Facile regalare argenti e
ori, una toga, un mantello: regalare funghi, questo è difficile.
Marco Valerio Marziale, Epigrammi XIII- 48 (ca. 80/90 d.C.)
…”Camminava come un cercatore di tesori,
cercando funghi, e credendo di avvertire in se stesso il potere magico di
scoprirli. Vedeva un bagliore. Sotto l’intrico grigio opaco del legno
decomposto, risplendeva una luce da stanza del tesoro. Erano mucchi di
gallinacci, che balenavano e aggredivano gli occhi, accecavano letteralmente il
suo sguardo proteso nell’oscurità. Scoprì un intero paese di funghi gialli, che
si estendeva per ore e ore, inesauribile come un continente. Giallo, giallo e
altro giallo ancora, che continuava a perdita di sguardi davanti al sognatore.
Quel giallo incessante non si estendeva davanti» ai suoi occhi — saltava dentro
di essi, vi si tuffava, vagava come un fuoco fatuo, sia sotto le mani costrette
a raccogliere senza sosta sia dentro di lui, finché in quel guizzo balenava un
fiammeggiare di puro giallo.”…
Pietro Citati, nella recensione sul romanzo di Peter Handke “Saggio sul cercatore di funghi”, Corriere della Sera, 25 settembre 2015
Forse, ancor prima che cibo da gourmet, sono stati ben
altro, questi vegetali anomali chiamati funghi, dal termine latino, e miceti,
dal greco. “Vegetali”? Qualcosa di più. O, forse, con una marcia in più.
Inizialmente – ovvero indietro nei secoli - erano accorpati alle piante con una
prima classificazione di Linneo nel 1753; poi, nel 1817, il botanico,
entomologo e fisico tedesco Christian Gottfried Daniel Nees von Esenbeck, elevò
i funghi al rango di “Regno”.
Centocinquant’anni dopo, nel 1968, Robert Harding Whittaker, biologo statunitense, elaborò nuovi e tuttora attuali
criteri di classificazione. E, con il progredire degli studi molecolari, altri passi
in avanti sono stati fatti.
Il Regno comprende più di 100mila specie conosciute mentre
la diversità fungina è stata recentemente stimata in 3 milioni di specie.
Il fungo è dunque un organismo complesso. Tanto per dare un’idea. La riproduzione
può avvenire in maniera sessuata o asessuata; il nutrimento è ricavato
dall’ambiente esterno, assorbito attraverso le pareti, in tre modalità
differenti che ne determinano la classe d’appartenenza. E’ un anello importante
dell’ecosistema poiché è in grado di decomporre il materiale organico presente
nel terreno, rendendolo disponibile alle piante verdi.
Come in tutti i Regni, anche in quello dei funghi esiste il
mistero, l’illusione, il male, il bene. Il bene è, ovviamente, associato alla
commestibilità e alla prelibatezza. Il male alla tossicità. L’illusione alla
capacità allucinogena. Il mistero al cerchio delle streghe.
Il cerchio delle streghe
Si tratta di un fenomeno reale, registrato un po’ ovunque nel mondo fin dall’antichità. Ci sono leggende medievali che raccontano di come i cerchi segnassero i luoghi dove le streghe avevano danzato durante la notte. Streghe ma anche fate o elfi, a seconda del Paese: tutti, questi esseri misteriosi e speciali, capaci di far prigioniero chi avesse osato entrare nel cerchio, violandolo. Di questa leggenda si trovano testimonianze autorevoli in letteratura – segnatamente con Shakespeare - nel “Sogno di una notte di mezza estate” e “La tempesta”.
Le leggende resistono ma … esiste una spiegazione
scientifica che riguarda la caduta
di una spora nella terra, la formazione del micelio, l‘irradiazione
attraverso le ife… Storia
complessa ma affascinante.
Uno dei cerchi più grandi di cui si abbia notizia in Europa
è a Belfort, territorio e città tra Lione e Strasburgo: 600 metri di diametro, più di 700 anni d’età.
