* Le gourmand, Louis Léopold Boilly, 1822
Parigi, 27 gennaio 1939
“Dal
momento che ho una solida reputazione di golosa, molte lettrici mi immaginano
sempre seduta a tavola, incorniciata tra paté e bottiglie, come il “Gourmand”
di una celebre insegna. Troppo onore. E anche ritenermi un’ottima cuoca sarebbe
abbellire la verità, poiché sono capace solo di controllare l’esecuzione di un
piatto e dare allegri consigli di gastronomia illuminata.
In
cucina l’ispirazione non ha mai contato granché, e io resto fedele alla
tradizione. Un buon piatto è, prima di tutto, questione di misura e di
classicità. Poi vengono le spezie-colpo di cembali, l’alcol-grancassa, la
salsa-jazz! E poi la voracità, l’ingordigia e ogni altra intemperanza. Fatevi
da parte, diete! Il mio stomaco, mirabilmente in salute, è quello di una
borghese buongustaia e golosa.
Buongustai
si nasce. Il vero gourmet è colui che si delizia di una tartina col burro come
di un gambero arrostito, se il burro è delicato e il pane ben impastato. ….
In fatto di “piatti preferiti” io
preferisco… tutto ciò che è buono, tutto ciò che fa, dell’ora del pasto, una
piccola festa per la gola e per lo spirito.”…..
Colette, “Mi
piace essere golosa”*
Questo
articolo è stato scritto per il numero 100 del magazine francese “Marie-Claire”
Sidonie-Gabrielle Colette, nasce a Saint-Saveur-en-Puisaye,
in Borgogna, martedì 28 gennaio 1873, sotto il segno dell’Acquario e della
buona tavola, in una famiglia che l’ha molto amata e con una madre – Sidonie
Landoy, detta Sido - che l’ha cresciuta libera, intellettualmente libera e
anticonformista. Personalità
molto complessa, ha evidenziato la trasgressione come suo carattere distintivo,
sfidando convenzioni e restrizioni morali. Tanto che le furono negati i
funerali religiosi mentre la Francia laica le rese omaggio con esequie di
Stato.
Molti amori: tre mariti e varî amanti noti alle cronache mondane,
sia al maschile sia al femminile. Una figlia, Colette Renée de Jouvenel, detta
“Bel-Gazou”, nata dal secondo matrimonio della scrittrice con il barone Henry
de Jouvenel des Ursins, giornalista politico del quotidiano Le Matin. L’incontro avviene
proprio in redazione il giorno
in cui Colette vi si insedia, assunta dall'editore in persona. E’ il colpo di fulmine per
entrambi e terremoto per l’entourage.
Henry de Jouvenel, divorziato,
ha due figli: Bertrand, nato nel 1903 da Claire Boas, figlia di un ricco industriale ebreo, ottimamente introdotto negli ambienti che contano, "protettore" di Henry, e Renaud, 1907, avuto con
Isabelle de Comminges, soprannome “la Pantera”. Nell’apprendere della nuova relazione
di Henry, Isabelle, come in un feuilleton, insulta, insegue, minaccia di morte
Colette.
Malgrado tutto e tutti, la nuova coppia che sorprende Parigi,
accomunata anche dal giornalismo, vive con grande felicità il nuovo percorso
comune. Che, tuttavia, poco per volta si fa un po’ aspro, si avvia verso un
punto di non ritorno. Il barone, uomo di grande fascino, non si fa mancare le
avventure e lei, nella splendida cornice della Bretagna, si lascia tentare e
catturare dalla giovinezza del suo figliastro Bertrand.
Il rapporto sarà intenso e
lascerà un segno profondo. Da adulto, Bertrand de Jouvenel scriverà a Colette:
“Quando rifletto sulla mia vita, mi appare evidente che la tua tutela mi
ha, per sempre, evitato le avventure senza interesse e mi ha preparato a
incontrare degli esseri veramente vivi. Se io volessi fare il conto di tutto
ciò che ho sentito pienamente, si scoprirebbe che io non ho sentito appieno
altro che ciò che tu mi hai insegnato a sentire e gustato veramente solo ciò
che tu mi hai insegnato a amare”.
