Ricette

lunedì 24 febbraio 2014

Ossibuchi con risotto. Milano impera...


Pellegrino Artusi, Maestro in cucina, nostra gloria nazionale, scrive nel suo popolarissimo super-manuale alla  ricetta n.38  “Osso buco“ : "Questo è un piatto che bisogna lasciarlo fare ai milanesi, essendo una specialità della cucina lombarda. Intendo quindi descriverlo senza pretensione alcuna, nel timore di essere canzonato."

"E’ l’osso buco un pezzo d’osso muscoloso e bucato dell’estremità della coscia o della spalla della vitella di latte, il quale si cuoce in umido in modo che riesca delicato e gustoso. Mettetene al fuoco tanti pezzi quante sono le persone che dovranno mangiarlo, sopra a un battuto crudo, e tritato di cipolla, sedano, carota e un pezzo di burro; conditelo con sale e pepe. Quando avrà preso sapore aggiungete un altro pezzetto di burro intriso nella farina per dargli colore e per legare il sugo e tiratelo a cottura con acqua e sugo di pomodoro o conserva. Il sugo passatelo, digrassatelo e rimesso al fuoco, dategli odore con buccia di limone tagliata a pezzettini, unendovi un pizzico di prezzemolo tritato prima di levarlo dal fuoco”.


L’osservazione di Artusi è davvero lusinghiera per tutti i milanesi e però… a chi mai verrebbe in mente di canzonarlo?  Lui ci ha regalato un mondo di sapori e di ricette e di consigli: non possiamo che ringraziarlo, ancora oggi a  123 anni dalla prima edizione del suo Ricettario.


Le ricette di casa mia

Ossibuchi alla milanese


Per 6 persone

6 ossibuchi di vitello  - sedano – carote – cipolla  - 2 foglie alloro - 2 cucchiai di polpa di pomodoro o 1 cucchiaino di triplo concentrato – 1 tazza di brodo e anche più – ½ bicchiere vino bianco secco - sale e pepe qb - olio extravergine d’oliva  e burro qb 

  Per la gremolata: 1 mazzetto di prezzemolo – 1 rametto di rosmarino – 4/5 foglie di salvia – 1 spicchio d’aglio – 1 limone non trattato.




Ripulire gli ossibuchi dalle pellicine laterali e intaccare la carne per evitare che si arricci durante la cottura. In un largo tegame mettere un battuto di sedano, carota, cipolla , le due foglie di alloro con due cucchiai di olio e un pezzetto di burro; mettere a soffriggere a fiamma bassa. Intanto passare gli ossibuchi nella farina premendo bene ed eliminandone l’eccesso: scaldare poco olio in una padella antiaderente e farvi rosolare gli ossibuchi a fiamma vivace, girandoli una volta; unirli al soffritto e farli insaporire. Bagnare con il vino bianco, scuotere la padella per consentire una distribuzione
omogenea, e lasciare evaporare. Aggiungere la polpa di pomodoro o, nel caso si preferisse un sugo meno rosso, il concentrato di pomodoro.  Salare, con parsimonia, pepare e irrorare con il brodo  di carne (anche di dado). Coprire e cuocere a fiamma molto bassa per 40/60 minuti, a seconda dello spessore degli ossibuchi. Durante la cottura controllare la consistenza del sugo, che deve restare ben fluido; eventualmente aggiungere qualche cucchiaio di acqua calda.

A parte preparare la gremolata. Pulire, lavare e asciugare prezzemolo, salvia e rosmarino; per il rosmarino, separare gli aghi dal bacchettino legnoso mentre per la salvia dovranno essere usate solo le foglie private del gambo. Sbucciare l’aglio, grattugiare  la buccia di una metà del limone (senza esagerare altrimenti si rischia l’amaro)  e tritare tutto insieme fine fine. Cospargere gli ossibuchi ancora bollenti con questo trito, cercare di incorporarlo nel sugo scuotendo il tegame, coprirli lasciando che assorbano aromi e sapore.




Come servirli? Il classico completamento è il risotto con lo zafferano. In alternativa, normalmente riscuote grande successo anche il puré di patate.

Risotto giallo


70 g di riso carnaroli o vialone nano per persona – cipolla – 60 g di burro (per 6 persone)– brodo di carne – parmigiano reggiano grattugiato – zafferano in polvere o pistilli.




Soffriggere nella metà del burro la cipolla tritata finissima, lasciarla appassire senza che si scurisca, aggiungere il riso, alzare la fiamma e mescolando con un cucchiaio rigorosamente di legno, far tostare; quando il riso sarà traslucido, bagnarlo con il vino bianco, lasciar evaporare e poi aggiungere il brodo bollente a piccoli mestoli, continuando a mescolare per favorirne l’assorbimento; verso metà cottura sciogliere la bustina di zafferano o i pistilli che saranno stati precedentemente messi a bagno in una tazzina di brodo  e aggiungere al riso. Proseguire la cottura e spegnere la fiamma quando il riso è un po’ al dente e la consistenza del risotto molto morbida (cremosa e non asciutta).  Unire il burro restante e il parmigiano grattugiato,  mescolare  accuratamente, coprire e lasciar riposare qualche minuto. Servire il risotto con gli ossibuchi, irrorandolo con il sughetto.