L’uso (il consumo) dei funghi allucinogeni risale al periodo
paleolitico, come testimoniato da manufatti e pitture murali. Il più noto tra i funghi di questa
“categoria” è l’Amanita Muscaria, facilmente riconoscibile per il cappello
rosso cosparso di puntolini bianchi.
Per gli Atzechi e i Maya i funghi allucinogeni erano “carne
divina”, mentre in alcune popolazioni dell’Asia settentrionale – come le
siberiane - l’Amanita Muscaria era usata collettivamente durante cerimonie e
feste oppure impiegata dagli sciamani per favorire la trance durante le
pratiche curative o per contattare gli spiriti dei morti, in quelle divinatorie
e nell’interpretazione dei sogni.
È assai probabile che originalmente l’uso fosse esclusivamente
sciamanico, e che solo in seguito all’affievolimento del potere degli sciamani, l’impiego
del fungo si sia diffuso anche all’interno della società tribale.
Attualmente sono state individuate 200 specie di funghi psicoattivi da considerare allucinogeni, in quanto contengano psilocina e/o psilocibina. Molte legislazioni europee - e fra queste quella italiana - ne vietano il consumo, sanzionandolo.
Attualmente sono state individuate 200 specie di funghi psicoattivi da considerare allucinogeni, in quanto contengano psilocina e/o psilocibina. Molte legislazioni europee - e fra queste quella italiana - ne vietano il consumo, sanzionandolo.
Tra i funghi allucinogeni ce n'è uno, in particolare, che gode di ampia notorietà: il maitake
(“fungo danzante”) o ohwaraitake (fungo che fa ridere)- come viene
chiamato in Giappone il Gymnopilus spectabilis – che sembra aver avuto in
epoche remote una certa importanza legata al suo culto, come dimostra questo
racconto, che fa parte del Konjaku monogatari
(“Novelle del passato”), una raccolta di racconti e di aneddoti provenienti
dall’India, dalla Cina e dal Giappone, compilata verso la fine dell’XI secolo
della nostra era. Questo racconto è originario della cultura popolare giapponese.
“Molto, molto tempo fa, alcuni taglialegna partirono da Kyoto in
direzione delle montagne di Kitayama, e si smarrirono. Non sapendo dove andare,
quattro o cinque di loro si stavano lamentando della loro condizione, quando
udirono [le voci di] un gruppo di persone provenire dai recessi delle montagne.
I taglialegna si domandarono con sospetto che sorta di gente avrebbe potuto essere, quando quattro o cinque monache buddiste fuoriuscirono danzando e cantando. Vedendole, i taglialegna si spaventarono, pensando che monache che danzano e che cantano non potevano di certo essere esseri umani, ma dovevano essere spiriti o demoni. E quando le monache li scorsero e si diressero verso di loro, i taglialegna si impaurirono molto e si chiesero: “Com’è possibile che delle monache fuoriescano così dai recessi dei monti, danzando e cantando?”
I taglialegna si domandarono con sospetto che sorta di gente avrebbe potuto essere, quando quattro o cinque monache buddiste fuoriuscirono danzando e cantando. Vedendole, i taglialegna si spaventarono, pensando che monache che danzano e che cantano non potevano di certo essere esseri umani, ma dovevano essere spiriti o demoni. E quando le monache li scorsero e si diressero verso di loro, i taglialegna si impaurirono molto e si chiesero: “Com’è possibile che delle monache fuoriescano così dai recessi dei monti, danzando e cantando?”