Però, all’epoca del fatto, questa relazione inattesa e anomala, che aveva scatenato le ire della madre del giovane Bertrand, Claire Boas, sancisce la fine, anche formale,
del secondo matrimonio della scrittrice.
Il terzo matrimonio di Colette avviene nel 1935 quando, dopo anni di convivenza, si
unisce a Maurice Goudeket, figlio di un olandese commerciante in diamanti e lui stesso commerciante in perle, gran signore
per portamento e ricchezze, che, durante una vacanza in Costa Azzurra, le viene
presentato da Marguerite Moreno, famosa attrice nonché amica e confidente. Un
uomo di 16 anni più giovane di lei, innamorato dei suoi libri, della sua personalità,
ancor prima d’incontrarla. Per Colette,
Maurice sarà finalmente il porto sicuro.
La loro “storia” salì (e rimase) agli onori delle cronache non solo per normali chiacchiere mondane, non solo perché vivevano insieme e Missy vestiva da uomo, non solo perché la Marchesa aveva regalato alla sua beneamata e protetta una bella casa in Bretagna. Non solo per tutto ciò. Il vero scandalo si consuma a teatro: nel 1907, a Parigi, al Moulin Rouge, durante la messa in scena della pantomima Rêve d’Egypte, nella quale recitano entrambe, Colette e Missy danno scandalo baciandosi appassionatamente sul palco, di fronte al grande pubblico. Risultato: dopo la seconda rappresentazione il prefetto di Parigi, Louis Lépine, vieta lo spettacolo.
Il rapporto
tra Colette e Missy si frantumerà con l'incantamento della scrittrice per il Barone de Jouvenel.
Ma chi è
Colette? Mente poliedrica,
creatività vulcanica, talento inesausto: scrittrice prolifica, attrice di music-hall
con esibizioni “senza veli”, giornalista, sceneggiatrice, critica
cinematografica e teatrale. E, per non farsi mancare proprio nulla, per breve
tempo anche proprietaria e animatrice di un Institut de Beauté, aperto nel 1932
in rue de Miromesnil, a ridosso del Faubourg St. Honoré, grazie al
finanziamento della Principessa di Polignac. Nel Salon, Colette tratta le
clienti in prima persona utilizzando cosmetici di propria formulazione: mela
cotogna e cetriolo per le creme, essenza di fiori bianchi – dal gelsomino alla
tuberosa alla gardenia – per i profumi.
Inizia a scrivere i libri che le avrebbero dato la fama,
sollecitata da Henry Gauthier-Villars, sposato quando lei aveva solo 20 anni.
E’ alla prima esperienza matrimoniale, è molto giovane e il marito, noto con lo
pseudonimo di Willy, quattordici anni e molti chili in più del dovuto, viveur e
iper-presente nelle cronache mondane e nei letti delle signore , diventa per lei
un pigmalione, ma egoista e vorace, e una guida ai piaceri del sesso. Scrittore,
editore, pubblicitario, giornalista di satira di costume e feroce critico
musicale, gestisce una sorta di “officina letteraria” dove una nutrita schiera
di schiavi (aspiranti letterati) scrive testi che egli avrebbe poi stampato con
il proprio nome. Colette non
sfugge a questa logica, seppure le sue prime collaborazioni giornalistiche
siano firmate con il doppio cognome “Colette Gauthier-Villars”. Lei aveva creato nella sua mente un
personaggio, una ragazzina, cui capitavano divertenti avventure che,
puntualmente, venivano raccontate al marito-editore. Ed è proprio
Willy a suggerirle di mettere le storie nero su bianco: così nasce “Claudine à l’école” (“Claudine a scuola”) il primo romanzo di
una serie fortunata.
Di fatto la gestazione è piuttosto lunga e complicata: a una prima lettura, il manoscritto è valutato negativamente da Willy e finsce in un cassetto per ben quattro anni fin quando, nel 1899, è recuperato da Willy stesso che, in quel momento, ne intuisce le potenzialità. Con un avvertimento: deve essere reso un po’ più intrigante, piccante. E ciò avviene. Non si è mai saputo, però, quanto incisivo sia stato realmente l’intervento di Willy e quanto quello di Colette. Fatto sta che il libro vede le stampe e diventa uno dei maggiori best-seller francesi di tutti i tempi, unitamente a quelli che seguono, formando una collana. Dopo Claudine à l’école, ecco Claudine à Paris, Claudine amoureuse, Claudine en ménage, Claudine s’en va.
