Ricette

martedì 18 ottobre 2016

Il castagno, maestoso e intrigante. Le castagne, peccato di gola






“Davanti all’arco d’ingresso, retto da colonnette gemelle, del convento di Mariabronn, sul margine della strada c’era un castagno, un solitario figlio del Sud, che un pellegrino aveva riportato da Roma in tempi lontani, un nobile castagno dal tronco vigoroso; la cerchia de’ suoi rami si chinava dolcemente sopra la strada, respirava libera ed ampia nel vento; in primavera, quando intorno tutto era già verde ed anche i noci del monastero mettevano già le loro foglioline rossicce, esso faceva attendere ancora a lungo le sue fronde, poi quando le notti eran più brevi, irradiava di tra il fogliame la sua fioritura esotica, d’un verde bianchiccio e languido, dal profumo aspro e intenso, pieno di richiami, quasi opprimente; e in ottobre, quando l’altra frutta era già raccolta ed il vino nei tini,  lasciava cadere al vento d’autunno i frutti spinosi dalla corona ingiallita: non tutti gli anni maturavano; per essi s’azzuffavano i ragazzi del convento, e il sottopriore Gregorio, oriundo del mezzodì, li arrostiva in camera sua sul fuoco del camino. Esotico e delicato, il bell’albero faceva stormir la sua chioma sopra l’ingresso del convento, ospite sensibile e facilmente infreddolito, originario d’altra zona, misteriosamente imparentato con le agili colonnette gemelle del portale e con la decorazione in pietra degli archi delle finestre, dei cornicioni e dei pilastri, amato da chi aveva sangue latino nelle vene e guardato con curiosità, come uno straniero, dalla gente del luogo.
Sotto l’albero esotico eran già passate parecchie generazioni di scolari: le loro lavagnette sotto il braccio, chiacchierando, ridendo, giocando, litigando, scalzi o calzati secondo la stagione, un fiore in bocca, una noce fra i denti od una palla di neve in mano. “…
Herman Hesse, “Narciso e Boccadoro”, 1930



Jean-Pierre Houël,  "Il castagno dei cento cavalli", 1777


57,9 metri di circonferenza con tutti i rami, 22 metri di circonferenza del tronco, 22 metri in altezza: è l’albero più antico e più grande d’Europa, tra i più grandi al mondo, tanto da entrare nel Guinness dei primati. È un castagno, è nato in terra siciliana, a Sant’Alfio sul versante orientale dell’Etna, ha la venerabile età di qualche…millennio. Tremila, quattromila anni, anche di più. È noto come il “Castagno dei cento cavalli”.
C’è una leggenda, per la verità piuttosto avara di particolari, che vede protagonista una Regina, la cui vera identità non è mai stata appurata (o rivelata). Siamo nel Trecento, forse nel Quattrocento, secoli in cui il Regno di Napoli vide sul trono due sovrane accomunate non dalla data della loro ascesa  ma dagl’intrecci dinastici, dal nome e dalla disinvoltura nei rapporti amorosi: Giovanna I d’Aragona e Giovanna II d’Angiò, quest’ultima ricordata semplicemente come Regina Giovanna. Ebbene, una delle due sovrane, in viaggio in Sicilia con un corposo seguito di cento cavalieri e un adeguato numero di dame, durante una battuta di caccia sulle pendici del vulcano fu sorpresa da un fortissimo temporale e si rifugiò, con accompagnatori e cavalli, sotto un castagno, talmente grande da poterli proteggere tutti. E la notte fu calda, anzi rovente, si mormora.
Perché la Regina, sotto le fronde del generoso castagno, consumò… molti cavalieri.
Per non far torto ad alcuna nobildonna gioiosa e vogliosa, fra le possibili protagoniste della leggenda è d’obbligo citare anche Isabella d’Inghilterra, moglie di Federico II di Svevia e regina consorte di Sicilia.  Citare, nulla di più. D’altra parte, non risulta che Giovanna II sia mai sbarcata sull’isola del Regno. Sembra quindi di poter dire che i riflettori debbano essere puntati piuttosto su Giovanna I di Napoli.



Il castagno, originario dell’Asia minore, è stato introdotto nell’Europa occidentale dai Romani. Ma le sue origini vanno ben indietro nel tempo: “castanea sativa” è pianta antichissima, presente allo stato selvaggio nella zona mediterranea fin dai tempi preistorici, più esattamente dal cenozoico, oltre 60 milioni di anni fa. Con salto temporale vistoso, le cronache ne riportano la presenza in Centro Italia
già nel 1000 A.C. 
Il castagno, con i suoi frutti, da sempre è stato tenuto in grande considerazione per il suo ruolo di vero “nutrimento”, tanto che lo storico ateniese Senofonte, vissuto tra il 400 e il 300 A.C., per primo lo definì “Albero del pane”. Ma, anche più recentemente, quando in Europa mais e patate ancora non esistevano né sulle mense ricche né, tantomeno, su quelle sguarnite dei poveri, le castagne soddisfacevano le prime e sfamavano le seconde.




