Ricette

venerdì 27 giugno 2014

Langhe-Roero e Monferrato ora sono Patrimonio dell'Umanità


Si è aperta  magnificamente l’estate 2014 per Langhe-Roero e Monferrato.  Il 21 giugno a Doha, capitale del Qatar, il 38° Comitato UNESCO, con i 21 Paesi di turno, ha dichiarato questi  “Paesaggi vitivinicoli del Piemonte” patrimonio dell’Umanità: “Un esempio eccezionale di paesaggio culturale”, risultato dell’azione combinata dell’uomo e della natura.
Colline, vigne a distesa, che si arrampicano e discendono ordinate, vini di eccellenza. E cultura nel senso più ampio.



Grandi scrittori ha prodotto questa terra, da Vittorio Alfieri – il maggiore poeta tragico del Settecento – a Cesare Pavese a Beppe Fenoglio a Giovanni Arpino a Davide Lajolo a Gina Lagorio….  Solo per dare un’idea.  



”Se sono cresciuto in questo paese, devo dir grazie alla  Virgilia, a Padrino, tutta gente che non c’è più, anche se loro mi hanno preso e allevato soltanto perché l’ospedale di Alessandria gli passava la mesata. Su queste colline quarant’anni fa c’erano dei dannati che per vedere uno scudo d’argento si caricavano un bastardo dell’ospedale, oltre ai figli che avevano già. C’era chi prendeva la bambina per averci poi la servetta e comandarla meglio; la Virgilia volle me perché di figlie ne aveva già due, e quando fossi un po’ cresciuto speravano di aggiustarsi in una grossa cascina e lavorare tutti quanti e star bene. Padrino aveva allora il casotto di gaminella – due stanze e una stalla – la capra e quella riva dei noccioli.” …..
Cesare Pavese, “La luna e i falò”,  1950





...” Adesso i molli colori piovevano coi loro riflessi sulle sagome fin troppo concrete dei parenti, piegati su scodelle di ravioli al Barolo, mentre altri ravioli fumavano, immersi in sughi e formaggi, da enormi zuppiere fiorite. Dalla cucina al salone, per una porta continuamente sbattuta, entrava e usciva un mio zio magro, cole grembiule di Caterina, furibondo  nel suo maniaco daffare di cuoco. Un ultimo lembo di salsiccia cruda, mangiata a metri dagli altri prima dei ravioli, gli giaceva annodato al collo”….. “Stasera, per chi si ferma, c’è da aggiustarsi con vitello tonnato, insalata di carne cruda, pesche ripiene. Non mancherà una tazza di brodo…” disse poi il vecchio per svelenire umori e discorso”.
Giovanni Arpino, “L’ombra delle colline”, 1964





Le Ricette

  Vitel tonè - Carne cruda all'albese - Pesche ripiene


Il Vitel tonè è piatto tipico della cucina piemontese  e la sua origine viene rivendicata da Cuneo e Alba. Normalmente è servito come antipasto ma, in quantità adeguata, è anche un  ottimo secondo. Affiancato da verdure fresche, di stagione, e seguìto da un dessert, non scontato, diventa pranzo completo. 
Come normalmente avviene, la ricetta del vitello tonnato si declina in varie versioni. Le differenze sostanziali sono sulla necessità della marinatura e sull’utilizzo della maionese. Per la marinatura, c’è chi ritiene non si possa prescindere dall'infusione nel vino bianco e c’è chi sostiene che la carne debba essere più semplicemente lessata con le verdure e gli aromi classici del bollito.  Primo tra questi, Pellegrino Artusi -  un nome, una garanzia – che riporta la ricetta nel suo trattato “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene”. Quanto alla maionese, questa è prevista soprattutto dalle ricette più recenti, modera un po’ il sapore delle acciughe e dei capperi, aumenta il volume della salsa riducendone il costo (diminuisce infatti la quantità di tonno usato).

… secondo tradizione….

