Quest’opera d’arte porta
la firma di Peter Carl Gustavovich Fabergé, orafo.
Nato a San Pietroburgo il
30 maggio 1846, a soli 24 anni Carl inizia la sua avventura di gioielliere lavorando nel negozio paterno di via
Moskaja, forte di una formazione artistica e tecnica di alto livello, maturata
anche all’estero. Il cognome
richiama le origini francesi degli antentati, ugonotti, probabilmente fuggiti
dalla Francia nel XVII secolo, per sottrarsi alle persecuzioni religiose in
atto nei confronti dei protestanti calvinisti. Il padre era invece nato in
Livonia (ora Estonia) mentre la madre era danese.
Carl era geniale e
ambizioso. Si fece notare e trovò la sua grande occasione quando lo Zar gli
commissionò l’uovo-gioiello che avrebbe entusiasmato la sua sposa venuta dalla
Danimarca. Un entusiasmo che indusse
lo zar a nominarlo gioielliere di corte con il compito, anche, di creare ogni
anno un nuovo uovo, lasciando libero sfogo alla creatività. E senza limiti di
spesa. Un solo vincolo: nessun uovo doveva essere uguale ad alcuno dei
precedenti e ogni uovo doveva contenere una sorpresa.
E Fabergé li creò, di anno
in anno, sempre magnifici, sempre più oggetto del desiderio di imperatori, di
re e di regine, insomma delle più importanti Corti d’Europa. E creò anche,
senza sosta, oggetti per doni e ricorrenze imperiali, reali e dell’alta
nobiltà, ovviamente d’oro, d’argento, di pietre preziose. La sua Maison diventò essa
stessa un impero e arrivò ad avere circa cinquecento lavoranti.
L’incarico di Alessandro
III fu confermato dai suoi successori e durò fino alla Rivoluzione di febbraio
quando cadde la monarchia zarista. Poco più di tre anni dopo, il 24 settembre
1920, Carl Fabergé moriva a Losanna.
In totale, fra il 1885 e
il 1917 furono realizzate 57 uova di Pasqua. Di queste 52 fanno parte della
collezione imperiale: alcune sono approdate a musei, collezioni private,
fondazioni di tutto il mondo,
altre sono disperse.
Il 19 aprile del 2002 la
Casa d’Aste Christie’s di New York ha battuto all’asta il famosissimo “Uovo
d’inverno”, assegnandolo a un misterioso Cliente (“C” maiuscola!) per qualcosa
come 9,6 milioni di dollari.
Secondo alcune fonti, l’Uovo d’inverno farebbe ora parte di una
collezione privata nel Qatar.
E il magnate russo Viktor Vekselberg nel 2004 acquistò nove uova precedentemente possedute dall’editore americano Forbes, riportandole così in patria.
E il magnate russo Viktor Vekselberg nel 2004 acquistò nove uova precedentemente possedute dall’editore americano Forbes, riportandole così in patria.
Lo scambio di uova
decorate è, però, ancora più antica. Nel 1176 quando Luigi VII rientrò a Parigi
alla conclusione della II crociata, il Priore dell’Abbazia di Saint-Germain-des-Près per festeggiarlo
gli donò metà dei prodotti delle sue terre, incluse uova in grande quantità. Dipinte e colorate queste uova
furono distribuite al popolo. Nasceva in quel momento una tradizione destinata
a durare nel tempo. Nel
Medioevo si videro le prime uova artificiali rivestite di materiali preziosi
destinati agli aristocratici e ai nobili. Le cronache riportano, ad
esempio, che Edoardo I
d’Inghilterra, aveva commissionato 450 uova ricoperte d’oro da donare in occasione della Pasqua.
L’Uovo di cioccolato
Ebbene sì, anche l’uovo di
cioccolato ha una sua storia, seppure la data della sua nascita sia incerta.
Secondo alcuni il primo a far realizzare le uova di cioccolato fu Luigi XIV,
secondo altri la sua realizzazione viene dalle Americhe, là dove nasce la pianta
del cacao. Una cosa è certa: la Svizzera, con Rodolphe Lindt e François Louis
Cailler, ha avuto, a cavallo tra ‘700 e ‘800, un ruolo di prima grandezza nello
sviluppo dei procedimenti che porteranno alla possibilità di “manipolare” la
pasta di cacao trasformandola in “forme”.
Ma fu l’olandese Coenraad van Houte, nel 1825, a inventare il
procedimento per produrre l’uovo di Pasqua così com’è ancora oggi mentre la sua
diffusione si deve al pasticciere inglese John Cadbury, a partire dal 1875.