Di fatto la gestazione è piuttosto lunga e complicata: a una prima lettura, il manoscritto è valutato negativamente da Willy e finsce in un cassetto per ben quattro anni fin quando, nel 1899, è recuperato da Willy stesso che, in quel momento, ne intuisce le potenzialità. Con un avvertimento: deve essere reso un po’ più intrigante, piccante. E ciò avviene. Non si è mai saputo, però, quanto incisivo sia stato realmente l’intervento di Willy e quanto quello di Colette. Fatto sta che il libro vede le stampe e diventa uno dei maggiori best-seller francesi di tutti i tempi, unitamente a quelli che seguono, formando una collana. Dopo Claudine à l’école, ecco Claudine à Paris, Claudine amoureuse, Claudine en ménage, Claudine s’en va.
Claudine – definita la prima teen-ager del secolo - diventa
il modello da imitare: capelli alla Claudine, grembiuli alla Claudine, cravatte
alla Claudine…
Ma, per quanto
riguarda questi romanzi, c’è un’anomalìa occulta eppure vistosa per l’autrice:
portano tutti solo la firma di Willy. In cambio del successo del primo libro,
il marito regala a Colette una tenuta a Besançon, molto amata dalla scrittrice
ma che Willy si sarebbe ripreso, vendendola, unitamente ai diritti delle
quattro Claudine. E a quel punto si scatena grande battaglia legale che coinvolge
varî editori e che si conclude con l’aggiunta del nome Colette accanto a quello
di Willy. Giustizia, seppure parziale, è fatta.
La scrittrice, allontanandosi sempre più dal marito e
separandosene, avrebbe dovuto attendere fino al 1905 per liberarsi
completamente dal “giogo”. Willy, quel Willy del quale era perdutamente
innamorata, l’aveva sempre tradita e continuava a tradirla, l’aveva sfruttata
intellettualmente senza batter ciglio, l’aveva colpita al cuore.
Corrèze - Castel Novel, proprietà del Barone Henry de Jouvenel dove nasce Bel-Gazou
I territori della sua
vita: la Borgogna dov’era nata; la Bretagna, in particolare Rozven, a
ridosso di Saint Malo, nel maniero che
Missy aveva acquistato per lei; Corrèze, in Aquitania, nel sud-ovest
della Francia, dove nel castello “Medio Evo- Secondo Impero” della famiglia de
Jouvenel, la “baronessa Colette de Jouvenel” mette al mondo la figlia
“Bel-Gazou”; la Provenza che fa dire a Colette “Che paese, non ne voglio più un
altro…”. Forse sente anche il richiamo delle radici perché il padre,
intellettuale, amante dell’algebra e della matematica, era originario di
Tolone. Colette e Maurice Goudeket si insediano a Saint Tropez, allora piccolo
villaggio di pescatori dove comperano una nuova casa.
Lei si chiede: sarà l’ultima della mia vita? Non sarà così. Perché l’ultima sarà a Parigi, Palais-Royal, al 9 di rue de Beaujolais, dapprima nell’ ammezzato piuttosto buio e freddo, stretto tra il primo piano nobile e una boutique. Il freddo, soprattutto, la costringe sovente a trasferirsi in albergo. Alla fine del 1930 va a occupare una suite al Claridge, ultimo piano. Il suo sogno, quello del primo piano del Palais-Royal, si realizza nel 1935. In questa casa le faranno visita personaggi di grande fama.
Paul Signac - Saint Tropez - Musée de l'Annonciade
Lei si chiede: sarà l’ultima della mia vita? Non sarà così. Perché l’ultima sarà a Parigi, Palais-Royal, al 9 di rue de Beaujolais, dapprima nell’ ammezzato piuttosto buio e freddo, stretto tra il primo piano nobile e una boutique. Il freddo, soprattutto, la costringe sovente a trasferirsi in albergo. Alla fine del 1930 va a occupare una suite al Claridge, ultimo piano. Il suo sogno, quello del primo piano del Palais-Royal, si realizza nel 1935. In questa casa le faranno visita personaggi di grande fama.