 


Magatello di vitello (detto anche girello o rotondino) 1 kg – tonno sott’olio 300 g -  acciughe sotto sale  n.6 – capperi sotto aceto 30 g  -  uova n.3 – vino bianco secco piemontese 1 bottiglia – olio extra vergine di oliva – aceto di vino bianco – alloro – salvia - sedano  e carote – chiodi di garofano – sale

Mettere a marinare il magatello nel vino bianco arricchito con  due foglie di alloro, 3 chiodi di garofano, tre o quattro fogliette di salvia, il sedano e la carota tagliati a tocchetti. Lasciare in infusione da 12 a 24 ore,  tenendo al fresco, coperto,  e girando la carne tre o quattro volte. A marinatura conclusa, porre il magatello in una pentola, coprirlo con l’infusione filtrata e aggiungere acqua sufficiente per coprire completamente la carne. Salare, portare a bollore e cuocere a fuoco dolce per 45/50 minuti, unire poi le acciughe dissalate, private della lisca e ben pulite, e proseguire la cottura per altri trenta minuti. Spenta la fiamma, lasciate riposare la carne nel suo brodo per mezz’ora circa. Infine togliere il magatello dalla pentola  e  lasciar raffreddare protetto da una pellicola per evitare il disseccamento in superficie.
Rassodare le uova. Passare al setaccio le acciughe, il tonno e i tuorli d’uovo; aggiungere i capperi tritati, un cucchiaio di aceto bianco e mezzo bicchiere di olio  extravergine di oliva. Mescolare molto bene la salsa e diluirla con un poco di brodo (freddo).
Tagliare la carne a fettine sottili, accomodarle in un piatto grande e ricoprirle con la salsa. Decorare con qualche cappero. Coprire con pellicola o carta alluminio e lasciar insaporire per qualche ora in frigorifero  prima di servire.


... le variabili...

Carne lessata: in una pentola mettere acqua in quantità adeguata al taglio della carne, con due foglie d’alloro, una cipolla steccata con tre chiodi di garofano, un gambo di sedano, una carota, qualche granello di pepe. Accendere la fiamma a livello medio, portare a bollore, aggiungere il sale grosso e infine il magatello.  Cuocere per 40/50 minuti. Spegnere il fuoco, e lasciar raffreddare  nella pentola coperta.
Per la salsa procedere come sopra, aggiungendo però direttamente le acciughe a pezzetti,  cioè senza passarle per la cottura.



Maionese: La maionese va aggiunta come ultimo ingrediente, quando la salsa è ben amalgamata. Per le quantità indicate, aggiungere un paio di cucchiai da minestra di maionese. E’ opportuno non esagerare per non coprire completamente il sapore del tonno. Se la salsa fosse poco fluida, aggiungere del brodo freddo.




Carne cruda all’albese





Rotondino di coscia affettato sottile,  500g – chiodi di garofano 3 – spicchi d’aglio  2  -  pepe nero macinato - succo di limone – olio extravergine d’oliva , 250 ml – sale fino qb

In una terrina, preparare l’olio aggiungendo i chiodi di garofano e il pepe, il tutto macinato finissimo, e lasciar riposare dalle 12 alle 24 ore. Aggiungere il succo di un limone, un pizzico di sale e battere con una forchetta sulla quale siano stati infilzati gli spicchi d’aglio pelati e leggermente schiacciati. Nell’emulsione che se si sarà formata, passare una per una le fettine di carne e posarle su un piatto di portata, ben arrangiate.
Nella stagione dei tartufi, qualche scaglia del prezioso tubero renderà il piatto una vera e propria leccornia. Attenzione: mettendo il tartufo sarà indispensabile eliminare il succo di limone che ne altererebbe il sapore. Tartufo bianco d'Alba, ovviamente.