Le monache allora dissero: “La nostra apparizione, mentre danziamo
e cantiamo, vi ha indubbiamente impauriti. Ma noi siamo solo delle monache e
viviamo qui vicino. Siamo venute per raccogliere fiori da offrire a Buddha, ma
dopo essere tutte insieme salite sulle colline, abbiamo smarrito la strada, e
non abbiamo [più] potuto ricordare come uscire [tornare]. Quindi ci siamo
imbattuti in alcuni funghi, e sebbene ci siamo domandate se non ci
fossimo avvelenati mangiandoli, eravamo affamate, e abbiamo deciso che era
meglio raccoglierli piuttosto che morire di fame. Ma dopo averli raccolti e
arrostiti, trovammo che erano piuttosto deliziosi, e pensando “Come sono
buoni!”, li mangiammo. Ma appena terminammo di mangiarli, notammo che eravamo
costretti a una danza incontrollabile. Proprio mentre pensavamo: “Che strano!
Abbastanza strano noi…”.
I taglialegna non finirono di sorprendersi per una storia così
inusuale. Ora, i taglialegna erano molto affamati e pensarono: “Piuttosto che
morire, chiediamone un po’ per noi”. E così mangiarono alcuni dei numerosi
funghi che le monache avevano raccolto, cosicché anch’essi furono costretti a
danzare.
In quella condizione, le monache e i taglialegna risero e
danzarono girando intorno tutti insieme. Dopo un poco di tempo, l’ebbrezza
sembrò dissiparsi, e in un qualche modo tutti ritrovarono le loro separate vie
per tornare a casa. Da allora questi funghi sono stati chiamati maitake: fungo che fa danzare.
Il male
In tema di funghi selvatici,
è facile capire chi è esperto e chi non lo è:
l’esperto è quello che è ancora vivo
Donald
Henahan, giornalista e scrittore statunitense
Sovente – troppo – nella stagione dei funghi, raccoglitori
improvvisati finiscono all’ospedale. Se va bene, con lavanda gastrica e flebo riescono
a rimettersi in piedi, se va male…
Si parla di diecimila casi di intossicazione/avvelenamento all’anno. Che
potrebbero essere evitati sottoponendo il proprio raccolto al controllo
micologico delle Asl, che, tra l’altro, è assolutamente gratuito. Ma non tutti
lo fanno. Per questo, nel caso di acquisto di funghi, è indispensabile non fidarsi
di “cesti” anonimi e verificare sempre che il “passaggio” alla Asl sia stato
effettuato, come deve risultare dal tagliando rilasciato dal micologo.
Non solo. Sarà anche opportuno evitare di credere alle
leggende popolari, resistenti all'usura del tempo, che propongono mezzi assai rudimentali per individuare i
funghi maligni: prezzemolo che, in cottura, diventa giallo; aglio, cipolla, cucchiaino d’argento che si anneriscono; aceto capace di “cancellare” il veleno;
smangiucchiamento da parte di animali che ne garantirebbe la
commestibilità…. Il coro dei NO a queste fantasie è veramente universale.
Ecco un breve (e dunque carente) elenco dei funghi più
pericolosi e causa di finale drammatico: Amanita
Phalloides, Amanita Virosa, Amanita Verna, Cortinarius Orellanus.
Amanita Phalloides
Tuttavia, sebbene questi funghi siano noti alla maggior parte dei cercatori, ce ne sono altri da non ignorare e, tanto meno, sottovalutare. Nella famiglia dei porcini spiccano il Boletus Satanas, il Boletus Calopus, il Boletus Luridus che, comunque, sono facilmente riconoscibili: il primo ha il gambo di colore rosso acceso, il secondo i pori gialli, il terzo è violaceo.
Boletus satanas
Più subdola e ingannevole l’apparenza dello Hypholoma Fasciculare: il falso Chiodino. Molto simile al vero e però la natura ne aiuta il riconoscimento avendo assegnato a questo “traditore” della specie un odore decisamente sgradevole. Altro inganno si può avere con Omphalotus Olearius, fratello cattivo del Galletto, cui assomiglia soprattutto per il colore ma con dimensioni maggiori.
Hypholoma Fasciculare o Falso Chiodino
Nota importante: le citazioni relative ai funghi velenosi sono ben lontane dall’essere esaustive. Esistono in libreria e online elenchi completi, corredati anche dalle relative fotografie. Consultare prima di affrontare i boschi!