Puré di patate


 1 patata grossa per persona -  latte intero qb -  50 g di burro per 1 kg di patate – 2 chiodi garofano – 1 grattata di noce moscata – sale qb

Lavare molto bene le patate e metterle a bollire con la buccia. Scaldare il latte con la  foglia di alloro, 2 chiodi di garofano, una grattata di noce moscata e un bel pizzico di sale.  Preparare una casseruola con il burro a pezzetti. Quando le patate sono cotte, sbucciarle ancora bollenti e passarle immediatamente nel passapatate facendo cadere la polpa sul burro.  A operazione terminata, mescolare vigorosamente  in modo da far assorbire il burro e quindi aggiungere poco per volta il latte, anche questo molto caldo – passandolo con un colino. Mescolare, mescolare, mescolare fino ad ottenere una massa soffice e gonfia.  Prima di servire, mettere sul fuoco per qualche minuto, mescolando nuovamente.

Portare in tavola il puré ben caldo accompagnato dagli ossibuchi e relativo sugo.



Piccoli consigli utili (forse)


  • Gli ossibuchi devono essere di vitello, carne che, notoriamente, resta morbida in cottura. Se piace il midollo, acquistate pezzi di buono spessore ma con osso piccolo: proprio in questi si trova la maggior quantità di midollo; gli ossi grandi sono spugnosi. Abbiamo indicato 1 ossobuco per persona: va da sé che, se i pezzi sono piccoli, ne serviranno almeno due.

  • Zafferano: quello di qualità è costoso. Se possibile scegliete sempre la versione in pistilli che vi garantisce la purezza.  In Italia si produce ottimo zafferano (notoriamente in sardegna ), quindi sceglietelo tranquillamente senza pensare ai Paesi esotici…
  • Puré: per schiacciare le patate usate solo lo schiacciapatate; il moulin légumes, cioé il passino classico, rende colloso l'impasto (è una questione di amido...), piuttosto usate una forchetta o cucchiaione di legno.
 


giovedì 20 febbraio 2014

Polpette, polpettine, polpettoni e ....mondeghili!

Lessico gastronomico, una raffinatezza... Qualcuno dice polpette per dire mondeghili e qualcun altro dice mondeghili per dire polpette. Poi, un bel giorno, quel qualcuno scopre che quella delle polpette è una grande, immensa famiglia dove - come in tutte le famiglie che si rispettano - l'identità ha un valore. Allora tentiamo di fare chiarezza e diamo ai mondeghili il ruolo che meritano. Perché hanno una storia lunga secoli.

Mondeghili: tipicamente milanesi, sono uno dei punti fermi della cucina meneghina. La differenza con le classiche polpette? I mondeghili sono “confezionati” esclusivamente con carne cotta, quella che rimane dopo aver gustato ricchi bolliti o profumati stracotti, e hanno una forma allungata, a cilindro, leggermente schiacciato ai due poli. Sono fritti rigorosamente nel burro.
Il nome “mondeghili”, per diventare tale, ha compiuto un lungo cammino: per Milano  è un’eredità della dominazione spagnola (dal 1535 per 170 anni); per gli spagnoli è l’acquisizione di un termine e di una tecnica di cottura della carne tipiche degli arabi che della Castiglia sono stati conquistatori ed egemoni per ben otto secoli.  All’origine gli arabi indicavano una sfera di carne fritta con il termine “al-bunduc”. “Al-bunduc” fu trasformato dai castigliani in “albondinga”; “albondinga”, a Milano, divenne “albondeguito” e poi “albondighito”. E, infine, ecco spuntare “mondeghilo”.
 La ricetta originale prevedeva solo l’utilizzo della carne avanzata e tritata fine fine, con aggiunta di uovo, prezzemolo, mollica di pane bagnata nel latte, buccia di limone, sale e burro per friggere. Non vi era dunque traccia di salumi, notoriamente vietati dalla religione musulmana.  In Italia, non esistendo limitazioni religiose, la preparazione, nel tempo, fu arricchita con salame, salsiccia, mortadella di fegato.
Forse non è molto noto il fatto che il Comune di Milano, il 17 marzo 2008, ha concesso il riconoscimento di Denominazione Comunale (De.Co.) ai mondeghili. E' il segno distintivo dell'appartenenza al  territorio.

La ricetta tradizionale 


300 g di avanzi di carne lessata - 1 uovo - mollica di rosetta di pane bagnata nel latte - prezzemolo - buccia di limone - sale - burro
Impastare il tutto, farne delle polpette di forma cilindrica lunghe come un dito indice, impanarle e friggerle nel burro spumeggiante.

Variante

All'impasto-base aggiungere due/tre fette di salame crudo oppure della salsiccia o ancora mortadella di fegato. Inoltre parmigiano reggiano o grana padano grattugiati.  E' anche possibile sostituire il pane bagnato nel latte con due patate bollite e passate, ancora calde, con lo schiacciapate. Il resto del procedimento è proprio come descritto qui sopra.


Polpette, polpettine, polpettoni.


Di carne, certo. Ma anche di pesce. E perfino di pane. Un mondo di sapori, da maneggiare con cura. Perché il piatto è povero e ha bisogno di attenzione, di corretti dosaggi per esaltare ogni singolo sapore di ogni singolo ingrediente. Le polpette vanno fatte in casa. Con amore. Al ristorante o in trattoria si mangiano solo ed esclusivamente se si sa chi ci ha messo le mani.