Pesche ripiene




6 pesche bianche, grosse, non troppo mature – 1 etto di amaretti –  2 tuorli d’uova – 
50 g burro – 1 cucchiaio di cacao amaro – 4 cucchiai di zucchero – 
1 pizzico di cannella in polvere

Lavare accuratamente e tagliare a metà le pesche; togliere l’osso e svuotarle parzialmente con un cucchiaio. Mettere la polpa in una terrina e schiacciarla ben bene fino a ridurla  in pasta. Aggiungere lo zucchero, gli amaretti sbriciolati, 30 g di burro morbido e leggermente lavorato, il cacao amaro, la cannella e due rossi d’uovo. Mescolate il tutto con un cucchiaio di legno e con questo impasto riempite le pesche.
Imburrate un piatto da forno, disponetevi le mezze pesche e su ognuna mettete un ricciolino di burro. Infornate a 180°C calcolando una mezz’ora di cottura.  Lasciate raffreddare prima di servire.



Nota: Gli amaretti sono un altro vanto del Piemonte che ha raggiunto una qualità d'eccellenza. A base di mandorle dolci e amare (armelline), bianco d'uovo, zucchero sono privi di farina e quindi senza glutine. Notissimi gli amaretti di Mombaruzzo.



Grazie a
Fonti: www.mepiemont.net - www.produttorimoscato.it - www.alessandrianews.it - www.hotellanghe.it - www.ilovetartufodalba.it - cucinapiemontese.blogspot.com

sabato 14 giugno 2014

E' tornato il tempo delle ciliegie... affrettarsi, sono effimere





Ciliegie o ciliege? Tutt'e due, secondo il dizionario. E però  una "i" in più o in meno è in grado di creare partiti (o patiti) e schieramenti: armati solo di penna e dizionario, per fortuna.  Io prediligo la   versione "ciliege", più svelta, più moderna. Il che, già lo so, solleverà un'ondata di critiche. Che, tuttavia, non mi troverà impreparata. Infatti, porto a conforto della mia scelta, un' importante scrittrice, Oriana Fallaci. Il titolo del suo ultimo libro è inequivocabile:  "Un cappello pieno di ciliege" (e si trattatava del cappellino di una "antica" zia). Comunque, temo fortemente che l'abitudine farà sì che io continui a scrivere "ciliegie".




Ciliegia, frutto belllissimo, effimero quanto la bellezza. In Giappone la fioritura dei ciliegi ha un rilievo nazionale, tanto da essere monitorata e annunciata dal servizio metereologico. E quando fioriscono, questi ciliegi, i giapponesi si riuniscono e organizzano picnic sotto gli alberi. I fiori si chiamani "sakura", l'usanza di ammirarli "hanami": tale usanza è stata importata dalla Cina,  all'incirca nell'VIII secolo, dove, però, si ammiravano e si ammirano i fiori dei prugni.
Inizialmente l'hanami fu usanza riservata alla sola corte imperiale di Kyoto poi, pian piano, si diffuse per investire l'intera popolazione.
Per la festa dei ciliegi i giapponesi preparano il "sakura-mochi", un dolce di riso avvolto da una foglia di sakura; i dango, polpettine di riso dolci; il sakura-yu, tè preparato con l'infuso difiori di sakura.





Ciliegia, frutto prezioso per la salute. Depurativo, antinfiammatorio, adatto anche ai diabetici in quanto contiene levulosio, zucchero consentito.



Ricette


Clafoutis alle ciliegie







Questo dolce è originario del Limousin, piccola regione della Francia centrale: in tutto poco più di 700mila abitanti per una superficie di 17mila km2, il che significa che è la seconda regione meno popolata di Francia, dopo la Corsica. 

Nonostante il suo “formato” lillipuziano, il Limousin può alzare, orgoglioso, varî  vessilli: la capitale Limoges, come dire porcellane preziose, conosciute in tutto il mondo,  con quasi 250 anni di storia; la cittadina di Rochechouart, dove 201 milioni di anni fa (!)  si era schiantato un meteorite formando il 38° più grande cratere terrestre (oggi scomparso); l’aver dato i natali a Pierre-Auguste Renoir, uno dei massimi pittori dell’Impressionismo; e anche a Marie François  Sadi Carnot, uomo politico e Presidente della Repubblica di Francia dal 1887 al 24 giugno 1894 quando, a Lione, mentre era al massimo della popolarità,  venne accoltellato a morte da un anarchico italiano,  Sante Caserio.