I suoi vezzi: Carta dapprima color crema e poi color lavanda per scrivere a mano, che acquista in rue Du Four. Un’ importante collezione di “press
papier “, chiamati più comunemente “sulfures”, quasi sempre in cristallo di
Baccarat. Raccontano le cronache che, grazie all'intercessione di Jean Cocteau, un giovane e non ancora famoso Truman Capote si reca a trovarla e rimane folgorato da quelle palle di cristallo che erano nate per tener fresche le mani delle signore durante la calura estiva. Allora Colette gliene offre una, molto rara, "la Rosa bianca". Capote non osa accettare e la scrittrice gli fa notare che non significa nulla regalare qualcosa alla quale non si tiene molto e personalmente....
I peccati di gola. L’amatissima mamma Sido l’aveva abituata ai sapori semplici e forti, come spesso si trovano in campagna. E lei, questi sapori, ha continuato a cercarli per tutta la vita, ovunque s’insediasse. Sempre accompagnandoli con ottimo vino. Che assaggiava fin da bambina. Aveva un debole per lo champagne, rigorosamente Pommery, si faceva consegnare il vino quotidiano da un fornitore di Bercy. Quanto al cioccolato, ai cioccolatini, i prediletti portavano le insegne della Marquise de Sévigné ma erano graditi anche quelli di Boissier. E però, soprattutto a Parigi, a ridosso del suo appartamento al Palais-Royal, c’era il top del top dei ristoranti, cioè il Grand Vefour dello chef Raymond Oliver.
Colette lì aveva un suo tavolo e Oliver le era amico, tanto da portarle a casa – proprio lui in persona – i piatti più raffinati come la “Lièvre à la royale” o il “ Coulibiac al salmone”.
Amava il burro e l’aglio, insieme, strofinati su una fetta
di rustico pane fresco con leggera spolverata finale di sale grosso. Adorava il
“coulibiac al salmone”, il cassoulet, la blanquette à l’ancienne….
E così racconta il suo pranzo di nozze con Maurice Goudeket:
“ In quel giorno di primavera dalla temperatura invernale il menu del pranzo
nuziale non è venuto meno alle promesse. Consisteva in zampetti di maiale cotti
in pentola, che si scioglievano in bocca, rivestiti del loro lardo rosato e
della loro cotenna, messi in un brodo che profumava di sedano, di noce moscata,
di rafano e di tutte le salutari verdure che sono le serve aromatiche della
carne padrona”.
Le Ricette
“Se non siete capaci di un poco di stregoneria, non è il caso che v’impicciate
di cucina….”
Da Prison et Paradis, 1932
Il caffelatte della portiera**
“Prendete
una terrina - quella piccola da portata per le zuppe gratinate, o una grossa
scodella in terracotta – versatevi il caffelatte, zuccherato e dosato a vostro
piacimento. Preparate delle belle fette di pane –pane casareccio perché il pane in
cassetta non è adatto – imburratele abbondantemente e adagiatele sul
caffelatte che non deve, però, sommergerle. Non vi resta che mettere tutto nel
forno, da cui tirerete fuori la vostra colazione solo quando sarà dorata,
imbrunita, croccante e scoppiettante qui e lì in grosse bolle untuose.
Prima di affondare la vostra
zattera di pane abbrustolito, gettatevi sopra un velo di sale. Il sale esalta
lo zucchero, lo zucchero salato appena, ecco un altro grande principio ignorato
in molti dessert e dalla pasticceria parigina, che rende tutto piatto
dimenticando un pizzico di sale.”
Soupe à
l’oignon en croûte de fromage
Zuppa di cipolle in crosta di
formaggio
Per 8 persone
Cipolle 600 g – 2
baguettes all’antica – 8 uova bio
30 g di Gruyère o di
Comté grattugiato – 50 g farina – 100 g burro – 5 cl olio oliva
2 litri brodo di
pollame – 16 cl di Madera- sale e pepe
Sbucciare e affettare finemente
le cipolle. In una “cocotte” sciogliere insieme un po’ di burro e di olio e far
dorare le cipolle, senza farle scurire e lasciandole disfare.
Unire la farina a fuoco dolce
per realizzare un “roux” biondo e su questo roux versare il brodo preparato la
sera prima e sgrassato. Salare e pepare. Mantenendo il fuoco dolce, lasciar
sobbollire per un’ora.