A questo proposito, leggete un po’ cosa scriveva Olindo Guerrini, poeta e scrittore satirico, bibliofilo e critico letterario nonché gastronomo (vedere post 4 e 5 gennaio 2014 sul recupero degli avanzi):

“Son diventato pallido?
Ci sono avvezzo: non è nulla, taci.
M’han guastato lo stomaco
Le polpette dell’oste e i tuoi baci”.
(dalla raccolta di poesie “Postuma”, 1877).

Di parere diverso appare Alessandro Manzoni. Proprio lui che, ne "I promessi sposi", la sera prima del matrimonio (che non ci sarà) con Lucia, fa divorare a Renzo e ai suoi amici Tonio e Gervaso una bel piatto di polpette, "da far resuscitare i morti", sottolinea l'oste. E come mai le polpette?  La risposta si dice sia arrivata direttamente dallo scrittore al quale la madre avrebbe chiesto il perché avesse scelto quel piatto per Renzo.  Ecco la risposta: "Cara mamma, mi avete fatto mangiare fin da bambino tante di quelle polpette, che ho ritenuto giusto farle assaggiare anche ai personaggi del mio romanzo". 

Le polpette, comunque la si veda, sono da sempre un cibo molto amato. Per alcuni addirittura un simbolo: il loro simbolo. Com'è capitato con gli “Scapigliati “ milanesi.  Era la seconda metà dell’Ottocento e giovani intellettuali -  artisti, scultori, pittori, poeti, scrittori – si erano insediati in un’area bellissima di Milano, quella di corso Monforte, che fece dire a Stendhal  “A Milano si odora la felicità”.  “Il quartiere a quel tempo, era molto diverso da oggi: le vie sonnecchiavano in mezzo a vasti giardini patrizi e rigogliose ortaglie, e tutt’intorno si ergevano giganteschi ippocastani, filari di pioppi e salici ombrosi”.  
I giovani “ribelli”  - che avevavo dato vita al movimento detto "Scapigliatura"– si davano appuntamento nell’ “Osteria del polpetta” – all’angolo di via Conservatorio, dove si mangiava bene, si spendeva poco e talvolta non si pagava. C’erano, fra gli altri, il pittore Tranquillo Cremona, lo scultore Giuseppe Grandi, che realizzerà il monumento delle Cinque Giornate,  Giuseppe Rovani, Ferdinando Fontana che avrebbe perfino scritto un “poema”, gustoso, ovvero “La polpetta del re”.
Il fatto straordinario è che, negli anni, l'amore per le polpette è rimasto intatto, granitico. Tutt'Italia ama le polpette: il tema, inteso come ingredienti di base, è sempre lo stesso, lo svolgimento diverso da regione a regione, addirittura da città a città.
Al Nord le polpette sono rosolate nel burro spumeggiante e servite sostanzialmente come pietanza, accompagnate da verdure fresche o cotte e da puré; al Centro e al Sud si trovano sovente con il sugo di pomodoro e, anche, unite alla pasta e al riso a comporre straordinari e saporosi piatti unici.

C'è poi un altro grande capitolo, quello dei polpettoni, che usano esattamente gli stessi ingredienti e l’impasto delle polpette, caso mai arricchiti con fantasia e cotti con altrettanta fantasia. I polpettoni (che meritano un trattamento a parte) hanno il vantaggio di avere tempi di preparazione più veloci perché si evita “l’impallinamento” (vocabolo di fantasia per indicare la formazione delle pallotte) e la frittura in olio bollente. La casseruola e il forno sono per loro la culla ideale. In pratica vanno da soli.

In attesa del capitolo ad hoc, colgo l'occasione di darvi almeno una ricetta, quella di un polpettone profumato, che mi è arrivata proprio ieri dalla Liguria, precisamente da Arenzano, dove sta la mia amica Carletta, grande giocatrice di “burraco” e cuoca di vaglio. Sia chiaro: con lo stesso impasto, si possono fare polpettine…

dalla Liguria

Polpettone di carne veloce per donne in carriera e bambini inappetenti

600 g  Carne trita (manzo o vitello) – 2 uova – 1 panino raffrmo – 4 cucchiai di atte – 30/40 g parmigiano reggiano grattugiato – 1 cipolla – maggiorana o origano – noce moscata –sale -  pangrattato – olio extra vergine di oliva
Mettere il panino a bagno nel latte. Soffriggere la cipolla tritata, senza farla scurire. In una terrina, raccogliere il pane ben strizzato, la cipolla appassita, un bel pizzico di maggiorana o origano a scelta, il sale, una grattata di noce moscata, la carne trita e le uova.  Amalgamare il tutto con cura, fino ad avere un impasto omogeneo e compatto. Ungere le mani con un po’ di olio e dare all’impasto stesso una forma cilindrica (come quella del salame).  Mettere in teglia con un poco di olio e spolverare il “salame” con pangrattato. Cuocere in forno per 40 minuti a 180°C.  Se necessario, durante la cottura aggiungere una spruzzata di vino bianco e un  poco di brodo (anche di dado) per evitare che il polpettone asciughi troppo. Servire con il proprio sughetto, patatine o pisellini o fagiolini....




da Roma
Le ricette sono dell’amica Cinzia che sempre più si rivela “non solo giornalista”….