E da ultimo, ma non ultimo (anzi), il clafoutis,  un dolce tanto semplice quanto amato, sempre sorprendente per la sua versatilità. Infatti, può essere confezionato con altri frutti rossi o frutta diversa: in tali casi, però,  si chiamerà “flaugnarde”. Non solo. Esiste anche la formula salata, con verdure, soprattutto pomodorini.  Ma il vero, unico, “clafoutis” è alle ciliegie: era infatti preparato per i braccianti impegnati nella mietitura del grano, che avveniva contemporaneamente alla maturazione e raccolta delle ciliege, i bigarreaux neri, dolci, succosi.

Il clafoutis alle ciliegie è normalmente tema di belle discussioni e vivaci contrapposizioni, per via del nocciolo.  Perché, i “puristi”, coloro che rispettano rigorosamente le tradizioni,  preparano questo dessert  con le ciliegie integre, cioè con nocciolo e picciolo, perché, così facendo, il sapore ne risulterebbe esaltato,  andando a pervadere la crema.   Non solo: la snocciolatura farebbe disperdere parte del succo a danno della morbidezza del frutto. Naturalmente c’è chi sostiene che la differenza nel gusto finale non esiste e, se esistesse, sarebbe assolutamente impercettibile. Le due scuole di pensiero entrano in (benevola) collisione.

Qui ne proponiamo sia la versione classica sia una versione più ricca, elaborata dallo chef Bernard. E però, poiché la cucina è l’arte del creare, nulla vieta che tra le due avvenga una “contaminazione”, che darebbe luogo a una terza possibilità…

Attenzione: per avere un clafoutis eccellente è comunque indispensabile utilizzare le ciliegie duracine nere, come nascono a Vignola.





Versione 1 – ovvero della tradizione

 




Ciliegie 500 g – zucchero 100 g - farina 100 g  - uova 3- latte intero ¼ - burro per la tortiera – sale un pizzico


Lavare e asciugare bene le ciliegie. Imburrare una tortiera (ottimi sia porcellana sia pyrex) e coprirne il fondo con le ciliegie, cercando di lasciare il picciolo visibile. In una terrina mescolare bene uova e zucchero, aggiungere la farina e il pizzico di sale, diluire con il latte versato a filo, facendo ben attenzione a non lasciare grumi: la massa deve essere perfettamente liscia. Versare la preparazione sulle ciliegie e infornare in forno già caldo a 200°C per circa 40 minuti. Servire tiepido o freddo.





Versione 2 – Chef Bernard

 

Ciliegie denocciolate e senza picciolo 600 g – uova grosse 2 – panna liquida intera 350 ml  - polvere di mandorle 50 g – maizena 90 g – zucchero a velo 125 g – vaniglia in polvere, una punta di coltello  - burro fuso 25 g + 25 g per imburrare la tortiera



Per la preparazione procedere come sopra, aggiungendo il burro fuso (ma non caldo) alla fine della lavorazione. Porre in forno preriscaldato a 200°C per circa 40 minuti.






Nota: Per denocciolare le ciliegie sarebbe utile avere il denocciolatore, anche per non rovinare i frutti. Il costo è basso dai 3 euro per quelli più semplici ai 20/25 euro per quelli un po' più evoluti.


La versione 1, della tradizione, prevede l’uso di farina di grano tenero: nel caso doveste servire il dessert a chi sia intollerante al glutine, usate una farina consentita (senza glutine) oppure la maizena come fa lo Chef Bernard.

La vaniglia in polvere può essere sostituita da qualche goccia di estratto: l’importante è che sia della varietà Bourbon, cioè la migliore per aroma e sapore.