Il Buono
… “Se tu
dovessi recitare per me la poesia più bella, non mi daresti neppure
lontanamente il piacere che ho provato quando ho ricevuto i funghi e i ciccioli
d’oca che hai preparato per me; ... sono sicuro che non disprezzerai il lato
primitivo della mia natura che ciò rivela.”
Sarebbe un vero peccato privarsi del piacere di gustare un
piatto di funghi. Cucinati il più semplicemente possibile, accostati solo a
ingredienti che ne esaltino profumo e sapore.
Il re della tavola resta il porcino, affiancato dall’Ovolo
(quello buono, l’Amanita Cesarea, non
quello malvagio…). E però è vietato trascurare il Galletto (chiamato anche
Gallinaccio e Finferlo), l’Orecchietta (Orecchione, Gelone), il Prataiolo
francese, altrimenti detto Champignon, varietà, queste due ultime, che sono
anche coltivate. E, a seconda delle regioni, molti altri ancora. Squisiti.
Imperdibili.
Qualche consiglio per la preparazione e la cottura.
1) I
funghi non dovrebbero essere lavati ma spazzolati e passati con un panno umido,
per togliere terra e residui. E’ evidente che, se ciò non fosse possibile, sarà
consentita una rapidissima passata sotto acqua corrente con asciugatura
immediata. Da tener presente che in commercio si trovano varî tipi di
spazzolini, specificamente studiati per la pulitura dei funghi e dei tartufi.
2) È
consigliabile usare poco condimento perché i funghi non assorbono il grasso.
3) La
cottura è rapida. Se, ad esempio, si tratta di porcini, meglio restare intorno
ai dieci minuti: niente di peggio che funghi in disfacimento. O gommosi, come
potrebbero diventarlo i chiodini, che pure richiedono qualche minuto in più.
4) Pellegrino
Artusi suggerisce fritto e umido per i porcini, gratella per gli ovoli aperti e
“trippata” per quelli chiusi. Con questo termine il Maestro intende la
preparazione che segue:
“Dopo aver nettato e lavato gli ovoli, tagliateli a fette sottili.
Cuoceteli nel burro e conditeli con sale, pepe e parmigiano grattato. Se
aggiungete sugo di carne, riusciranno anche migliori”.
Per gli ovoli chiusi io proporrei
anche un consumo a crudo e semplice condimento di olio, sale, pepe. Punto.
“Insalata” costosa ma eccellente.
Ricette
Nota: le preparazioni s’intendono per 4 persone
600 g funghi porcini freschi - 500 g di
patate gialle di uguale dimensione (più o meno)
200 g stracchino cremoso - 200 g di pomodorini (maturi ma
sodi)
prezzemolo, erba cipollina, timo, aglio (se
gradito)
40 g burro - olio extra vergine di oliva
q.b. – sale e pepe q.b.
Lavare bene le patate, metterle
a cuocere con la buccia partendo da acqua fredda salata. Sospendere la cottura
quando sono ancora al dente (circa 20 minuti) e sbucciarle subito. Mentre si
raffreddano, tritare le erbe aromatiche e pulire accuratamente i funghi. Una
volta fredde, tagliare le patate a fette piuttosto spesse (1/2 cm) e posarle,
piatte e affiancate, in una padella antiaderente dove sarà stato scaldato
l’olio extravergine d’oliva. Farle dorare da entrambi i lati, facendo
attenzione a non romperle mentre vengono girate (opportuna una paletta).
Disporle poi in una teglia da forno, facendone uno strato con le fette
leggermente sovrapposte; distribuire su di esse una parte del trito di erbe
insaporito con sale e pepe (senza esagerare…), quindi aggiungere lo stracchino
a tocchetti. Nella padella in cui sono state dorate le patate (eliminando
l’olio in eccesso), far saltare per qualche minuti i funghi, pure tagliati a
fette. Con questi coprire lo strato di patate, distribuire il trito restante, i
pomodorini tagliati a pezzettini e lo stracchino restante. Condire con un filo
d’olio, qualche fiocco di burro, mettere in forno preriscaldato a 200°C, per
circa 20 minuti. Servire tiepido.