 “Centinaia di anni fa, a Sant’Antonio, in Val Masino, viveva una donna con i figli: erano poverissimi. I bambini avevano sempre fame, tanta fame, e lei non aveva la possibilità di mettere qualcosa sulla tavola. Così una sera, non resistendo più al pianto dei bambini, la donna, disperata, s’inventò uno stratagemma, sperando di ingannarli fin quando il sonno non li avesse accolti. Mise sul fuoco una pentola piena di acqua e sassi, fingendo che fossero castagne. E i bambini attendevano felici che si compiesse la cottura. Ma non si addormentavano.  A un certo punto la mamma dovette cedere e raccontare loro la verità. Alzò il coperchio per mostrare il contenuto della pentola e, con grande sorpresa, vide che i sassi si erano trasformati davvero in castagne. E finalmente i bambini mangiarono, felici.

Le leggende hanno sempre un fondamento di verità.  E di leggende e usanze popolari il grande albero ne è ricco. Ad esempio, nell’antichità si suggeriva di far dormire i bambini in culle fatte con il legno di castagno perché, così, sarebbero cresciuti forti e gli spiriti maligni se ne sarebbero tenuti alla larga consentendo sonni sereni.




Si dice che del maiale non si spreca nulla. Che dire allora delle castagne?
Le castagne buone sono nutrimento per l’uomo; quelle guaste lo sono per gli animali; le scorze alimentano il fuoco dell’essiccatoio; le foglie diventano lettiera per il bestiame nelle stalle; i ricci delle castagne messi nella torbiera si trasformano in  concime per gli alberi; il legname del castagno è utilizzato per riscaldare i casolari, fornisce tannino per la conciatura delle pelli,  è lavorato per  realizzare attrezzi di uso quotidiano e per le costruzioni.



Ma castagne o marroni? Nell’uso quotidiano, i due termini sono usati indifferentemente, in realtà la differenza c’è: le castagne sono i frutti dei castagni cresciuti spontaneamente, i marroni sono il “prodotto” di cultivar specifiche. Nelle castagne sono generalmente tre i frutti (cioè gli “acheni”)  contenuti nel riccio spinoso. Nei marroni c’è un solo frutto grosso per riccio. C’è anche una caratteristica morfologica da segnalare: nelle castagne la pellicina che avvolge il frutto penetra all’interno delle “rugosità” del frutto stesso; nei marroni la pellicina rimane esterna, quindi facilmente asportabile.In sostanza il marrone è il frutto “nobile” adatto alla canditura (marrons glacés, ad esempio) mentre le castagne sono il “pane comune”.

Marrone di Montella, Avellino



Praticamente ogni zona di produzione in Italia ha la propria cultivar, naturalmente celebrata come la migliore di tutto lo stivale.  Fra le più note, il Marrone Fiorentino o Casentinese, il Marrone di Avellino e il Marrone piemontese.  Tutte le cultivar hanno un numero consistente di varietà, connesse al luogo di coltivazione. Basti pensare che ben 8 tipi di castagne hanno ottenuto il riconoscimento europeo.


Marroni di San Zeno


Comunque, castagne o marroni che siano,  tutti i frutti sono custoditi in un riccio spinoso e respingente che rivela il frutto quando,  a maturazione avvenuta, cade aprendosi a croce.

“In un piccolo paese di montagna gli abitanti, molto poveri, non avendo di che mangiare, si rivolsero a Dio pregandolo di aiutarli. Il buon Dio accolse le suppliche donando loro una pianta che avrebbe prodotto frutti nutrienti: il castagno. Ma il Diavolo, notoriamente maligno, per rovinare il dono prezioso, avvolse i frutti in un riccio spinoso e molto pungente, gettando così la povera gente nella disperazione. Tornarono le preghiere. E il buon Dio, che vigilava, immediatamente scese in mezzo a loro, fece il segno della croce sui ricci e i gusci, come per miracolo, si aprirono a croce. Da quel giorno per l’eternità”.





Per un frutto prezioso, antico, nel tempo sono fiorite tante ricette: castagne bollite, arrostite, accostate alla carne, essiccate e poi poi cotte in mille modi oppure  trasformate in farina  per gnocchi, tagliatelle, castagnaccio….







A proposito delle castagne arrosto, Marco Valerio Marziale, poeta romano, vissuto tra il 40 e il 104 d.C., scrisse: “Se di cenare malinconico ti stringe il cuore, vieni da me a soffrire la fame… e per finire come leccornie finali ti serviremo dell’uva passita e, dalla dotta Napoli partorite, castagne a lento fuoco abbrustolite”.