Polpette ai funghi porcini

600 g polpa di manzo o vitello macinata – 50 g di pane raffermo – 1 piccola tazza di latte – 2 uova – 50 g pecorino romano – 1 spicchio d’aglio – 1 mazzetto di prezzemolo – scorza di limone grattugiata, ¾ di bicchiere vino bianco secco – olio extravergine di oliva

Dopo aver ammollato il pane nel latte e averlo ben strizzato, unirlo a tutti gli altri ingredienti in una capace terrina, lasciando da parte il prezzemolo che verrà aggiunto al termine della cottura. Naturalmente, a impasto pronto, si formeranno le polpette che saranno poi rosolate in due o tre cucchiai di olio bollente, a fuoco vivo, in modo che la costricina  che va formandosi sigilli la carne, mantenendola morbida.all’interno. Le polpette non devono essere né infarinate né impanate.  Terminata la doratura, aggiungere un mezzo bicchiere abbondante di vino bianco secco e i funghi porcini o un misto di funghi. Regolare di sale e pepe, coprire e cuocere per una mezz’ora a fuoco basso. A cottura ultimata cospargere di prezzemolo tritato fine.

Polpette povere povere


 "Oggi andrebbero di moda per i vegetariani. Un tempo, invece, si usavano perché non c'erano i soldi per comperare carne o pesce"



1 uovo per persona -  pangrattato -  parmigiano (o altro formaggio da grattugia) -  prezzemolo – aglio – sale e pepe  - olio d’oliva o di semi di arachide per la frittura


Battere le uova, unire pangrattato e parmigiano nella quantità necessaria per dare corpo all’impasto. Aggiungere sale, pepe, prezzemolo tritato, mescolando bene. Formare delle polpettine leggermente schiacciate, ripassarle nel pangrattato e friggerle, al solito, nell’olio bollente. Scolarle e farle asciugare su carta assorbente per fritti. Servire tiepide con contorno di insalatina mista o pomodorini conditi con sale, origano e olio.

Nota: Si può arricchire la preparazione anche con ricotta: in questo caso, però, eliminare molto bene il siero ad evitare che questo, bagnando l’impasto,  causi la rottura delle polpettine durante la cottura.


da Napoli

E purpette ca sarza

300 g polpa di manzo e 300 g polpa di maiale, entrambe macinate – 150 g mollica di pane raffermo  - una piccola tazza di latte – 3 cucchiai di pinoli  - 3 cucchiai di uvetta passa – 3 cucchiai di parmigiano reggiano grattugiato – 2 spicchi d’aglio – qualche rametto di prezzemolo fresco– farina 00 qb – sale qb – olio d’oliva o di semi di arachide. 

 Mettere a bagno nel latte la mollica di pane e, separatamente, in acqua l’uva passa.  In una terrina unire polpa di manzo e polpa di maiale, uova, parmigiano, mollica di pane ammorbidita e ben strizzata, prezzemolo tritato con l’aglio.  Salare parsimoniosamente. Mescolare bene tutti gli ingredienti con un cucchiaio di legno e, se necessario, lavorarli anche direttamente con le mani, fino a ottenere un impasto omogeneo. Prelevare un cucchiaio da cucina di composto, metterlo nel palmo della mano leggermente appiattito e aggiungere, al centro, 3-4 pinoli e 2-3 uvette; richiudere l’impasto su se stesso, arrotondadolo a pallotta. Ripetere l’operazione fino a conclusione del preparato.

Scaldare abbondante olio in una padella (meglio se di ferro), passare rapidamente le polpette nella farina, scuotendone l’eccesso, e immergerle – poche alla volta - nell’olio. Girarle usando dei bastoncini di legno fino a che siano dorate uniformemente (ma non scure!); a questo punto, toglierle con il mestolo a ragno e sistemarle su carta assorbente per fritti. 
per la salsa
1 kg pomodori di San Marzano  o 2 scatole da 450 g di pelati o polpa di pomodoro – 1 spicchio d’aglio – basilico fresco – olio extravergine di oliva – sale.


Scaldare in una casseruola due cucchiai di olio extravergine d’oliva con lo spicchio d’aglio, che sarà tolto non appena inizierà a prendere colore; aggiungere i pomodori, che saranno stati passati sia se freschi sia se in scatola, e aggiustare di sale.  Quando la salsa avrà preso bollore,  aggiungere le polpette  e lasciar cuocere a fiamma bassa  per circa 20 minuti o, comunque, fin quando il sugo sarà addensato (ma non asciutto).


La polpetta al sugo è anche un ottimo ingrediente per una " marenna " o  " murzillo saporito ", classico  cozzetto di pane  al quale si toglie la mollica e si sostituisce con  la polpetta ed il suo sugo.




da Catania

Polpette di sarde alla catanese


600 g di sarde freschissime pesate già pulite e aperte oppure 1 kg di sarde intere  da pulire e disliscare -  2 uova – 100 g di mollica di pane raffermo grattugiata – 50 g di pecorino grattugiato – 50 g di uvetta passa – 50 g di pinoli

   1 mazzetto di prezzemolo  - sale e pepe – farina 00 qb - olio di oliva o di semi di arachide per la frittura.

Far rinvenire l’uvetta in acqua fredda. Lavare, asciugare e tritare finemente il prezzemolo. Lavare e sminuzzare le sarde (pulite) prestando particolare attenzione a che non ci siano lische residue. Metterle in una terrina e unire tutti gli altri ingredienti, aggiungendo sale e pepe. Lavorare il tutto molto bene, cercando di ottenere un composto il più possibile omogeneo. Formare delle polpette di diametro non superiore ai 3 cm, infarinarle leggermente e friggerle, poche alla volta, in abbondante olio bollente. Scolare e lasciar asciugare su carta assorbente per fritti.  Servire calde con contorno di insalatina o verdure bollite (tipo spinaci) e saltate in padella.