Il clafoutis può anche essere presentato in contenitori individuali (purché adatti al forno).





Crumble alle ciliegie






Ciliegie denocciolate 500 g – zucchero semolato 200 g – farina 120 g – burro 100 g – cannella in polvere 1 cucchiaino da caffé

Preriscaldare il forno a 200°C.  Lavare, asciugare e denocciolare le ciliegie quindi disporle in una teglia da forno, ricoprirle con 120 g di zucchero, mescolare e livellarle. In una terrina unire lo zucchero restante e la farina, quindi aggiungere il burro freddo tagliato a pezzettini e lavorare il tutto rapidamente con la punta delle dita  fino ad ottenere una pasta a grumi… “disintegrata”…. “sabbiosa”…  Con questa coprire le ciliegie e cuocere in forno  per circa 45 minuti,  controllando che il crumble abbia formato una crosticina dorata.





Nota – Anche il crumble può essere servito in ciotoline  singole. La farina può essere sostituita in tutto o in parte con polvere di mandorle.  Le mandorle a lamelle possono essere aggiunte alla preparazione (sconsigliate se ci sono bambini che normalmente non gradiscono... intrusi”.






Torta alle ciliegie e cioccolato





Ciliegie denocciolate 500 g – cioccolato fondente (70%) in tavoletta 200 g -  burro 180 g – uova grosse 4 – farina 180 g -  lievito 1 bustina (16 g) – zucchero semolato 150 g + 50 g zucchero a velo – estratto di vaniglia 1 cucchiaino da caffè



Preriscaldare il forno a 180°C.  Imburrare e infarinare una tortiera da 26 cm. Lavare, asciugare e denocciolare le ciliegie. Rompere le uova, separando il tuorlo dall’albume.  Ai bianchi unire lo zucchero a velo e montare a neve ben soda, con un frustino a mano o elettrico. In un pentolino, su fiamma bassa bassa, far fondere il cioccolato e il burro, ridotti a pezzetti, mescolando accuratamente.  A fusione completa, toglliuere dal fuoco e lasciar intiepidire. Intanto, lavorare i tuorli e lo zucchero fino ad ottenere una crema quasi bianca. Unire le ciliegie – tenendone da parte una decina per decorare-, mescolare. Quindi aggiungere farina e lievito setacciati, sempre mescolando. Con delicatezza aggiungere a cucchiaiate i bianchi montati a neve, con un movimento rotatorio dal basso verso l’alto (per non smontarli). Versare la massa nella tortiera,  lasciare che si livelli (magari aiutandosi con qualche colpetto) distribuire in superficie le ciliegie rimaste.



Nota: Se la torta è solamente per adulti, potete aromatizzare l’impasto con un poco di Rhum. Per quanto riguarda la tortiera, potete provare la forma quadrata, molto gradevole alla vista e comoda per  il taglio.

Come indicato per le altre ricette, in caso di celiachia, la farina di grano tenero deve essere sostituita con farina deglutinata  o farina di mandorle.







Bloc notes


Nel  post  monografico dedicato alle farine (19.03.2014), avevamo segnalato l’assenza di informazioni sufficienti al consumatore per la scelta del  prodotto giusto per una data preparazione. In particolare, l’assenza totale di indicazioni sulla forza della farina stessa.

Con grande piacere ora registriamo che la società Garofalo ha messo in commercio confezioni di farina che ne evidenziano sia la Forza sia le informazioni nutrizionali.



NB. – Tutte le notizie – anche riguardanti aziende - riportate in questo Blog sono rigorosamente frutto delle scelte di PePa. Eventuale pubblicità non sarà mai mascherata.





Ringraziamenti a











venerdì 6 giugno 2014

Normandie: una terra generosa è tornata a vivere




Chanson d' Automne

Les sanglots longs  
Des violons
De l'automne   
Blessent mon coeur
D'une langueur Monotone. 