Le castagne sono un alimento eccellente, adatto anche a chi sia intollerante al glutine (celiachia) e/o al lattosio; per contro, per l’alto contenuto di zucchero, può non essere adatto ai diabetici. Il valore energetico è elevato, così come il contenuto di vitamine e  sali minerali: 100 grammi di castagne (parte edibile) forniscono 81 mg di fosforo, 30 mg di calcio, 0,9 mg di ferro e 395 mg di potassio.

Inoltre contengono il 7% di proteine, il 9% di lipidi e l'84% di carboidrati. Come tutti gli alimenti di origine vegetale, le castagne sono prive di colesterolo.

Quanto alle calorie, la loro consistenza è condizionata dal metodo di cottura.

100g di castagne fresche, pulite, contengono più o meno 200 kcal;
100g di castagne secche producono 290 kcal;
100g di castagne lessate riducono drasticamente le calorie che scendono a circa 190.



Consigli utili

Pulire le castagne può essere un po’ noiosetto, soprattutto se proprio di castagne si tratta e non di marroni.  E però con un po’ di letture,  abbinate all’esperienza, qualche buon consiglio lo si può mettere insieme.

Castagne bollite:  per sbucciarle facilmente, aggiungere all’acqua di cottura (salata) un cucchiaio di olio d’oliva. Quando la cottura è a termine, togliere e sbucciare  una castagna per volta, ancora calda, con un coltellino affilato. 



Castagne arrosto: bisogna prepararle prima della cottura, incidendo orizzontalmente la buccia con un coltellino, possibilmente ricurvo. Oppure ci si può procurare un piccolo attrezzo ad hoc. Quest’operazione eviterà che le castagne scoppino con il calore.  Al termine  della cottura sarà ancora più facile “denudarle” se saranno state avvolte in un panno di lana.



Le ricette

“……et ella entrò col mosto e con le castagne calde
si rappattumò con lui, e più volte fecero gozzoviglia…”

Boccaccio, Decameron


Caldarroste, il grande classico



In padella, sul fuoco del camino o sulla fiamma “casalinga”.  La padella, deve essere bassa, possibilmente di ferro, con i fori sul fondo e deve essere scossa sovente, per evitare che la castagna cuocia e si bruci solo da un lato.  Se si tratta di gas, potrebbe essere utile interporre tra padella e fuoco uno spargifiamma.  Per frutti di grandezza media, serviranno dai 25 ai 30 minuti. Servire calde!




In forno: impostare la temperatura a 220°C. E, poiché il calore del forno tende a essiccare il cibo, è utile mettere a bagno le castagne (prima di inciderle) per un paio d’ore. Così assorbiranno l’umidità necessaria per mantenersi morbide. Possono essere distribuite sulla leccarda ricoperta di carta da forno oppure messe nella classica teglia. L’importante è che vengano smosse frequentemente.  A seconda della dimensione, la cottura può variare dai 15 ai 25/30 minuti.



Tagliatelle di castagne
Per 4/6 persone




400 g farina di castagne – 200 g farina bianca per pasta fresca
6 uova – 1 pizzico di sale – olio extravergine di oliva q.b.

In una terrina mescolare le due farine con il sale e setacciarle sulla spianatoia creando una montagnetta; formare un piccolo cratere nel centro e unire le uova, uno alla volta, lavorando inizialmente con una forchetta.  Precedere all’impasto aggiungendo un cucchiaino di olio extravergine d’oliva e – solo se necessario – qualche goccia d’acqua. Lavorare con vigore e quando la massa è uniforme e morbida, coprirla con un canovaccio e lasciarla riposare al fresco per una mezz’ora.  Tirare la sfoglia, mantenendola piuttosto spessa, con mattarello o macchina per la pasta e lasciarla asciugare per qualche minuto; quindi tagliarla  con coltello affilato o con   l’apposito accessorio per tagliatelle, che verranno adagiate su un velo di farina bianca.  Per evitare rotture eccessive durante la cottura, è consigliato anche unire un mezzo cucchiaio di olio all’acqua  bollente, prima di immergere la pasta.




Condimento –  La farina di castagne richiede sughi dal sapore deciso che bilancino, senza coprirlo,il retrogusto dolce.   Le proposte possono essere molte: si va dai funghi, porcini o finferli, cucinati semplicemente con olio e aglio, alla crema ai quattro formaggi, ai porri con lo speck, al ragoût di selvaggina. Questione di gusti.  L’importante è che il sugo sia morbido, piuttosto “sciolto”, in grado di avvolgere le tagliatelle senza “impastarle”.



Zuppa di castagne e fagioli
Per 4/6 persone


500 g castagne secche -150 g fagioli borlotti secchi – 1 cipolla
4 patate medie – 50 g prosciutto crudo o pancetta a dadini
alloro ,salvia e rosmarino – 4 cucchiai olio extravergine di oliva
2 cucchiaini di bicarbonato di sodio per uso alimentare
sale e pepe q.b.  