Nota: A Palermo, le polpette alle sarde si preparano come a Catania ma, dopo la frittura, sono unite a una salsa di pomodoro, aromatizzata con qualche fogliolina di menta.


dalla Sardegna

Malloreddus con polpette

250 g polpa di manzo tritata due volte – 50 g pane grattugiato – 50 g pecorino sardo grattugiato  -  1 uovo  - ½ bicchiere latte – 2 spicchi aglio – qualche rametto prezzemolo – basilico – sale e pepe – olio extravergine di oliva
Per preparare l'impasto delle polpette, in una terrina unire la polpa di mazo, il pane grattugiato e bagnato con il latte, l'uovo, il pecorino, il prezzemolo tritato con l'aglio, sale e pepe quanto basta. Amalgamare molto bene tutti gli ingredienti, lasciar riposare il composto per un'oretta e quindi procedere alla confezione delle polpette con le mani umide. Attenzione, le polpette dovranno in realtà essere polpettine, grosse non più di un'oliva, poiché accompagnano una pasta di piccolo formato. In sostanza: una polpettina, un boccone! Dopo la frittura in olio bollente, le polpettine “finiranno” in una buona salsa di pomodoro e dovranno avere giusto il tempo di insaporirsi senza prolungare troppo la cottura.
350 g malloreddus – ½ lt passata di pomodoro –2 bustine di zafferano 

In pentola idonea, mettere sul fuoco l’acqua per la pasta e, a bollore e salata, sciogliervi due bustine di zafferano, quindi lessarvi gli gnocchetti. A cottura, scolare, condire con la salsa di pomodoro, aggiungere le polpettine e guarnire con le foglie di basilico restanti. Spolverare con pecorino grattugiato.

NB: Le quantità indicate sono per 4/6 persone. Dipende dall'appetito!


Fonti:  "Vecchia Milano in cucina" di Ottorina Perna Bozzi - Martello Editore 1969 (per i mondeghili) - Wikipedia - www.storiadimilano.it - www.istciechimilano.it - Siti diversi di gastronomia regionale
 

giovedì 13 febbraio 2014

San Valentino: sei righe romantiche e un menu afrodisiaco. Con ironia.



Paris at night

Tre fiammiferi un dopo l’altro accesi nella notte
Il primo per vedere intero il volto tuo
Il secondo per vedere gli occhi tuoi
L’ultimo per vedere la tua bocca
E l’oscurità completa per ricordarmi queste immagini
Mentre ti stringo a me tra le mie braccia.



Un attimo di pausa, giusto per metabolizzare queste parole... e poi va in tavola....



 

Isabel Allende

 

Se hai in frigorifero del buon brodo casereccio, è facilissimo improvvisare una cenetta afrodisiaca: il piatto forte può essere una signora minestra da accompagnare con un' insalata, del buon pane, formaggio, vino e, come dolce, dei cioccolatini al liquore o un sorbetto, due ottimi dessert dell’ultima ora che conviene sempre tenere in casa. Dopo una cena di questo tipo, di buon umore e con lo stomaco leggero, ci si può rotolare allegramente nel letto per il resto della notte. L’ho imparato sulla mia pelle una volta che preparai un menu afrodisiaco completo e alla fine, dopo aver spignattato tutto il giorno, aver servito la cena e rigovernato in cucina, mi ritrovai in uno stato di sfinimento tale che se anche fosse apparso Gregory Peck nello splendore della sua giovinezza, mi sarei accontentata di un casto massaggio sulla schiena. Avevo preparato una crema di funghi (chiamata, per ovvie ragioni, Crema della riconciliazione) che aveva reso euforico il mio compagno molto più di quanto solitamente non faccia il fiore delle erbe cinesi del mio amico agopunturista giapponese. Dopo la zuppa di funghi, servii salmone con capperi in salsa al vino bianco, carciofi ripieni e punte d’asparagi, un’insalata Caesar e una mousse di cioccolato. Mi addormentai accanto alla lavastoviglie, abbracciata a uno strofinaccio mentre il mio corteggiatore del momento, che purtroppo non era Gregory Peck, mi aspettava in camera intrattenendosi con un puzzle. Ma ormai non faccio più di questi errori. Adesso preparo la zuppa il giorno prima dell’appuntamento…. Così è ancora più buona e tengo in serbo le energie sufficienti per una buona insalata e per fare l’amore”.  Da  “Afrodita “

Dalle mille ricette di Isabel Allende – tutte afrodisiache, assicura -  ne ho colte alcune semplici da realizzare  e con ingredienti a portata di mano (come si usa dire….). E il menu lo componete come volete voi.

Entrée

Sedano al Roquefort

Il sapore fresco del sedano attenua il gusto intenso del formaggio e il risultato è squisito per chi ama il Roquefort. (Io lo preferisco con il formaggio molle di capra che sulle Alpi è considerato un afrodisiaco).

