Il 17 di febbraio – proprio come oggi - nell’antica Roma si concludeva una festività davvero particolare, introdotta da Numa Pompilio: i Fornacalia. Si trattava di una grande festa agricola in onore di Fornax, la dea delle fornaci, che presiedeva alla tostatura del farro, bruciato come offerta nei forni di panificazione per scongiurarne l'incendio durante l'anno. Per le celebrazioni si offriva la Mola Salsa, una specie di focaccia fatta con farina di farro e ricoperta con la Muries (un condimento di sale), che poteva essere preparata solo dalle vestali secondo un procedimento rigoroso. Con questo impasto si cospargevano gli animali destinati al sacrificio e, di qui, il termine “immolare”.
Il forno è da sempre
protagonista per la cottura dei cibi, mutando ed evolvendosi di pari passo con
l’evoluzione dell’alimentazione. Le prime forme antiche di forno risalgono ai
tempi degli Egizi che costruirono strutture a forma conica in mattoni di
argilla del Nilo in cui la parte superiore, dove si metteva il cibo, era
separata da quella inferiore dove si accendeva il fuoco. Poi fu la volta dei
greci che perfezionarono la tecnica degli egizi, sviluppando la volta a cupola
che divenne a camera unica. Quindi venne il tempo dei Romani e via via eccoci
ad oggi con il forno sempre in primo piano.
Dal pane o focaccia alle
verdure, alla pasta alla carne ai dolci: tutto in forno. Ma non sempre con
risultati eccellenti. Però niente paura, non esistono draghi invincibili. Basti pensare che anche Qualcuno che
conta, agli esordi del mondo, sbagliò intensità del fuoco e tempi di cottura.
“Quando il Creatore fece il mondo, era la prima volta
anche per Lui, perciò non tutto venne fuori bello e perfetto.
Dunque, dopo che Egli fece il cielo e la terra, creò pure
il sole per illuminare la terra e per regolare il giorno. Ma di notte non si
vedeva niente, così venne fatta la luna, per regolare la notte. Poi Dio pose la
luce grande e quella piccola nel firmamento del cielo per separare la luce
dalle tenebre.
In questo modo si vedeva molto meglio e la gente che usciva di notte dalle capanne non avrebbe preso delle dolorose capocciate contro le rocce e gli alberi. Allora Dio vide che cosa aveva fatto ed ecco, era una cosa molto buona. E venne la sera e poi la mattina del quinto giorno.
Ma poi Egli si accorse che non aveva ancora creato l'uomo e si diede da fare, perché era arrivato il sesto giorno e il settimo doveva riposarsi.
Allora fece un forno e ci mise dentro il calore del sole. E il forno scottava a toccarlo perché era molto caldo. Poi prese della terra dal suolo, la impastò e ci sputò sopra: in questo modo mise un poco di sé nell'uomo, perché voleva che venisse fuori a sua immagine e somiglianza.
Quindi lo mise a cuocere nel forno, ma lo lasciò troppo tempo perché si era messo a guardare tutto quello che aveva creato e l'uomo venne fuori bruciato: infatti era tutto nero.
Allora il Signore disse:
"Non mi è venuto fuori bene: è troppo cotto!".
Allora prese altra terra, dato che ce n'era in abbondanza. La impastò, ci sputò sopra e la rimise nel forno:
"Stavolta lo lascerò molto di meno, in modo che cuocia a puntino".
Ma, come detto, era la prima volta che cuoceva l'uomo e mancava l'esperienza, che in certe cose è tutto. Quanto tempo c'è voluto alle nostre donne per imparare a cuocere a puntino la focaccia di miglio?
Infatti, quando tirò fuori l'uomo, questo era ancora mezzo crudo e tutto bianco. Allora il Signore disse:
"Anche questo non mi è venuto fuori bene: è poco cotto e tutto pallido!".
La terza volta, il Creatore ci mise tutto l'impegno divino, lo modellò ben bene e con grande attenzione lo mise nel forno. E attese senza muoversi. Quando ritenne che il tempo giusto fosse trascorso, lo tirò fuori del forno, osservò soddisfatto il risultato ed esclamò: "Questo mi è venuto proprio bene. E' cotto al punto giusto e ha proprio un bel colore rossiccio. Questo è l'uomo perfetto!".