In due bacinelle separate, mettere a bagno le castagne e i fagioli borlotti, aromatizzando l’acqua con un paio di foglie d’alloro e aggiungendo in entrambi i recipienti  un cucchiaino di bicarbonato. L’ammollo deve durare una notte intera o, almeno, 10 ore.
Per preparare la zuppa procedere così. In una casseruola alta soffriggere la cipolla affettata sottilmente, badando che non scurisca; unire i dadini di prosciutto o pancetta e far rosolare; aggiungere le patate tagliate a tocchetti, le castagne e i fagioli, scolati dall’acqua di ammollo, infine tutti gli aromi; coprire con abbondante acqua calda nuova e portare a bollore. Abbassare la fiamma e cuocere a fuoco lento per circa un’ora e mezza, controllando che il liquido non venga completamente assorbito: nel caso, rabboccare con acqua bollente. Verso fine cottura, aggiungere sale quanto basta e passare con il passaverdure qualche pezzetto di patata e qualche castagna, così da rendere la zuppa un po’ cremosa.  
Servire in ciotole singole irrorando con un filo d’olio e una macinata di pepe. La zuppa può essere accompagnata da crostini.


Castagne al latte
Ricetta della Valtellina
Per 4 persone


400 g  di castagne secche (prive della buccia) o 1 kg di castagne fresche sbucciate
 1 l di latte - 1 cucchiaio di zucchero - 1 pizzico di sale
1 baccello di vaniglia


Se si usano le castagne fresche, eliminare la buccia , lessarle fino a cottura quasi completa, eliminare la pellicina mentre sono ancora calde.
Se si tratta di castagne secche, metteterle in ammollo nel latte almeno 3 o 4 ore.
 
In una pentola capiente mettere il latte, le castagne e  il baccello di vaniglia e il pizzico di sale. Portare lentamente a ebollizione e, se si tratta di castagne secche, lasciar cuocere per circa un'ora e mezza, o comunque finché non inizieranno a sfaldarsi. Nel caso il latte asciugasse troppo, aggiungere dell’acqua bollente.  
Per le castagne fresche basteranno 15-20 minuti. In entrambi i casi, zuccherare al termine della cottura. 


Risotto con castagne e salsiccia
Per 4 persone





Riso Carnaroli o Vialone Nano 350 g – castagne 300 g – salsiccia  200 g    1 cipolla media – brodo di carne 1 l –
vino bianco secco 1 bicchiere -  burro 40 g –  olio extravergine d’oliva
rosmarino – sale e pepe q.b.

Lessare le castagne in acqua leggermente salata, unitamente a un rametto di rosmarino; sbucciarle, tenerne da parte la metà scegliendo le più belle, passare le altre con lo schiacciapatate. In un tegame largo far appassire la cipolla affettata finemente quindi unire il riso e farlo tostare, mescolando con cucchiaio di legno. Quando i grani sono translucidi bagnare con il vino bianco e, a evaporazione terminata, aggiungere il passato di castagne. Lasciar insaporire e quindi iniziare a bagnare con il brodo, poco per volta, aggiungendo mestolo a mestolo man mano che il liquido viene assorbito. Intanto, in tegame a parte, far saltare a fuoco vivace in poco olio la salsiccia spellata e spezzettata, quindi unire le castagne intere. Quando il riso abbia raggiunto la cottura al dente con consistenza ancora abbastanza fluida, spegnere il fuoco, mantecare con il burro, mescolando velocemente e accuratamente, quindi coprire con un coperchio  e  lasciar riposare per qualche minuto.  Il risotto, morbido e cremoso, non compatto, sarà aggiustato su un piatto di portata ben caldo e guarnito con la salsiccia e le castagne.



Arrosto di maiale con le castagne
Per 4-6 persone




Carré di maiale disossato 1 kg – castagne secche 300 g
lardo d’Arnad a fettine sottili 150 g -  latte intero ½ l -  burro 30 g
3 spicchi d’aglio – 2 foglie d’alloro
3 rametti di finocchietto selvatico o qualche semino di finocchio
 mix di pepe in grani (nero/bianco e rosa)
 Cognac o Calvados 1 bicchierino