Tout suffocant 
Et blême, quand 
Sonne l'heure,
Je me souviens 
Des jours anciens 
Et je pleure; 

Et je m'en vais 
Au vent mauvais 
Qui m'emporte 
Deçà, delà, 
Pareil à la 
Feuille morte. 

 Paul Verlaine, (Poêmes Saturniens), 1866 

 6 giugno 1944: D Day. Sulle coste della Normandia le Forze Alleate scatenano la più grande operazione militare del '900, per liberare l'Europa dall'incubo del nazismo e mettere fine alla Seconda guerra mondiale.  L'annuncio dello sbarco alla resistenza francese, i maquis, venne dato pochi giorni prima con una frase in codice trasmessa da Radio Londra, utilizzando i primi versi della poesia "Chanson d'automne" di Paul Verlaine, ma con due parole modificate in quanto il testo era preso da una popolare canzone di Charles Trenet. Il primo verso, «Les sanglots longs des violons de l'automne» ("I lunghi lamenti dei violini d'autunno"), segnalava ai maquis della regione d'Orléans che nei giorni seguenti sarebbero state necessarie azioni di sabotaggio contro la rete logistica (stazioni, binari, ponti, incroci stradali, depositi di munizioni, etc.) tedesca. Il secondo verso, «Blessent mon coeur d'une langueur monotone» ("Mi lacerano il cuore con un monotono languore"), trasmesso la sera del 5 giugno (quindi alla vigilia dello sbarco), esortava a intervenire immediatamente poiché l'attacco degli Alleati sarebbe avvenuto entro 48 ore. Nel volgere di due giorni la Normandia, la bellissima Normandia, era diventata "terra martire".


Canzone d'autunno

I lunghi singhiozzi
Dei violini
D'autunno
Mi feriscono il cuore
Con un languore
Monotono.

Tutto affannato
E pallido, quando
Rintocca l'ora,
io mi ricordo
Dei giorni antichi
E piango;

E me ne vado
nel vento maligno
Che mi porta 
Di qua, di là,
Simile alla
Foglia morta

Paul Verlaine - Traduzione di Giuseppe Cirigliano







Grazie al sacrificio finale di centinaia di migliaia di vite umane, il mondo è tornato a vivere. La Normandia è tornata a vivere.


 Oggi, da questo blog, un modesto omaggio a un territorio generoso, di uomini e di prodotti di altissima qualità: formaggi come il Camembert, di fama mondiale; ostriche, cozze, saint-jacques, senza pari, delle quali la Normandia è prima produttrice in Francia; latte, burro e creme di latte; carni bovine e ovine; pere e mele onnipresenti, usate talvota come legumi oppure trasformate in dolci dal sapore antico e, anche (soprattutto?) in eccellenti calvados e sidri.

 E' bello anche ricordare che la Normandia, nel 1300,  ha dato i natali a Guillaume Tirel detto Taillevent (ne abbiamo già parlato), autore di uno dei primi libri di ricette nella storia culinaria francese. In versi, quasi fosse un poema.

E da PePa, tre proposte di cucina della tradizione.

Ricette

 Tartiflette normande  



   
1 camembert - 1 Pont-l'Evêque - 1 Livarot - 1 kg patate a pasta gialla - 200 gr di pancetta - 2 grosse cipolle rosa - 30 cl di crema di latte fresca - sale e pepe qb 

 Lavare le patate, cuocerle per 15/20 minuti partendo da acqua fredda salata, controllando che restino sode; sbucciarle e tagliarle a rondelle. Affettare finemente le cipolle e farle appassire in padella unitamente alla pancetta tagliata a listerelle; salare e pepare. Ridurre i formaggi a lamelle. In una teglia o piatto di porcellana che vada al forno (se necessario passare un velo di burro), stendere uno strato di patate, ricoprire con metà delle cipolle e pancetta; fare un secondo strato di patate e nuovamente ricoprire con le restanti cipolle e pancetta. Sul tutto distribuire uniformemente i formaggi a lamelle, mischiati, quindi irrorare con la crema di latte. Infornare a 200°C per 20 minuti, comunque fin quando si sarà formata una crosticina dorata. Lasciar smorzare il calore e servire con insalata mista.



