel secondo saranno disposte lungo il lato corto.

Attenzione: se le melanzane sono state fatte spurgare con il sale, ora non sarà necessario salare ulteriormente. Se, invece, si tratta delle melanzane utilizzate al “naturale” è opportuno distribuire qualche pizzico di sale sui vari strati. Ma… non esagerare! Una parmigiana troppo salata è una parmigiana buttata….

Una volta esaurite le fette, si concluderà con passata di pomodoro un po’ più abbondante, mozzarella senza risparmio e parmigiano idem.

In forno pre-riscaldato a 180°C fin quando, a mozzarella completamente sciolta,  non si sarà formata una crosticina dorata.

La parmigiana va servita tiepida perché deve avere il tempo di compattarsi un poco e per far sì che tutti i sapori si fondano per benino.


Grazie a