Tagliare la baguette a rondelle
e farle rinvenire in una padella con il burro restante e un filo d’olio. Porre
i crostini dorati su carta assorbente.
A cottura avvenuta, separare il
brodo dalle cipolle, utilizzando un colino.
Preriscaldare il forno a
200°C.
Sul fondo di una zuppiera in
coccio, disporre uno strato di cipolle quindi uno di pane e continuare ad
alternare fino a tre quarti del recipiente. Coprire il tutto con il brodo e
distribuire sulla superficie il formaggio grattugiato. Infornare per 20 minuti
fino ad ottenere una bella gratinatura.
Nei singoli piatti di servizio
rompere un uovo, aggiungervi 2 cl di Madera e battere leggermente con una
forchetta.
Quando la zuppa è pronta, ben
gratinata, rompere la crosta di formaggio, versarla bollente nei piatti in modo
che l’uovo cuocia all’istante e il Madera accentui il gusto della cipolla. Suddividere infine il gratin di formaggio e terminare con del pepe grattato al
momento.
Servire la zuppa ben calda.
Colette amava molto cucinare questa zuppa, così com’era stata descritta
da Justin Godard, membro dell’Accademia dei gastronomi, in un articolo comparso
nell’Almanacco del Beaujolais, pubblicato da Jean Guillermet.
Oeufs mollet
au vin rouge
Uova barzotte al vino rosso
8 uova bio – ½
baguette à l’ancienne – 10 g farina
1 bottiglia di vino
rosso di Borgogna - 25 g di fondo di vitello legato* - 80 g burro
5 cl olio d’oliva – 2
scalogni – 4 spicchi di aglio
1 stelo di
prezzemolo 1 foglia d’alloro – 1
rametto di salvia – 1 stelo di timo –
1 zolletta di
zucchero - 3 g di pepe schiacciato
– sale
Sbucciare e affettare finemente
gli scalogni. Sbucciare gli spicchi d’aglio, togliere il germoglio e
schiacciarli. Lavorare la farina con 10 grammi di burro fino ad ottenere una
pasta liscia. Far ridurre di due terzi il vino rosso con gli scalogni, l’aglio,
il pepe, l’alloro e il timo. Legare con il burro lavorato. Unire il fondo di
vitello e lo zucchero. Mantenere in temperatura a fuoco molto dolce.
Tagliare delle rondelle di
baguette, farle rinvenire nella padella in 30 g di burro e un filo d’olio. Mettere i crostini su carta assorbente
per eliminare il grasso in eccesso.
Far bollire dell’acqua per
cuocervi le uova per 6 minuti. Scolarle. Nel frattempo passare la salsa al
colino cinese e, su fuoco vivace, montarla con il burro restante. Regolare di
sale.
In un piatto di portata disporre
i crostini, appoggiarvi sopra le uova, napparle con la salsa e cospargere con
prezzemolo tritato finemente.
Boeuf en
bourguignon
Manzo in umido
Per 8 persone
Per 8 persone
1,6 kg di manzo, muscolo o
controgirello – 250 g di pancetta di maiale affumicata
150 g di carote – 300 g di champignons di Parigi – 150 g cipolle – 250 g cipolline – 4 spicchi d’aglio 50 g farina – 1 bottiglia di vino rosso di Borgogna – 75 cl di fondo di vitello
50 g di burr - 5 cl d’olio d’oliva – 1 mazzetto di odori (bouquet garni)
2 steli di prezzemolo
20 g di zucchero in polvere – Pepe e sale
150 g di carote – 300 g di champignons di Parigi – 150 g cipolle – 250 g cipolline – 4 spicchi d’aglio 50 g farina – 1 bottiglia di vino rosso di Borgogna – 75 cl di fondo di vitello
50 g di burr - 5 cl d’olio d’oliva – 1 mazzetto di odori (bouquet garni)
2 steli di prezzemolo
20 g di zucchero in polvere – Pepe e sale
Tagliare la carne in pezzi di 50
g ciascuno e la pancetta a strisce. Spelare le carote, sbucciare le cipolle e
tagliare a dadi piuttosto grossi. Pelare gli spicchi d’aglio, togliere
eventuali germogli, schiacciarli con un piatto o un coltello.