1 kg di vongole veraci – 400 g cardoncelli o champignons o porcini – 1 scalogno medio 1 patata gialla grande – una decina di pomodorini “datterini”
5 cucchiai da minestra olio extravergine
d’oliva - ½ bicchiere vino bianco secco
1 spicchio d’aglio – prezzemolo- sale e
pepe q.b.
Far spurgare le vongole in acqua
fredda salata per almeno tre ore (meglio sale grosso marino integrale); poi,
sciacquarle bene e metterle in una padella larga con aglio, vino bianco e un
po’ d’olio; coprire la padella, metterla su fiamma vivace per farle aprire
(normalmente pochi minuti).
Affettare lo scalogno molto sottile, farlo appassire in poco olio,
aggiungere la patata tagliata a dadini; lasciar cuocere per qualche minuto;
unire i funghi a fettine, aggiungere il liquido filtrato delle vongole, un
bicchiere d’acqua e i datterini divisi a metà; portare a bollore dolce; lasciar
sobbollire per circa dieci minuti, verificando soprattutto la consistenza dei
funghi che non devono sfaldarsi; intanto sgusciare buona parte delle vongole -
riservandone alcune per la guarnizione – e metterle nella pentola poco prima di
spegnere la fiamma. Aggiungere il prezzemolo tritato. Servire in ciotole,
guarnite con le vongole a guscio ( tenute calde con un poco del loro liquido)e
accompagnare con crostoni di pane leggermente tostati e sfregati con lo
spicchio d’aglio (se non gradito, limitarsi alla tostatura).
500 g di funghi misti: porcini, finferli,
champignon, orecchioni
150 g di farina 00 - 2 uova – 200 g acqua
gassata ben fredda
olio di semi d’arachide q.b. - sale e pepe
Pulire accuratamente tutti i
funghi, usando anche un pennello ma, se necessario, sciacquarli rapidamente e
asciugarli perfettamente; tagliarli a tocchi medi. Separare i tuorli dagli albumi, mettendoli in due diverse
ciotole. Battere i tuorli con la farina facendo attenzione a non formare grumi,
unire l’acqua gassata in quantità tale da formare un composto che abbia la
consistenza di una crema (né troppo liquido né troppo fluido). Montare gli albumi
a neve, aggiungendo un pizzico di sale. Unire i due composti, delicatamente,
per formare la pastella. Scaldare,
in tegame idoneo, abbondante olio di semi di arachide; passare, pochi per
volta, i funghi nella pastella, immergerli nell’olio bollente, lasciandoli
dorare. Asciugare su carta-paglia o, in mancanza, su carta da cucina idonea.
Salare solo in tavola per non far afflosciare i “bigné”.
Amanita caesarea (Ovolo buono)
400 g di ovoli chiusi – 1 cipolla rosata – 2 tuorli d’uova – 1 limone
400 g di ovoli chiusi – 1 cipolla rosata – 2 tuorli d’uova – 1 limone
burro, sale e pepe q.b.
Pulire accuratamente gli ovoli e
tagliarli a tocchi di medie dimensioni. Soffriggere nel burro la cipolla
affettata fine, senza far scurire,
quindi unire gli ovoli tagliati a pezzi, mescolando più volte, delicatamente,
con un cucchiaio di legno. Salare
leggermente. Dopo una decina di minuti ritirare dal fuoco la casseruola e
aggiungere due tuorli d’uova battuti insieme all’agro di limone. Rimestare
ancora e servire completando con una “tornata” di pepe bianco (se gradito).