Infatti il Signore, dopo i due infelici tentativi dell'uomo nero e dell'uomo bianco, aveva creato l'Etiope, l'uomo rosso. E tutto contento se ne andò a riposare.
In questo modo si vedeva molto meglio e la gente che usciva di notte dalle capanne non avrebbe preso delle dolorose capocciate contro le rocce e gli alberi. Allora Dio vide che cosa aveva fatto ed ecco, era una cosa molto buona. E venne la sera e poi la mattina del quinto giorno.
Ma poi Egli si accorse che non aveva ancora creato l'uomo e si diede da fare, perché era arrivato il sesto giorno e il settimo doveva riposarsi.
Allora fece un forno e ci mise dentro il calore del sole. E il forno scottava a toccarlo perché era molto caldo. Poi prese della terra dal suolo, la impastò e ci sputò sopra: in questo modo mise un poco di sé nell'uomo, perché voleva che venisse fuori a sua immagine e somiglianza.
Quindi lo mise a cuocere nel forno, ma lo lasciò troppo tempo perché si era messo a guardare tutto quello che aveva creato e l'uomo venne fuori bruciato: infatti era tutto nero.
Allora il Signore disse:
"Non mi è venuto fuori bene: è troppo cotto!".
Allora prese altra terra, dato che ce n'era in abbondanza. La impastò, ci sputò sopra e la rimise nel forno:
"Stavolta lo lascerò molto di meno, in modo che cuocia a puntino".
Ma, come detto, era la prima volta che cuoceva l'uomo e mancava l'esperienza, che in certe cose è tutto. Quanto tempo c'è voluto alle nostre donne per imparare a cuocere a puntino la focaccia di miglio?
Infatti, quando tirò fuori l'uomo, questo era ancora mezzo crudo e tutto bianco. Allora il Signore disse:
"Anche questo non mi è venuto fuori bene: è poco cotto e tutto pallido!".
La terza volta, il Creatore ci mise tutto l'impegno divino, lo modellò ben bene e con grande attenzione lo mise nel forno. E attese senza muoversi. Quando ritenne che il tempo giusto fosse trascorso, lo tirò fuori del forno, osservò soddisfatto il risultato ed esclamò: "Questo mi è venuto proprio bene. E' cotto al punto giusto e ha proprio un bel colore rossiccio. Questo è l'uomo perfetto!".
Infatti il Signore, dopo i due infelici tentativi dell'uomo nero e dell'uomo bianco, aveva creato l'Etiope, l'uomo rosso. E tutto contento se ne andò a riposare.
Così nacquero le diverse razze umane.
Mito degli Amhara dell'Abissinia (Etiopia) da split.it
Mito degli Amhara dell'Abissinia (Etiopia) da split.it
Ci sono
regole precise e ferree per cuocere bene in forno. Oggi parliamo di dolci, che
necessitano di condizioni specifiche, come precisa un bel vademecum del Bar Le Ancore di Napoli,
situato strategicamente all’interno del porto per ricevere ogni giorno il meglio
della pasticceria siciliana che arriva per nave.
Decalogo
Regole-base
* il forno deve sempre
essere pre-riscaldato a una temperatura di circa 20°C
superiore a quella di servizio. Esempio: se la cottura prevista è 180°C,
si scalderà il forno a 200°C, quindi si infornerà e si abbasserà il termostato
a 180°C. Questo perché l’apertura della porta del forno stesso e il tempo di inserimento della teglia
causano un abbassamento brusco del calore.
*il forno non deve mai
essere aperto prima che sia trascorsa mezz’ora dal momento in cui è stata avviata la cottura.
*posizione – lo stampo di
forma alta si posiziona nella parte bassa del forno: a mezz’altezza, invece, saranno
collocate le tortiere “medie” e la lastra del forno quando vadano in cottura
biscotti e dolcetti.
* verifica della cottura:
trascorso il tempo indicato dalla ricetta (o, anche, qualche minuto prima),
infilare nella pasta uno stuzzicadenti: se uscirà pulito ed asciutto il dolce
sarà senz’altro cotto.
Pasta
lievitata
* calore - per una buona
lievitazione serve il caldo: utensili caldi, stanza senza correnti d’aria,
forno caldo.
* recipiente - la pasta
deve essere messa in un recipiente più grande del volume che dovrà raggiungere
e sarà coperta con un tovagliolo bagnato con acqua calda e ben strizzato per
impedire che la pasta stessa si asciughi. In alternativa si può posare sulla
massa una pellicola alimentare.