Una curiosità: l’uovo di
Pasqua dei primati sarebbe stato realizzato in Gran Bretagna nel 1897 da un
pasticciere londinese per il matrimonio di un giovane Stuart:
9 metri di altezza, 18 di larghezza, conteneva centinaia di
bomboniere destinate agli
invitati.
Tutti i colori dell’uovo
Da sempre quella
meraviglia della natura chiamata uovo è simbolo della vita. E proprio da un
uovo sarebbe nato il mondo secondo antichi popoli della terra. Per questo,
donare un uovo significava e significa tuttora augurare fortuna. Ma i doni, si
sa, devono essere ben presentati, abbelliti, rivestiti. E, inizialmente, per
questo scopo era usato il colore:
rosso in Grecia e, più generalmente, nell’area a forte presenza di
cristiani-ortodossi; verde in Germania e Austria; motivi geometrici di vari
colori nell’Europa orientale. In Armenia, invece del colore, erano dipinte
immagini del volto del Cristo, della Madonna o di scene della Passione.
Non c’è da sorprendersi se
l’uovo è stato grande protagonista nell’arte, seppure poco rappresentato quale
simbolo di resurrezione: resta, però, la magnifica tempera su tavola dipinta da
Piero della Francesca nel 1472 e conservata a Milano nella Pinacoteca di Brera.
Com'è evidente, dal centro della cupola scende un filo che termina con un uovo... Difficile l'interpretazione. Non a caso, su questo dipinto sono stati scritti libri, articoli, saggi, con chiave di
lettura simbolico-religiosa, simbolico-spirituale, filosofica, architettonica,
metafisica…
E, a proposito di metafisica, è d’obbligo richiamare Salvador Dalì. Ricordando la sua vita segreta all’interno dell’utero materno, scrive: “Già a quel tempo tutto il piacere, tutto l’incanto, risiedeva, per me, nei miei occhi; e la visione più splendida, più impressionante era quella di un paio di uova fritte in padella, senza la padella però; ... (omissis)… “Le uova fritte in padella, senza la padella, che vedevo prima di nascere erano grandiose, fosforescenti e molto dettagliate nelle piegature dei loro albumi lievemente azzurri…..”. (Salvador Dalí, La mia vita segreta (1942), Abscondita, Milano, 2006)
E’ l’ora della tavola. Finalmente.
Altamente proteico, ricco
di vitamine e sali minerali, povero di grassi,,, digeribile, gradevolissimo al
palato, versatile per l’ utilizzo. Ecco l’identikit dell’uovo, in particolare
dell’uovo di gallina, presente in tutte le cucine del mondo. Che però deve
essere freschissimo. E, possibilmente, “bio”.
In cifre: 100 g di uovo
“valgono” 133 calorie, 12. 4 g di proteine, 0,5 di carboidrati., 8, 7 g di
grassi , 35 vitamine, 11 sali minerali indispensabili.
Le cotture
Punto assai delicato,
soprattutto per quanto riguarda le uova sode. I consigli di cottura, che si trovano anche in accreditate
riviste di cucina, sostengono che l’uovo, messo in acqua fredda, deve cuocere
dai cinque ai dieci minuti (!) da
quando si alza il bollore. Chi si
occupa di biochimica rabbrividisce a queste indicazioni perché il prolungarsi
dell’ebollizione altera le proprietà nutritive dell’uovo stesso, trasformandone
le virtù in danno per la salute.
Se si fa bollire a lungo
un uovo, quando questo viene sgusciato rilascerà un odore di zolfo, poco
gradevole, accompagnato da una colorazione verde della parte di albume vicina
al tuorlo. Il cattivo odore,
caratteristico dell’anidride solforosa, è dovuto al fatto che lo zolfo e il ferro
contenuti nelle uova, portati alla temperatura di 100°C, si combinano
chimicamente in solfuro di ferro, sostanza tossica. Non c’è da sorprendersi se
i medici sconsigliano le uova sode ai malati di fegato…. Invece c’è il sistema
per mantenere all’uovo le caratteristiche salutari. Certo, come tutto in
cucina, serve un po’ di pazienza.
Ecco la cottura ideale che
vi consentirà di servire uova dall’albume bianchissimo, il tuorlo sodo ma
morbido, di sapore “soave”, e profumo di buono…
Uovo
sodo
Mettere in una casseruola le uova necessarie coprendole molto bene con acqua (calcolare due bicchieri per ogni uovo). Porre sul fuoco a fiamma dolce e portare lentamente a ebollizione. Nel momento in cui si alza il bollore, spegnere la fiamma e coprire la casseruola. Lasciare raffreddare. Quando l’acqua sarà tornata a temperatura ambiente, le uova saranno perfette.