La sera prima della cottura dell’arrosto, mettere a bagno le castagne che saranno poi scottate il giorno dopo, in acqua salata. Il giorno del pranzo, preparare l’arrosto per la cottura: massaggiare  la carne con del sale fino (senza abbondare); avvolgere  con le fettine di lardo sovrapponendone i bordi e legare con spago da cucina; mettere il carré così bardato in un tegame di terracotta unendo tutti gli aromi, grani di pepe compresi; irrorare con il Cognac o Calvados e lasciar aromatizzare per una decina di minuti; aggiungere il latte e coprire con pellicola, lasciando marinare al fresco per tre-quattro ore. Pre-riscaldare il forno a 180°C. Terminato questo tempo togliere la carne dalla marinatura, sistemarla in teglia adatta al forno e spennellare con il burro; unire le castagne che saranno state sbollentate per una decina di minuti. Mettere in forno il carré così preparato e coperto con dell’alluminio per la prima mezzora di cottura che, complessivamente, durerà circa 90 minuti. Durante tutto il periodo sarà aggiunto poco per volta il liquido di marinatura, irrorando carne e castagne. Se l’arrosto tendesse ad asciugarsi troppo, si aggiungerà ancora del latte.
Terminata la cottura, togliere dalla teglia carne e castagne e “lavorare il lquido rimasto – che sarà un po’ granuloso, frullandolo con un mixer a immersione e, se necessario,  aggiungendo un cucchiaino di maizena sciolto in acqua fredda.
L’arrosto può essere presentato a fette, circondato dalle castagne e ricoperto con la salsina, oppure a pezzo intero da affettare in tavola.


Castagnaccio




Farina di castagne 400 g  - pinoli 70 g  - uvetta passita 50 g
 olio extravergine di oliva 30 g (circa 4 cucchiai)
 1 rametto di rosmarino  - 1 bicchierino di grappa – 1 pizzico di sale   acqua fredda e latte in parti uguali per un totale di 500 ml


Mettere a bagno nella grappa l’uvetta passita.  Setacciare in una terrina la farina di castagne, aggiungere il pizzico di sale e, poco per volta, aggiungere acqua e latte insieme, mescolando con un cucchiaio di legno o una frusta a mano (mai il mixer!). Unire l’olio, gli aghi di rosmarino, l’uvetta strizzata e asciugata e i pinoli.  Rivestire una teglia con carta da forno bagnata e strizzata e versarvi il composto che dovrebbe correttamente avere uno spessore di circa 2/ 2,5 cm. Cottura in forno preriscaldato a 180°C per una mezz’ora: il castagnaccio è cotto quando si è formata una bella crosticina scura.
Molto adatta per il castagnaccio, anche la teglia che si usa in Liguria per la farinata, cioè rame martellato.


Marrons glacés
Ricetta francese




Marroni 500g  - acqua minerale 1 l – zucchero di canna 1kg
 1 baccello di vaniglia aperto e grattato


Note: 1) Per confezionare i marrons glacés è consigliabile utilizzare quelli surgelati, certamente più semplici da gestire, essendo già perfettamente sbucciati.
              2) Per facilitare i varî passaggi, è consigliabile disporre i marroni in un paniere di cottura, tipo quello che si trova nelle pentole a pressione.


- Cuocere i marroni o in acqua salata o come indicato sulla confezione di quelli surgelati.

 - in una casseruola versare l’acqua minerale, aggiungendovi  lo zucchero e il baccello di vaniglia. Portare a bollore, lasciar bollire per 4-5 minuti, abbassare la fiamma in modo che lo “sciroppo” possa solo fremere, immergere i marroni per un minuto. Spegnere il fuoco e mantenere i marroni nel liquido per 24 ore.

- Passato il tempo previsto, togliere il paniere con i marroni dal liquido, accendere nuovamente la fiamma sotto allo sciroppo, portare a bollore per 4-5 minuti e immergere nuovamente i marroni lasciando fremere per 3 minuti. Spegnere il fuoco e lasciar riposare (nel liquido) per altre 24 ore.

- Questa operazione va ripetuta fino a raggiungere 6 giorni. Dopo le ultime 24 ore, di riposo nello sciroppo, togliere i marroni, arrangiarli su un piatto o vassoio ricoperto di carta da cucina assorbente, irrorarli con il liquido di cottura e lasciar asciugare all’aria per altre 24 ore.

I marroni sono pronti, morbidi, translucidi…. Trattamento un po’ laborioso ma ne vale la pena!


I modi di dire
Togliere le castagne dal fuoco con la zampa di un altro…”

Questo detto deriva dalla fiaba “La scimmia e il gatto” (Le singe e le chat) dello scrittore e poeta francese Jean de la Fontaine, che rese protagonisti gli animali per fustigare i costumi degli umani, soprattutto quelli al potere. L’intera raccolta  - 240 fiabe suddivise in dodici libri - fu scritta tra il 1668 e il 1694.


La storia narrata in questa favola è semplice: la scimmia Bernarda e il gattoTopolone, compagni di “ladrate”, se ne stavano davanti al fuoco a veder arrostire delle belle castagne; arrivate a cottura,  la scimmia, lusingando il compagno, lo invitò a usare la zampetta per togliere dal fuoco, appunto, i marroni. E man mano che il gatto eseguiva, la furbastra si riempiva la pancia. Ad interrompere il furbo sfruttamento arrivò una servetta che scacciò entrambi lasciando il vanitoso Topolone a bocca asciutta.  