2 gambi di sedano – 50 g di Roquefort – 1 cucchiaio di burro – 1 cucchiaio di sedano tritato – 1 cucchiaio di cognac – 2 cucchiai di cipollotti tritati molto finemente – sale (poco) e pepe

Togli i filamenti ai gambi di sedano e tagliali a tronchetti di 5 cm. Mettili a bagno in acqua fredda per 2 ore per farli intenerire. Scolali, asciugali con della carta assorbente. Trita tutti gli altri ingredienti nel frullatore fino ad ottenere un impasto consistente. Riempi i gambi di sedano tagliati e ricopri con il trito di cipollotti. Conserva in fresco fino al momento di servire.

Plats

Zuppa di vongole

Si può fare anche con le cozze o altri frutti di mare con la conchiglia, oppure unendo frutti di mare freschi e surgelati. Il risultato è sorprendente, nessuno sospetterà mai che l’hai preparata in  10 minuti scarsi.
2 tazze di brodo di pesce – 1 tazza di frutti di mare bolliti e sgusciati, freschi o surgelati – 1 spicchio d’aglio schiacciato – 1 cucchiaino di burro – ½ bicchiere di vino bianco – 2 cucchiai di prezzemolo e coriandolo tritati – 2 fette di pane bianco senza crosta – sale e paprica 

In  una pentola far soffriggere l’aglio nel burro. Unisci il brodo di pesce. Metti a bagno il pane nel brodo e porta a ebollizione mescolando energicamente per farlo disfare completamente. Aggiungi tutti gli altri ingredienti. Lascia bollire 5 minuti, regola il condimento e servi la zuppa calda.


In alternativa al pesce

Filetto alla Belle Epoque

Con il filetto si va sempre sul sicuro e questa salsa è deliziosa. Compra carne di prima scelta che si rivelerà un buon investimento e renderà a breve termine.

2 grandi filetti di polpa scelta – 1 cucchiaio di olio d’oliva – 2 tazze di buon vino rosso – ½ carota tagliata fine – ½ cipolla tritata fine – 2 fegatini di pollo – 3 filetti d’alici – 2 cucchiai di panna – sale, pepe e aglio in polvere


Fai bollire per 15 minuti il vino in  una casseruola con la cipolla e la carota. Passalo nel frullatore con i fegatini, l’aglio e le alici. Rimetti il tutto in pentola e fai cuocere mescolando di tanto in tanto per altri 15 minuti. Allontana dal fuoco e aggiungi la panna. Mescola e tieni in caldo sulla fiamma bassissima. Nel frattempo cucina le bistecche in una padella calda con pochissimo olio, voltandole da entrambi i lati. Dovranno venir. Ricoprile con la salsa e servi subito.e al sangue, appena dorate in superficie.

 

Melanzane dello sceicco

Questa è un’antica ricetta stimolante che tutti i grandi amatori devono assolutamente conoscere. E’ per due persone, ma è meglio prepararne il doppio.

1 melanzana grande o due di media grandezza – 1 cipolla – 4 cucchiai di olio d’oliva – 2 pomodori – 1 spicchio d’aglio – un pizzico di chiodi di garofano in polvere – 1 cucchiaino di zucchero – 3 cucchiai di parmigiano o pecorino – sale, pepe, burro.


Taglia la cipolla a fettine trasparenti e trita l’aglio, quindi falli soffriggere nell’olio d’oliva. Unisci i chiodi di garofano, zucchero, sale e pepe. Copri il tegame e fai cuocere a fuoco basso per 3 minuti. Intanto taglia a rondelle la melanzana e i pomodori e porta il forno alla massima temperatura. Metti uno strato di melanzane in una pirofila imburrata, ricoprile con una parte del trito d’aglio e cipolla, cospargi un po’ di formaggio grattugiato, pii disponi uno stratop di pomodori e il resto della cipolla e del formaggio. Infine, sparpaglia qualche ricciolo di burro, ricopri la teglia con un foglio d’alluminio e inforna. Dopo mezz’ora togli la stagnola e lascia la teglia nel forno caldo (180°c, ndr) per far ammorbidire le melanzane (circa 10 minuti). Il piatto va servito con del riso.


Desserts

Mousse al cioccolato

E’ il dolce afrodisiaco per eccellenza, tassativo in un buon ristorante ed esplicito invito all’amore. Ne esistono molte versioni: qui diamo la più semplice. Se si smonta, resta impassibile, fai credere che è riuscita perfettamente come la volevi e servila in coppette larghe. Ma se è proprio impresentabile, usala come crema per massaggi sensuali.

170 g di cioccolato fondente – 3 cucchiai di caffè forte – 2 uova, rossi e bianchi sbattuti separatamente – ½ tazza di panna da cucina – 1 cucchiaio di mandarinetto – qualche goccia di essenza di vaniglia

 Fai sciogliere a fuoco basso il cioccolato nel caffè. Unisci i rossi d’uovo, mescola e fai cuocere per due minuti. Togli dal fuoco, lascia raffreddare e aggiungi gli albumi lavorati, la panna, la vaniglia e il liquore. Metti in frigorifero in coppette da decorare a fantasia.





Charlotte degli amanti

Piena zeppa di afrodisiaci: cioccolato, noci, caffè, liquore, uova!