In una cocotte scaldare l’olio e
farvi rivenire la pancetta, senza farla asciugare. Toglierla con una
schiumarola e porla su carta assorbente. Nella stessa cocotte far rinvenire i bocconi, girandoli per
ottenere una bella doratura.
Preriscaldare il forno a 190°C.
Aggiungere alla carne le carote, le cipolle e mescolare. Sgrassare posando un
coperchio sulla cocotte e inclinandola per far colare l’eccesso d’olio.
Cospargere di farina, mescolare
e passare la cocotte al forno per 5 minuti. Togliere dal forno, bagnare con il
vino rosso, portare a ebollizione e aggiungere il fondo di vitello, l’aglio e
il mazzetto di aromi. Salare. Rimettere al forno per due ore.
Sbucciare le cipolline e
disporle in una casseruola larga, dove non si sovrappongano. Aggiungere lo
zucchero in polvere, una noce di burro e coprire d’acqua. Coprire bene con
carta da forno e cuocere a fuoco dolce fino a completa evaporazione dell’acqua,
poi caramellare le cipolline. Mettere da parte.
Tagliare i funghi per il lungo,
a listarelle, e farli saltare nel burro a fuoco vivace. Sgocciolarli e
mescolarli con le cipolle e la pancetta.
A fine cottura, togliere gli
aromi e passare la salsa al colino cinese.
In un tegame che possa andare in
tavola, aggiustare la carne con salsa e legumi e, su fuoco dolce, riscaldare
bene per una decina di minuti, quindi spolverare con prezzemolo tritato
finemente. Servire ben caldo.
Gratin de
poisson
Dopo una pesca a Crotoy con Missy
2 platesse, 2 limande,
2 passere – 200 g gamberetti grigi
250 g champignons di
Parigi – 1 cipolla – 1 carota – ½ limone
40 g farina – 60 g
burro – 150 g gruyère grattugiato
½ bottiglia Muscadet –
1 mazzetto di aromi (bouquet garni) – sale e pepe
Sfilettare o far sfilettare i
pesci dal pescivendo, conservando però teste e lische. Immergere i gamberetti
in acqua salata bollente per due minuti, scolarli, decorticarli e metterli da
parte, anche in questo caso conservando le piccole carcasse.
Preparare un fumetto di pesce.
Lavare e tagliare a dadini la cipolla e la carota; farle insaporire in 20 g di
burro poi aggiungere le lische, le teste dei pesci e le carcasse dei
gamberetti; bagnare con un litro d’acqua e il vino bianco. Aggiungere il
bouquet garni e il mezzo limone. Far cuocere per 30 minuti.
Nel frattempo, tagliare i funghi
a bastoncino e metterli da parte. Preparare un roux con 40 g di burro e 40 g di
farina.
A cottura terminata, passare il
fumetto al setaccio e realizzare una vellutata aggiungendo al roux freddo, poco
per volta, 75 cl di fumetto ancora bollente, mescolando accuratamente per
evitare la formazione di grumi. Aggiustare di sale e pepe, aggiungere gli
champignons, lasciate sobbollire (fremere appena) per 5 minuti.
Preriscaldare il forno a190°C.
Aggiustare i filetti di pesce in
una teglia da gratin, ricoprirli con i gamberetti e napparli con la vellutata
di pesce. Cospargere di gruyère grattugiato e infornare per 15 minuti.
Servire con patate cotte al
vapore o riso pilaf.
Coulibiac de
saumon “Colette”***
Coulibiac di salmone “Colette”
800 g di salmone bio
di Scozia o d’Irlanda – 1 coda di astice bretone, decorticata 100 g di riso – 2
uova sode – 300 g di pasta per brioche
- 50 g di burro
150 g di salsa Mornay – 15 cl di fumetto
di pesce – ½ mazzetto di erba cipollina 1 bouquet garni – Sale e pepe
Ricavare dal salmone crudo 6
fette sottili, badando che siano di misura identica, e farcirle. La farcia deve
essere composta da una dadolata di astice
legata con una salsa Mornay cui sarà stata aggiunta dell’erba cipollina
fresca, tritata molto fine. Formare degli involtini, ripiegandoli bene, e farli
imbiondire nel burro in un tegame. Mettere da parte.