La chicca
L’antico oroscopo celtico: sotto il segno del castagno
15-24 maggio  e 12-21 novembre



I nati sotto il segno del Castagno amano aiutare la collettività, riescono ad adattarsi a diverse situazioni e prediligono essere di supporto agli altri. Quando riescono a trovare un ideale da seguire, diventano una e propria fonte di potenzialità e capacità. Allo stesso tempo hanno una grande fiducia negli altri e spesso preferiscono agire senza apparire, spesso e volentieri necessitano di una mano nel trovare (e perseguire) i loro obiettivi, di essere incoraggiati e spronati ad aver fiducia nei loro mezzi.



Grazie alle fonti


Herman Hesse, “Narciso e Boccadoro”, 1930
1° edizione Medusa ottobre 1933
Jean de la Fontaine, "Le singe et le chat", 














martedì 20 settembre 2016

Muffins o madeleines? È autunno. È l'ora dei nonni.



  

“I giocattoli più semplici, quelli che anche il bambino più piccolo riesce a usare, vengono chiamati nonni" 

 (Anonimo)



Victor Nizovtsev, pittore, russo di nascita e americano d’adozione


... “ La prima cosa di cui si occupò la nonna nell’andamento di casa, fu la cottura del pane. Ella non poteva sopportare che la serva si comportasse con il dono di Dio con così poco rispetto, che non lo benedicesse né quando lo introduceva nel forno, né quando lo tirava fuori, quasi che avesse in mano dei mattoni. Quando la nonna impastava il lievito, lo benediceva con la gramola e ripeteva questa benedizione quando prendeva la pasta in mano fino a che il pane veniva in tavola. (…) Quando la nonna cuoceva il pane, per i nipoti era una gran festa. Ognuno di loro riceveva una ciambella e un panino imbottito di susine o mele, cosa che prima non accadeva mai. Ma dovettero avvezzarsi a non far briciole.
“Le briciole spettano al focherello” diceva la nonna quando le toglieva di su la tavola e le buttava nel fuoco. Ma quando uno dei bambini sbriciolava il pane in terra la nonna, se se n’accorgeva, gli ordinava subito di raccoglierle e aggiungeva: “Non bisogna camminare sulle briciole, perché altrimenti le anime piangono in purgatorio”. E brontolava anche se il pane non veniva tagliato ben dritto  “Chi non s’accorda col pane, non s’accorda con gli uomini” diceva. Una volta Jenik pregò la nonna di dargli una fetta di pane dal mezzo e dalla parte della crosta, perché gli piaceva; la nonna non ne fece di nulla e disse:” Non hai mai sentito che chi taglia in pezzo il pane, taglia il calcagno al buon Dio? Lascialo com’è e impara a non essere capriccioso nel mangiare.” (….)
Božena Nĕmcová,  Babička - “La nonna” , Boemia 1855

La statua della scrittrice nel Museo di Ćescá Skalice, Boemia Orientale


La più importante scrittrice Ceca, nacque a Vienna nel 1820 da una famiglia poverissima, nome d'origine Barunka Pankel. Passò la sua infanzia accudita dalla nonna materna, che avrebbe ispirato, diventandone protagonista, il suo romanzo più importante e noto. “Babička” è stato tradotto in moltissime lingue tra le quali l'italiano, edito da Mondadori con il titolo “La nonna”. 





E ora il problema dei problemi. Millenario. 





Se l’estate è finita, le vacanze sono concluse, le scuole appena riaperte, i genitori in furore organizzativo, i bambini recalcitranti, come si evita la consueta crisi familiare d’autunno?

La soluzione è elementare



I nonni!
Nonna. O nonno. O entrambi.  E però, se il nonno si fa facilmente convincere a sostituire il vigile davanti alla scuola (peraltro realizzazione di un sogno dell’infanzia), diventando figura amica, la nonna ha ben altro compito. Importante. Che è multiplo perché “mangereccio”: oltre alla quotidiana merenda, ci sono i compleanni, i “raduni” al parchetto, le feste della scuola.
 Cosa preparare? Ecco qualche proposta, sperimentata, che farà allungare verso il tavolo molte mani,manine, manone…

Si tratta di torte o dolci semplici da confezionare. Bastano pochi accorgimenti. Forno:  pre-riscaldato a 180°C (raramente a più di 200°C ) – Posizione della tortiera a metà forno – Tortiera antiaderente o rivestita con carta-forno bagnata e strizzata –  burro e uova a temperatura ambiente; se si richiede l’albume montato a neve, invece del tradizionale pizzico di sale aggiungere zucchero a velo  (la quantità usata verrà dedotta dal peso totale di zucchero previsto).
In caso di intolleranze: celiachia, usare farine idonee aumentando di un’unità il numero delle uova indicato nella ricetta; controllare che zucchero a velo e lievito chimico non contengano glutine  (marche molto diffuse ne indicano possibile presenza). Controllare anche i confettini per le decorazioni, spesso non idonei. Meglio puntare su granella di zucchero e scagliette di cioccolato fondente, sia nero sia bianco.
Lattosio: ormai sono reperibili ovunque latte e derivati senza lattosio, dal burro alla panna. 