4 biscotti savoiardi (o biscotti secchi) sminuzzati – 2 uova – 1 tavoletta di cioccolato fondente (75 g) – 2 cucchiai di noci tritate – 2 cucchiai di zucchero – 2 cucchiai di burro – ½ tazzina di caffè nero molto forte – 1 cucchiaio di cognac – crema Chantilly per guarnire

Spezzetta il cioccolato e fallo sciogliere a bagnomaria in una casseruola con 2 cucchiai d’acqua. Aggiungi lo zucchero e il burro. Mescola vigorosamente rompendo i tuorli uno per volta. Fai cuocere 5 minuti e togli dal fuoco. Monta a neve le chiare e uniscile al cioccolato con le noci. Versa piano il caffé, il Cognac e i biscotti. Dividi la crema in due coppette larghe e decora il tutto con  crema Chantilly.


Nota: Tutte queste ricette, con dosi, descrizioni e commenti sono tratte dal volume “Afrodita”.  Dovesse sorgervi qualche dubbio, mentre cucinate,  non esitate a scioglierlo con la vostra fantasia. Perché la cucina è fantasia, come chiaramente fa intendere anche Isabel Allende.



I fiori che animano questo post sono parte delle indicazioni dell'Autrice. "Le violette e i gelsomini, i cui aromi possiedono tali proprietà afrodisiache - soprattutto di notte - da poter convertire la più virtuosa delle donzelle in un'insaziabile ninfomane, nel linguaggio dei fiori simboleggiano la modestia le prime, l'eleganza, la discrezione e la grazia i secondi". ... "I lillà rappresentano l'umiltà, ma a partire dal Rinascimento a questi fiori si attribuisce il potere di eccitare il genere maschile; io li ho coltivati per anni nel mio giardino e, che io sappia, il postino non ha mai covato intenzioni lascive per colpa loro..."
Posso solo aggiungere che  questo libro è intrigante, divertente, documentato, ironico, provocatorio. Scritto benissimo. E le ricette sono precise.  Isabel Allende è una grande scrittrice.



Isabel Allende : “Afrodita – Racconti, ricette e altri afrodisiaci” di Isabel Allende
Giangiacomo Feltrinelli Editore Milano  

mercoledì 12 febbraio 2014

Voglia di Sole. Voglia di Sicilia.

 Dedicato a tutte le amiche e gli amici che alla Sicilia hanno regalato il cuore



Palermo, sabato 7 aprile  1787. Ho passato delle tranquille ore deliziose nel giardino pubblico, in prossimità del molo. E’ il più meraviglioso angolo di questa terra. Concepito sopra un disegno normale, ha tuttavia qualche cosa di fiabesco; piantato da poco tempo, ci trasporta nel mondo antico. Aiuole verdeggianti racchiudono piante esotiche; spalliere di agrumi s’incurvano in
graziose capanne; alte pareti di oleandri, adorne di mille fiorellini rossi simili ai garofani, vi avvincono lo sguardo.
Alberi strani, a me del tutto ignoti, ancora senza fogliame, probabilmente di paesi tropicali, allargano le loro ramificazioni curiose. [...] Le piante ostentano un verde al quale noi non siamo assuefatti e che ora è più giallastro, ora è più azzurrastro che da noi. Ma quello che conferiva all’insieme una grazia incomparabile era una vaporosità intensa, diffusa uniformemente su tutto, d’un effetto tanto più notevole quanto più gli oggetti, a pochi passi l’un dall’altro, spiccavano grazie a un tono azzurro chiaro marcato, in modo che o il loro vero colore finiva col perdersi o si presentavano allo sguardo per lo meno intensamente colorati di azzurro. 

“Viaggio in Italia”, Johann Wolfang Goethe









Catania, 1949.  “Finalmente Antonio rimase solo e poté guardare a suo agio i tetti di
Catania, tetti neri, disseminati di giare, di fichi secchi e di biancheria, sui quali il vento di marzo, al tramonto, sferra calci da cavallo; le cupole che, nelle sere di festa, scintillano come mitre d’oro; le gradinate deserte dei teatri all’aperto; gli alberi di pepe del giardino pubblico; il cielo della provincia, basso e intimo come un soffitto, sul quale le nuvole si dispongono in vecchi disegni familiari; l’Etna accovacciato fra il mare e l’interno della Sicilia, con sulle
zampe, la coda e il dorso, diecine di paesetti neri che vi stanno arrampicati con stento. Poi entrò nellasua camera, ove il suo odore di cinque anni avanti parve fargli mille feste come un cane che l’avesse aspettato fedelmente col muso sul filo della porta…. Ecco, nelle due librerie, i grandi libri nei quali aveva cominciato a leggere provando diletti sublimi che la fantasticheria amorosa bruscamente  interruppe; ecco le pareti sepolte  sotto quadri, stampe, arazzi, crocifissi, acquasantiere;  ecco, nel mezzo della camera, una  toletta con lo specchio a bilico che però bisogna stare attenti a non piegar troppo all’indietro, perché manderebbe giù, con un colpo della sua cornice, le bottiglie e i vasetti che vi stano allineati davanti; ecco l’imbottita, la borsa di gomma per l’acqua calda, lo scaldino,  il monachetto…..”. 
Il bell’Antonio”, Vitaliano Brancati



Le ricette del cuore e della memoria

Il racconto di Cinzia

La cucina e le ricette sono per me strettamente legate alle donne che me le hanno insegnate o che mi hanno fatto assaggiare e assaporare i frutti della loro abilità.
Non riconduco la cucina siciliana a mio nonno - orgogliosamente di Floridia in provincia di Siracusa -  ma a mia suocera Anna, grande cuoca, nata a Catania e vissuta a Palermo, altrettanto orgogliosamente.  Da brava siciliana ogni suo piatto, squisito, era un attentato al fegato: panelle, arancini, caponata, crocchette di latte…tutto fritto. Tranne, appunto, le cotolette. Niente burro come alla milanese, né olio come vuole la tradizione romana.  Ma…