12
porcini neri - 2 uova - 200 g di
ricotta fresca – 100 g parmigiano grattugiato
2
spicchi d’aglio – prezzemolo – pane con mollica e pane grattugiato q.b.
una tazza di brodo vegetale (anche di
dado) – olio extravergine di oliva q.b.
Prendere una dozzina di porcini
della varietà indicata (se possibile) e ben sodi; togliere i gambi e mettere le cappelle in un
teglia unta d’olio, accomodandole col loro rovescio di sopra. Poi, con la metà
dei gambi dei funghi, un poco di mollica di pane inzuppata in poco brodo
vegetale, due spicchi d’aglio e un po’ di prezzemolo fare un battuto che verrà
messo in un recipiente due uova intere, la ricotta, sale e parmigiano
grattugiato. Rimestare fino ad ottenere un impasto uniforme e con questo
riempire le cappelle. Spargere sopra pane grattugiato, versarvi ancora un filo
d’olio e cuocere in forno preriscaldato a 180°C fino a gratinatura (moderata,
non far asciugare troppo e non far scurire).
“Li prepara così M.lle
Jane Renouardt, prima attrice al “Théâtre Daunou”, una piccola bomboniera,
tappezzato di velluti blu, tra la rue de la Paix e l’avenue del’Opéra. È una
variante dei porcini alla bordolese alla moda di Parigi perché a Bordeaux, mi
spiegò, sono cucinati in tutt’altro modo e con l’aglio, come in Provenza. Alla
mia maniera, aggiunse ridendo, non perdono quel certo sapore che piace agli
uomini. L’importante è che siano giovani e appena aperti, così non si debbono
lavare ma soltanto strofinare bene con un panno. Più tardi, nella toilette del
“Ciro’s”, che sta di fronte al “Daunou”, uno dei ristoranti più lussuosi del
quartiere dell’Opéra, le chiesi qual era il sapore che non perdevano. E Jane,
divertita mi rispose: ma il nostro, mia cara. Il nostro!”
“Affettate 500
grammi di funghi tenendo da parte qualche gambo che taglierete a dadini
piccolissimi. Conditeli con sale e pepe. Gettateli in una padella con dell’olio
d’oliva caldissimo e saltateli finché non sono dorati. Recuperateli con una
schiumarola. Eliminate l’olio. Nella stessa padella fate poi sciogliere tre
noci di burro con i dadini dei gambi, e due scalogni tagliati fini.
Aggiungeteci i funghi e cuocete per qualche minuto. Accomodateli in un piatto
di portata riscaldato, versateci un mezzo bicchierino di rum della Martinica
nel quale avrete aggiunto qualche goccia di limone e un cucchiaio di prezzemolo
tritato”.
Testo e ricetta: “La
cucina Impudica”
450 g di funghi piccoli – 125 g di burro – 2
tuorli di uova sode
1 cucchiaio di prezzemolo tritato – 70 g di pangrattato (di
pane bianco senza crosta)
Pulite e private del gambo i funghi. Sciogliete due cucchiai
di burro in una padella e fate saltare i funghi a fiamma bassa per 5 minuti o
finché diventano dorati. Sgocciolateli dal burro in eccesso e trasferiteli in
un piatto da portata intiepidito. Sbriciolate i tuorli e cospargeteli sui
funghi insieme al prezzemolo. Tenete il piatto in caldo mentre, in un altro
tegame, fate cuocere il burro rimanente finché diventa marroncino chiaro. Unite
il pangrattato e proseguite la cottura per un altro minuto o due per dorarlo
bene. Versate la salsa di burro e briciole di pane sui funghi e servite il
piatto ben caldo.
Testo e ricetta: Rex Stout, “Crimini e Ricette”
2 petti di pollo interi, privati dell’osso e aperti a metà
(se possibile di polli nutriti a mirtilli)
1 pizzico di sale – 1 pizzico di pepe bianco
– 100 g di burro
1 cucchiaio di scalogno tritato – 230 di
funghi affettati
1 cucchiaino di foglie di dragoncello
tritate
(o ½ cucchiaino di foglie essiccate)
60 m di brodo di pollo – 60 ml di vino
bianco
250 ml di panna – succo di limone q.b.