Ricette

Torta al cioccolato
Tortiera da 24/26 cm



250 g farina 00 – 200 g zucchero semolato + 70 g zucchero a velo  125 g burro – 100 g cacao amaro in polvere – 6 uova intere
75/80 ml latte – lievito per dolci 20 g (1 bustina + 1 cucchiaino) estratto di vaniglia bourbon  1 cucchiaino
buccia d‘arancia  grattugiata


Pre-riscaldare il forno. a 180°C, portare uova e burro a temperatura ambiente. Se si dispone di un mixer o di un robot, usarlo a velocità media.
Iniziare con le uova, separando il tuorlo dall’albume. Battere i tuorli con lo zucchero fino a ottenere una massa molto chiara, cremosa, consistente, che, sollevata con un cucchiaio, si snoda a nastro. Montare a neve ben ferma gli albumi, unendo, poco per volta, 50 gr di zucchero a velo. Per capire se la lavorazione è sufficiente, basta inclinare il boccale nel quale sono stati montati gli albumi: se questi restano “ancorati” al contenitore, è stata raggiunta la perfetta consistenza.
Fondere il burro a bagno-maria (o in forno, in contenitore che resista al calore) facendo ben attenzione a che non inizi a sfrigolare: deve semplicemente ammorbidirsi fino a sciogliersi.
Alla massa dei tuorli montati, unire poco per volta, prima la farina setacciata con il lievito e poi il cacao, alternandoli a cucchiaiate di latte per favorire l’impasto. Se fosse necessario, per amalgamare più facilmente ed esaurito il latte, si può unire il burro fuso che, nel frattempo si sarà raffreddato. Aggiungere la buccia d’arancia grattugiata e la vaniglia.
Infine aggiungere gi albumi montati a neve, cucchiaio per cucchiaio, con un movimento rotatorio dal basso verso l’alto, per non smontarli.
 A questo punto, versare la massa nella teglia foderata o comunque imburrata e passata con un velo di farina e porre in forno statico.
Non aprire mai la porta del forno prima di 30 minuti. Anzi, l’ideale è aprirla per un eventuale controllo solo a fine cottura.  Lasciarla riposare per qualche minuto e poi sfornare. Togliere la torta dalla teglia quando è fredda (o quasi) e mettere su una gratella. Decorare o farcire a piacere. Tenere presente, che al di là dell’estetica,  bambini e ragazzi preferiscono la finitura con zucchero a velo, abbondante.


Torta in bianco e nero
Stampo da plum-cake o a ciambella




200 g farina 00 – 2 uova – 100 g burro salato
100 g zucchero semolato + 100 g  zucchero a velo vaniglinato
5 cl latte – 1 cucchiaio grande cacao in polvere
1 bustina lievito vanigliato


Preriscaldare il forno a 210°C.  Battere il burro,  ammorbidito e tagliato a dadini, fino a ottenere un mélange chiaro e cremoso. Rompere le uova separando il tuorlo dall’albume; incorporare i rossi nel mélange burroso quindi aggiungere, poco a poco, il latte, mescolando accuratamente. In una terrina unire il lievito alla farina setacciata e unire il mix al composto. Montare a neve ferma gli albumi aggiungendo, nella battitura, un cucchiaio di  zucchero a velo. Suddividere il composto in due terrine: nella prima  aggiungere  il restante zucchero a velo e nella seconda il cacao ben setacciato poi unire la metà degli albumi a neve nell’una e l’altra metà nella seconda, sempre incorporando con cucchiaio di legno e movimento dal basso verso l’alto.
Imburrare e infarinare uno stampo e inserire il composto alternando la parte bianca a quella con cacao. Mettere in forno a 210°C per dieci minuti quindi abbassare a 180°C e proseguire la cottura per altri venti minuti.
Sfornare, togliere il cake dalla forma e lasciarlo a raffreddare su una gratella.  Se lo servite a tavola, potete presentarlo affiancato da una spruzzata di panna montata.  





Nota - Nel caso sceglieste di usare la ciambella, potrebbe essere necessario aumentare le dosi indicate per gli ingredienti, proporzionalmente.



Torta di mele
Stampo 24 cm


4 mele renette – 4 uova – 3 bicchieri farina 00
 2 bicchieri zucchero + 2 cucchiai zucchero di canna
1 bicchiere di panna – 1 bustina lievito vanigliato
1 pizzico sale – 1 pizzico cannella –  1 limone non trattato
burro per la teglia

Pre-riscaldare il forno a 180°C. Sbucciare le mele, tagliarle a fettine, metterle in una terrina, irrorarle con il succo di limone.  Con una frusta o un mixer battere le uova con lo zucchero fino a ottenere un composto chiaro e spumoso. Aggiungere la panna e poi la farina setacciata con il lievito, il pizzico di sale e la cannella.  Unire alla massa un po’ di fettine di mele e mescolare delicatamente. Versare l’impasto nella teglia imburrata e leggermente infarinata o rivestita con carta da forno bagnata e strizzata. Livellare (senza schiacciare) e quindi disporre in tondo le restanti fettine di mele, partendo dall’esterno verso l’interno. Spolverare con zucchero di canna. Infornare per circa 50 minuti.