Nota: Camembert, Pont-l'Evêque e Livarot sono formaggi d'Origine Controllata e Protetta, confezionati in piccole forme di circa 250 gr.  Le patate consigliate dalle ricette francesi sono della varietà "Charlotte": in Italia cerchiamo patate a pasta gialla. La crema di latte deve essere nella forma liquida.
Le quantità sono, indicativamente, per 4/6 persone.


Coquilles Saint-Jacques alla maniera di Honfleur 



8 Saint-Jacques - 200 gr mele - 500 gr porri - 50 gr burro - 200 gr crema di latte fresca - 50 gr Calvados - rondelle di limone - qualche foglia di prezzemolo - sale e pepe qb


Sbucciare le mele, tagliare a dadini e mettere in una bacinella coprendo con le rondelle di limone per evitare l'annerimento. Pulire e lavare i porri, tagliare a fettine. In una padella far fondere il burro aggiungere prima i porri, lasciando stufare qualche minuto e poi le mele. Mescolare, salare e pepare, coprire con coperchio e cucere per 5 minuti. Assaggiare e, se necessario, aggiustare di sale e pepe. Ripartire in quattro "cassolettes". Sempre nella padella, far saltare brevemente le Saint-Jacques (1 min max), avendo cura che prendano un leggero colore su entrambi i lati. Disporle nelle cassolettes.
Ancora nella stessa padella, mantenendo il liquido che si è formato, aggiungere il calvados, la crema, sale e pepe. Unire il prezzemolo tritato fine, portare a ebollizione e lasciar amalgamare per un paio di minuti. Versare subito sulle Saint-Jacques. Infornare in forno pre-riscaldato a 190°C  per 5 minuti. Servire rapidamente.



Nota: Le Coquilles Saint-Jacques devono essere pulite e lavate accuratamente: potete chiedere in pescheria di prepararvele. Se si trattasse di surgelati,  il numero di conchiglie dovrebbe essere maggiore. Attenzione alla cottura: i molluschi si induriscono facilmente, diventando gommosi, se cotti troppo. Meglio un minuto in meno che in più...


Teurgoule: riz au lait normand 



2 lt latte intero - 150 gr riso a chicco rotondo - 180 gr zucchero bianco semolato - 1 pizzico di sale - 2 cucchiaini da caffé rasi di cannella in polvere

Mettere il riso sul fondo di una terrina in terracotta che contenga almeno due litri di liquido.
Aggiungere lo zucchero, il sale, la cannella et mescolare il tutto con un cucchiaio di legno o una spatola. Versare il latte piano piano affinché il riso resti bene sul fondo del recipiente. Porre questa preparazione in forno preriscaldato a 150°C per un'ora e poi abbassare la temperatura a 110°C. Lasciar cuocere senza toccare per 5 ore.
La Tergoule è cotta quando la crosta è dorata e la preparazione non è più liquida.



Nota:  Questa ricetta è "firmata" dalla Confraternita della Teurgoule et Fallue de Normandie, una delle tre Confréries nate attorno allo storico dolce, chiaramente importato poiché né il riso né la cannella hanno origini in Normandia. Infatti, si narra che entrambi gli ingredienti facessero parte di un bottino catturato dai corsari normanni nel XVII secolo sui galeoni spagnoli provenienti dal Nuovo Mondo.
Mini-consigli: per il riso potere usare le varietà Originario o Sant'Andrea. E la cannella sceglietela attentamente: non accontentevi... cercate la "cannella vera" detta anche "cannella regina" dall'aroma delicato. Evitate la "cannella cassia" di origine cinese, legnosa e poco profumata.

 

Ringraziamenti a


Fonti: Wikipedia - www.supertoinette.com - www.becsetplumes.wordpress.com - 
www.teurgoule-normandie.confreries.org