*lievitazione – sarà
perfetta quando la pasta avrà raddoppiato il volume iniziale.
Tempi e temperature di cottura per i dolci principali
Pasta frolla: 200°C -
25-30 minuti
Pasta sfoglia: 200°C –
15-25 minuti
Pan di Spagna: 150°C 21 –
25 minuti
Torta margherita: 180°C –
40-45 minuti
Pasta al bianco d’uovo:
180-200°C 15-20 minuti
Meringhe
all’italiana: 120-125°C – 30-35
minuti
Bigné: 200°C – 15 – 20
minuti
Panettone casalingo: 175°C
– 55-60 minuti
Biscotti con lievito:
140°C – 20-25 minti
Pane carré o cassetta:
190°C – 45-60 minuti
E se, nonostante tutta
l’attenzione il dolce è un flop…..
Possibili errori e conseguenze
* L’impasto non è
lievitato: forno troppo caldo; zucchero insufficiente, battitura eccessiva
*Strato colloso e pesante
sul fondo: insufficiente battitura dei tuorli d’uova, insufficiente mescolatura
* Superficie appiccicosa:
troppo zucchero, cottura insufficiente
* Torta poco lievitata:
bianchi d’uova battuti troppo o troppo poco; eccesso di battitura di tutto
l’impasto; tortiera troppo larga; forno troppo caldo
* Crosta screpolata: troppa
farina rispetto agli altri ingredienti; forno troppo caldo
* Crosta pesante e spessa:
troppa farina; cottura troppo prolungata; forno troppo caldo; grassi e zuccheri
insufficienti.
* impasto non lievitato:
forno troppo caldo, zucchero insufficiente
Questo dessert è delizioso
e ve lo propongo nell’antica ricetta romana. Ciò significa che dovrete
esercitare un po’ di fantasia e molta abilità perché le indicazioni sono…
essenziali.
1 kg di pere Kaiser o
Abate – 4 uova - 200 g farina
gialla – vino marsala – miele – pepe macinato – cumino -. olio q.b.
Cuocere le pere a fuoco basso, dopo averle
sbucciate, private dei semini e tagliate a quarti; schiacciarle bene con la
forchetta fino a ridurle a purea. Unire pepe macinato, cumino, miele e un filo
di olio. Aggiungere le uova battute e la farina gialla precedentemente
amalgamata al vino. Mescolare bene l’impasto e distenderlo in una teglia per
farne uno sformato. Cuocere in forno e
servire spolverizzato di pepe.
Annotazioni: le dosi sono
arbitrarie nel senso che le ha calcolate la blogger. Per la farina gialla, sarebbe
opportuno scegliere la varietà “fioretto” cioè il tipo a grana molto fine
speciale per dolci. La dose di Marsala (o passito) potrebbe essere di circa
50-70 ml, cioè un mezzo bicchiere abbondante. Le pere avranno una cottura di una ventina di minuti, a
fuoco basso e pentolino coperto. La forchetta può essere sostituita dal mixer.
La teglia da sformato sarà antiaderente o protetta da carta da forno.
Questa ricetta francese è
più precisa perché moderna. Senza esagerare…. infatti ingredienti e metodo di
cottura vengono da lontano nel tempo.
6 mele – 6 cucchiaini da
caffè di miele - 20 g di burro – 1
pizzico di noce moscata in polvere – 1 pizzico di cannella in polvere
Preriscaldare il
forno a 200°C. Lavare le mele e asciugarle
accuratamente. Scanalarle con l’apposito
attrezzo e togliere i semi e le piccole cartilagini dure. Metterle in una
teglia e versare in ognuna di essere u
cucchiaiiono di miele; disporre in cima una nocciola di burro e quindi
insaporire con la noce moscata e la cannella. Versare sul fondo della teglia 2
cucchiai da minestra di acqua e
mettere in forno abbassando poi il termostato a 180°. Cuocere a questa
temperatura per 35 minuti, irrorando spesso le mele con il loro sugo. Servirle
tiepide o fredde.
Si può aggiungere all’acqua
un mezzo bicchiere di vino aromatico e liquoroso tipo Passito o Moscato di
Pantelleria: con la cottura evaporerà l’alcol e si formerà un gradevolissimo e
profumato sciroppo.