Nota -  Per irrorare le mele, si può sostituire il limone utilizzando (ad esempio) del Calvados, cioè liquore di mele della Normandia. Si precisa che l’alcool contenuto evapora completamente con calore/cottura lasciando alla torta solo un gradevolissimo aroma. La torta non è quindi da considerare alcolica.



Torta allo yogurt
Stampo 22/24 cm




1 vasetto di yogurt bianco – 3 vasetti di farina 00
 2 vasetti di zucchero – 1 vasetto di olio di semi di girasole
3 uova – 1 bustina lievito – burro qb per la teglia
 

Pre-riscaldare il forno a 180°C. Versare lo yogurt in una terrina e poi utilizzare lo stesso vasetto, risciacquato, per misurare tutti gli altri ingredienti. Aggiungere lo zucchero e le uova allo yogurt e lavorarli fino a ottenere un massa soffice e spumosa. Unire la farina con il lievito, mescolare accuratamente e infine mettere l’olio.  Imburrare e infarinare la tortiera e versarvi l’impasto. Cottura per circa 35 minuti e togliere dalla teglia una volta intiepidita.




Nota - L’olio di semi di girasole si trova anche deodorato, ottima formula per non alterare il sapore delle preparazioni, dolci o salate che siano. Può essere sostituito, a piacere, con burro (stesso peso, portato a fusione e, come norma, usato freddo) o panna fresca.



Le Madeleines
Dosi per 20 biscotti



150 g farina 00 – 130 g zucchero – 20 g miele – 125 g burro
 3 uova – 5 g lievito – un pizzico di sale – estratto di vaniglia  buccia di limone o d’arancia  (non trattati) grattugiata.

Pre-riscaldare il forno a 220 °C. Ammorbidire il burro. Battere le uova con zucchero, miele, sale,  finché non sia raddoppiato il volume. Unire farina e lievito, quindi il  burro ammorbidito, la buccia dell’agrume grattugiata e un cucchiaino di estratto di vaniglia bourbon. Mettere in frigorifero per almeno due ore, o un’intera notte.  Distribuire l’impasto nelle “formine”,  infornare a abbassare la temperatura 200°C. Dopo 3/5 minuti (quando si sarà formata la “fossetta” tipica della madeleine) abbassare ulteriormente a 180°C per arrivare alla “bombatura”.  Passati altri 4/5 minuti i biscotti saranno gonfi e dorati: sfornare e togliere subito dagli stampini.


Nota - Per le madeleine si possono avere stampi multipli (sia anti-aderenti sia in silicone) cos’ come si trovano i singoli stampini, certamente più difficili da gestire.
Riconoscimento: Questa ricetta è stata formulata da uno dei grandi chef francesi M. Gaston Lenôtre, pasticcere di alto valore riconosciuto in tutto il mondo. Chef Lenôtre è scomparso nel 2009 lasciando alla famiglia la sua “impronta”.



Muffins classici
Premessa – La regola d’oro per avere dei buoni muffins è semplice: lavorare poco e rapidamente gli ingredienti, lasciare che il composto resti grumoso. Sono dolcetti ideali per lavorazione a mano.  All’impasto base si può unire cacao, gocce di cioccolato, mirtilli, mele… E poi, sbizzarrirsi a decorare!








280 g  farina 00 – 100 g zucchero – 1 bustina lievito
 1 pizzico sale
2 uova – 80 g burro - 150 ml latte

Pre-riscaldare il forno a 180°C.
In una terrina mettere tutti gli ingredienti secchi: farina, zucchero, e lievito. Mescolare. In una seconda terrina mettere invece tutti gli ingredienti umidi: burro fuso (freddo), uova, latte. Mescolare.
Unire i due impasti, amalgamare velocemente senza preoccuparsi di lasciare dei grumi; aggiungere qualche goccia di cioccolato e versare negli stampi per muffins, dopo averli imburrati e leggermente infarinati e riempiendoli solo per tre-quarti. Infornare per 15/20 minuti. A cottura ultimata toglierli dal forno e dagli stampini lasciandoli raffreddare su una gratella.

 

Grazie

A tutti coloro che, quotidianamente, mi danno suggerimenti. Alle riviste specializzate. Ai blog amici. E ai miei nipotini che sono uno stimolo insostituibile. E inarrivabile.


Robert Gemell Hutchison, "The draughts players", Edinburgo 1855-1936