Mettere in una casseruola le uova necessarie coprendole molto bene con acqua (calcolare due bicchieri per ogni uovo). Porre sul fuoco a fiamma dolce e portare lentamente a ebollizione. Nel momento in cui si alza il bollore, spegnere la fiamma e coprire la casseruola. Lasciare raffreddare. Quando l’acqua sarà tornata a temperatura ambiente, le uova saranno perfette.
Uovo in
camicia
Un altro metodo di cottura che consente di assaporare il vero gusto dell’uovo è quello “in camicia” detto anche “affogato”.
Un altro metodo di cottura che consente di assaporare il vero gusto dell’uovo è quello “in camicia” detto anche “affogato”.
In una casseruola
piuttosto larga e alta mettere abbondante acqua e portare a ebollizione;
versare un cucchiaio di aceto (per ogni litro d’acqua) e, alla ripresa del
bollore, agitare l’acqua in tondo per creare una sorta di piccolo vortice; far
scivolare al centro di questo mulinello l’uovo intero che, per comodità, sarà
stato sgusciato in una tazzina o, ancor meglio, in un piattino leggermente
concavo. Con un cucchiaio lavorare in modo da avvolgere il tuorlo nell’albume
che va rassodandosi.
Esistono anche dei piccoli “attrezzi” appositi per facilitare l’operazione, che comunque richiede una certa manualità. L’importante è provare e riprovare senza scoraggiarsi. Ne vale la pena.
Esistono anche dei piccoli “attrezzi” appositi per facilitare l’operazione, che comunque richiede una certa manualità. L’importante è provare e riprovare senza scoraggiarsi. Ne vale la pena.
Ricette in libertà
Ciò detto, sarebbe il
momento di esibire le nostre ricette speciali. E però la sfida è impossibile,
persa in partenza. Basti pensare che in un Compendio di cucina, destinato ai professionisti della ristorazione e pubblicato in Francia nel 1948, sono elencati e descritti circa
300 modi di cucinare le uova, salse a parte… Nel terzo millennio – il millennio che ha celebrato i cuochi
come le nuove stars - creatività e
fantasia hanno avuto libero sfogo, aumentando esponenzialmente le proposte.
“L’uovo è un jolly gastronomico senza
immaginazione. Alcune uova si cucinano miserevolmente e si mangiano
miserevolmente: bollite e basta. Certe uova fritte ammettono il collage
sostanzioso di una cucchiaiata di caviale iraniano al posto del sale. ….”
(“Ricette Immorali”, Manuel Vásquez Montalbán).
4 uova - 4 piccole brioche rotonde – 30 g di
gruyère grattugiato
panna
fresca liquida –sale e pepe
Preriscaldare il forno a
210°C. Tagliare in orizzontale la parte alta e tonda della brioche e quindi
svuotarla delicatamente. Sul fondo mettere un buon cucchiaino di panna e subito
sopra l’uovo sgusciato. Salare (ma non il rosso!) e pepare. Spolverare con il gruyère e rimettere il cappello. Infornare per circa 10
minuti: l'uovo deve avere il bianco rappreso e il rosso ancora molto
morbido.
Nota:
nel caso non si trovassero le brioches (quelle vere…ma senza zucchero sopra) si
può ovviare con panini al latte. La preparazione di base può essere arricchita
secondo la propria fantasia. Si può aggiungere del prosciutto cotto a dadini, o
della pancetta affumicata, oppure dei funghi champignon fatti saltare in
padella con burro e cipollotto affettato fine. Ancora: qualche punta d’asparago
appena scottata in acqua bollente salata e…. a voi la scelta.
Minestra maritata del buon tempo andato
burro qb – dado per brodo vegetale – noce moscata - pepe nero - sale
Togliere le uova dal
frigorifero e sgusciarle in una marmitta. Coprire con pellicola. Lavare le
bietole, tamponarle con un canovaccio e tritarle finemente. Sbucciare le patate e tagliarle a
cubetti. In una pentola far
sciogliere il burro (non deve scurire), unire le erbette e le patate, lasciando
insaporire per qualche minuto. Aggiungere acqua bollente (valutate quanta a
seconda di quanta minestra volete…)
e il dado (o i dadi nel caso uno non bastasse.) Lasciar bollire
vivacemente per una decina di minuti quindi gettare il riso e mescolare con cucchiaino di legno. In
fase di cottura, recuperate con il mestolo forato dei cubetti di patata e
schiacciateli. Assaggiate e regolate il sapore con aggiunta di sale o secondo
dado. Intanto unite il
parmigiano alle uova sgusciate, una grattatina di noce moscata, e amalgamate senza far gonfiare. Quando il riso
è arrivato a cottura, prelevarne un mestolo per volta, versarlo nella marmitta
e mescolare accuratamente. Alla fine la minestra dovrà apparire mantecata
(attenzione e non mettere troppo brodo).