Cospargete i petti di pollo di
sale e pepe. Scaldate il burro in una casseruola chiudendola con il coperchio.
Quando diventa spumoso, aggiungete lo scalogno e fatelo saltare per un minuto.
Unite e funghi e il dragoncello e fate rosolare per altri 2 minuti (non
lasciate scurire). Aggiungete i petti di pollo nel tegame, girandoli più volte
nel burro. Posate la carta da forno imburrata sopra la carne, mettete il
coperchio alla casseruola e infornate a200°C. Fate cuocere per 7 minuti, o fino
a quando la carne risulterà morbida ma elastica. Trasferite il pollo su un
vassoio e tenetelo in caldo. Versate il brodo e il vino nella casseruola e
portate a ebollizione sul fornello a fuoco alto fino a ottenere un composto
dalla consistenza sciropposa. Aggiungete la panna e portate rapidamente a
ebollizione mescolando. Quando la salsa si è addensata, assaggiate per
aggiustare eventualmente di sale e pepe e spremeteci dentro qualche goccia di
limone. Versatela sul pollo e servite immediatamente.
Testo e ricetta: Rex Stout, Crimini e ricette.
Nota: I polli nutriti a mirtilli (ammessa e non concessa l’esistenza) sono
una raffinatezza che solo Nero Wolfe poteva permettersi…. Dei funghi non è
indicata la varietà quindi sarà consentito usare i più belli e profumati che
troverete al mercato. Quanto alla casseruola, attenzione che sia idonea per il
forno.
Sauté di
finferli
800 g finferli – 150 g
pancetta a cubetti - 3 scalogni
medi - uno spicchio d’aglio
qualche stelo di erba cipollina –
2 cucchiai olio extra vergine d’oliva
una confezione di polenta pronta
Pulire accuratamente i finferli, usando anche pennellino
e spazzolino (le piccole pieghe, le arricciature sono un ricettacolo…), lavarli
rapidamente e asciugarli alla
perfezione. In una padella (possibilmente antiaderente) scaldare un filo d’olio
e saltare i funghi a fiamma vivace per eliminare l’acqua di vegetazione. Trasferire poi i funghi in un piatto e
tenerli da parte. Nella stessa padella, eliminato il fondo di cottura, rosolare
con un po’ di olio gli scalogni affettati sottili, senza farli scurire;
aggiungere i finferli, mescolare, salare leggermente, saltare per qualche
minuto a fiamma vivace. In altra padellina, rosolare i dadini di pancetta,
senza alcun condimento, fin quando saranno croccanti. Asciugarli su
carta-paglia o carta assorbente e unirli ai finferli, mescolando. Nella
padellina della pancetta rosolare e far dorare la polenta che sarà stata tagliata
anch’essa a cubetti. Ai finferli aggiungere l’erba cipollina tagliuzzata, una
macinata di pepe, servire il tutto molto caldo, con la polenta.
Grazie
www.gruppomicologicotorinese.it
- www.funghitaliani.it www.appuntidimicologia.com - www.enciclopedino.it www.aforisticamente.com
- www.cerchiodellestreghe.it www.romagourmet.it
- orlando-kokoro.blogspot.it – samorini.it eu.wikipedia.org – www.biella.diariodelweb.it
- www.taccuinistorici.it
e i libri
Atlante dei funghi, Arnoldo Mondadori
Editore, 1975
Pellegrino Artusi, La scienza in cucina e l’arte di mangiare
bene, Einaudi Editore, 1970
G. Belloni, Il vero re dei cucinieri, Editrice
Lucchi, 1970
Rex Stout, Crimini e ricette – A tavola con Nero Wolfe
– BEAT, 2013
Anonimo, La cucina impudica, Derive Approdi 2001