Preparare un riso pilaf e
bagnarlo con il fumetto di pesce. Serve poco riso: circa un cucchiaio da
dessert per persona. Aggiungere il bouquet garni e cuocere al forno.
Far raffreddare gli involtini; incorporare
il burro di cottura al riso, aggiungere le uova sbriciolate.
Preparare una sfoglia di normale
pasta da brioche e rivestire uno stampo o, ancor meglio, un tegame di grandezza
adeguata al numero dei convitati previsti. Imburrare, rivestire con carta da
forno imburrata e ricoprire abbondantemente con noccioli di frutta o fagioli
secchi. Cuocere in forno a temperatura media.
Lasciar riposare poi togliere la
pasta dallo stampo per verificarne la cottura. In caso di necessità, rimetterla
su una piastra e farla dorare. Si avrà cura di lasciare alla pasta dei bordi
sull’esterno. Imburrare con gli involtini disposti a rosone. Guarnire con del
riso e, sopra colare del burro fuso allungato con un poco di fumetto di pesce
per conferire morbidezza all’insieme.
Ricoprire con un coperchio di
pasta da brioche e “saldarlo” alla base. Decorare con la punta di un coltello e
mettere al centro della preparazione un “camino” di carta (arrotolato con
l’aiuto di una matita), infornare a temperatura media e lasciare fin quando il
coperchio non sia cotto.
Sformare il coulibiac o servirlo nel tegame di cottura.
Per accompagnare, una salsa “raifort” o una salsa al burro e succo di
limone.
Flognarde
4 mele - 4 uova – 150
g farina – 75 di zucchero semolato
15 cl di latte intero – 1 pizzico di
cannella – 1 pizzico di sale
Mescolare farina, zucchero,
uova, sale, latte e cannella. Tappezzare il fondo di una tortiera rotonda, ben
imburrata, con fettine sottili di mela, posate anch’esse in tondo. Versare sul
tutto l’impasto preparato e informare a 200°C per 20 minuti. Una volta sfornato
attendere che si intiepidisca e rigirare su un piatto piano. Spolverare con
zucchero a velo.
Note
* Questo vero e proprio dipinto era l'insegna di un raffinato negozio di "épicerie fine" (spezie e coloniali) che la famiglia Corcellet aveva aperto nel 1787, a Parigi, piazza del Palais-Royal.
** La ricetta del Caffelatte, accennata in “Chéri”, è raccontata nel numero 100 di "Marie Claire”.
** *Coulibiac di Salmone "Colette": è la ricetta originale dello Chef Raymond Oliver, patron del “Grand Véfour”, dedicata alla scrittrice. È stata tratta, come tutte le altre ricette, dal volume “Les Carnets de cuisine de Colette”.
* Questo vero e proprio dipinto era l'insegna di un raffinato negozio di "épicerie fine" (spezie e coloniali) che la famiglia Corcellet aveva aperto nel 1787, a Parigi, piazza del Palais-Royal.
** La ricetta del Caffelatte, accennata in “Chéri”, è raccontata nel numero 100 di "Marie Claire”.
** *Coulibiac di Salmone "Colette": è la ricetta originale dello Chef Raymond Oliver, patron del “Grand Véfour”, dedicata alla scrittrice. È stata tratta, come tutte le altre ricette, dal volume “Les Carnets de cuisine de Colette”.
Un ringraziamento speciale agli
autori e agli editori dei libri, importanti, che hanno costituito una base
determinante per questo post.
“Colette – Mi piace essere golosa”
traduzione di Angelo Molica Franco. Edizioni Voland, Roma –
*
“Le Carnets de cuisine de “
Colette
80 recette d’une gourmande
textes de Muriel Lacroix et Pascal Pringarbe
Photographies de Philippe Asset
Editions du Chene – Hachette Livre, 2015
www.editionduchene.fr
*
"La scrittrice cucinava qui"
Stefania Aphel Barzini
Edizione "Libreria degli scrittori"
*
"Una vita di Colette - I segreti della carne"
Judith Thurman
Le Comete- Feltrinelli Editore
www.feltrinelli.it
*
*
"La scrittrice cucinava qui"
Stefania Aphel Barzini
Edizione "Libreria degli scrittori"
*
"Una vita di Colette - I segreti della carne"
Judith Thurman
Le Comete- Feltrinelli Editore
www.feltrinelli.it
*