Servire con l’aggiunta di
una buona spolverata di parmigiano e, se richiesto, un giro di pepe nero.
Nota:
questa è la ricetta di casa mia. Noi bambini l’adoravamo e ancora oggi figli e
nipoti la richiedono: “... ci fai la minestra maritata?…..”. E’
facile, è veloce e semplice, è poco costosa e nutriente. Che altro si può chiedere a
una minestra?
Uova marmorizzate
secondo Manuel Vásquez Montalbán
“…L’uovo si adopera di solito per
aiutare architetture gastronomiche di grande portata e si ignora chi abbia
ideato per primo questa fantasia da lavori pubblici chiamata uova marmorizzate:
probabilmente un imprenditore edile o un architetto pompier in pensione. Ecco
un piatto con cui sedurre coloro che spalancano la bocca davanti alla
riproduzione del Duomo di Milano fatta con gli stuzzicadenti, o a quella del
Taj Mahal dentro a una bottiglia di ginger Ale. ….. Con questo piatto si può
far provare l’estasi ai provinciali abbonati al Financial Times…”.
24 uova – 250 g di bietole se si vogliono le uova
verdi o un peperone dolce arrosto se le si vuole rosse – zafferano in polvere –
¼ di cucchiaino (2 pizzichi abbondanti) di cannella in polvere – 200 g di
zucchero
30 g di burro – acqua di fiori
d’arancio – semi di melagrana
Dosi per 8/10 persone. Rompere le uova in 4
scodelle, 6 per scodella. In una scodella si aggiungono le bietole ridotte in
puré, in un’altra il peperone
dolce sempre in puré, nella terza lo zafferano scilto in un cucchiaio di acqua
bollente, nell’ultima lasciare le uova con il loro colore naturale.
Si aggiungono alle uova
sale, pepe, cannella, zucchero e poi si sbattono (il tutto separatamente, ndr).
Si scioglie il burro a fuoco lento in una pirofila da forno. Quando è fuso vi si versano le uova
rosse. Quando si sono leggermente rapprese, vi si versano sopra le uova allo zafferano.
E così per i successivi strati, cercando di farli rapprendere leggermente. Si
possono sovrapporre gli strati a volontà a seconda della misura dello stampo.
Mettere lo stampo nel forno preriscaldato a 170°C e lasciate cuocere per 30
minuti circa.
Il dessert va tagliato in
porzioni, spruzzato d’acqua di fiori d’arancio e servito con semi di melagrana.
Nota:
la preparazione proposta nel libro “Ricette
Immorali” si limita a dire che ogni strato deve rassodarsi
leggermente. Si presuppone che,
dopo ogni aggiunta, la teglia vada passata rapidamente in forno per consentire
alle uova di rapprendersi. Provare, provare, provare.
Uova al latte
Questo dessert era prediletto dal
commissario Maigret
“Maigret stava gustando il suo
dessert quando si rese conto del modo in cui sua moglie l’osservava, un sorriso
un tantino beffardo e materno. Egli fece finta di non notarlo, tufffò il naso
nel piatto, inghiottì qualche chucchiaiata di uova al latte prima di alzare gli
occhi.”… (Maigret e il corpo
senza testa)
1 litro di latte - un baccello di
vaniglia Bourbon - 150 g di zucchero semolato - 4 uova
Pre-riscaldare
il forno a 120°C
Portare a bollore il latte
con il baccello di vaniglia e lo zucchero. Battere le uova intere. Unire il
latte alle uova, mescolando rapidamente con una spatola o cucchiaio di legno.
Togliere il baccello di vaniglia, versare in una teglia da forno e infornare
per 45 minuti.
Nota:
per quanto riguarda la cottura, suggerirei di tenere il forno a 120°C per 20
minuti, quindi alzare la temperatura a 180°C per 10 minuti e concludere con
temperatura a 240°C per 5 minuti. Così facendo la crema resta morbida e prende
un dorato “accattivante”.