Fettine panate alla palermitana 

In Sicilia, le fettine di vitella vengono appena bagnate con un poco di olio extravergine di oliva e poi impanate. Panatura però non di solo pangrattato. Si aggiunge, infatti, al pane grattugiato, il pecorino, il prezzemolo, il sale, il pepe e ogni spezia e ingrediente che si preferisce (magari il parmigiano al posto del pecorino o il caciocavallo). Una volta che il pangrattato ha ben aderito alla carne, si mette il tutto sulla bistecchiera bollente. Si gira una volta e non si esagera con la cottura per evitare che le fettine si trasformino in “solette” (!).

Sasizzeddi
Stessa procedura per gli spiedini di carne,  i sasizzeddi, appunto. La vitella molto sottile va tagliata in piccoli quadratini  che una volta impanati (lei arricchiva la panatura con pezzettini di cipolla) accolgono un tocchetto di caciocavallo e poi si arrotolano e si infilzano su un bastoncino lungo di legno. Cottura naturalmente sulla griglia. Fatene in abbondanza perché sicuramente nessuno si accontenterà di un solo spiedino!

 



... e il racconto di Alba

Cara mgm,  ti trascrivo una ricetta, ma devo raccontarti ciò che mi ha spinto a sceglierla.
Mentre riponevo un libro di ricette,  mi è caduto dalle mani e si è aperto su questo piatto: Risu niuru chi Sicci (Ristorante "Filippino", Lipari). Come resistere! E' un piatto tipicamente isolano. Personalmente ho mangiato la versione con la pasta, nel famoso ristorante di Favignana della vedova Guccione: indimenticabile!.
Oggi il ristorante ha cambiato gestione. La vedova Guccione, oltre ad essere una cuoca straordinaria, vantava (spero vanti ancora) una storia personale singolare.
Si racconta che la giovane donna, dopo il matrimonio, seguì il marito e si stabilì sull'isola di Favignana. Rimasta presto vedova, aprì una piccola trattoria che, anche con l'aiuto della cognata, divenne ben presto un ristorante famosissimo. Qualcuno dice che non fu la cognata a condividere tale esperienza, bensì la sorella. Poco importa: la vedova Guccione l'arte l'aveva di suo....

Risu niuru chi sicci


per 5 persone
400 g di riso Ambra* - 300 g di seppie con la vescichetta del nero -  1 spicchio d'aglio e 1 piccola cipolla -  3 foglioline di alloro - 1/2 peperoncino macinato – 1 pomodoro maturo (carnosio e con pochi semi, di media grandezza) – 1 bicchiere di vino bianco secco; 3/4 lt di fumetto di pesce -  1/2 bicchiere di olio di oliva -  sale.


Rosolare in una casseruola il trito di aglio e cipolla con l'olio, il peperoncino, le foglioline di alloro e il pomodoro a dadini. Appena imbiondisce,  aggiungere le seppie e le relative vescichette del nero, già tritate o ridotte a pezzetti piccolissimi.(tritacarne o, meglio ancora per evitare gli schizzi del "nero" difficili da eliminare, usare il tritatutto ad immersione). Salare, bagnare col vino bianco e cuocere per 1 ora a calore moderato.
Unire quindi il riso nella salsa in ebollizione. Appena il riso tende ad attaccarsi sul fondo aggiungere il fumetto di pesce. Mescolare accuratamente. Quando il riso è al dente, togliere la casseruola dal fuoco e far riposare per qualche minuto.

Le panelle

400 g farina di ceci - prezzemolo tritato - sale - olio d'oliva (per circa 30/35 pezzi)

 


 Sciogliere la farina di ceci in acqua moderatamente salata, su fuoco dolce, aggiungere il prezzemolo tritato, girando con la paletta di legno, sempre nello stesso senso, per ottenere una pasta soffice e priva di grumi. Quando la pasta si stacca dalle pareti della pentola, versarla su una spianatoia, coperta con carta forno oleata. Spianarla all'altezza di ca. mezzo centimetro, coprendola con altra carta da forno per evitare che si attacchi al mattarello. Appena la pasta raffredda, tagliarla a rombi di 3/4 cm di lato e friggere in olio bollente.

Sono ottime con l'aperitivo oppure come stuzzichini fra gli antipasti.    

 

Piccoli consigli utili (forse)

  • Il riso Ambra è un parboiled, quindi è riso che non scuoce (caratteristiche del parboiled nel post del 2 febbraio 2014). Per la cucina di casa, personalmente preferisco il classico riso da risotti (Vialone nano o Carnaroli) che consentono una migliore mantecatura.
  • Tritare le seppie non è semplicissimo perchè sono piuttosto coriacee e sfuggono. Alba suggerisce di dare loro un rapidissima scottata in acqua bollente e quindi ridurle a pezzettini con un robot elettrico o un minipimer a immersione. Naturalmente si trita il tutto, con ciò comprendendo le vescichette del nero.  
  • Per chi non abbia la mano, sarebbe opportuno ridurre le dosi per la prima prova. Tanto per vedere l'effetto che fa...