Ricette

domenica 22 novembre 2015

E il merluzzo diventò... baccalà!







“Nei mari del Nord,
tra un tuffo e uno spruzzo
viveva beato
il Pesce Merluzzo.
Ma un giorno i Vichinghi
dagli elmi a stambecco
lo videro
e allora lo fecero secco.
Strappato a milioni
dal placido abisso
e all’aria asciugato:
è lo stoccafisso.
I Baschi,
che stavano un poco più in basso, 
vedendo i merluzzi
restaron di sasso:
e i pesci, pescati con furia bestiale,
ficcati in barile
restaron di sale.
Nel mondo dilaga
la gran novità:
che grande sapore!
Cos’è? Il baccalà!”

Antonio Parlato dal libro “Sua Maestà il Baccalà”



Se lo stockfish– lo stoccafisso o pesce-bastone – nasce con i vichinghi nel più profondo Nord, al baccalà hanno pensato  i Baschi che, certamente, stanno più a Sud. 

Grandi navigatori anch’essi, i Baschi della Guascogna (Golfo di Biscaglia) erano noti come pescatori di vaglio e le cronache segnalano che già nel XIV secolo essi si spingevano nei mari del Nord alla ricerca di balene. Da documenti dell’epoca risulta che nel 1353 fu sottoscritto un accordo tra re Don Alfonso IV del Portogallo e Edoardo III d’Inghilterra, in virtù del quale era concesso ai portoghesi di pescare lungo le coste inglesi nei successivi 50 anni.  D’altra parte è assai probabile che la pesca al Nord fosse abitudine consolidata visto che fin dal  X secolo il Portogallo intratteneva rapporti commerciali con gli scandinavi, in particolare per la fornitura di sale.
In italiano il termine “baccalà” si usa per indicare il merluzzo salato ed essiccato mentre in portoghese la parola   “bacalhau” indica genericamente il merluzzo della specie “gadua morhua” – il merluzzo bianco o nordico – che si riproduce ed è pescato sostanzialmente nei Grand Banks, i Banchi di Terranova dove, nel periodo aprile-settembre, si ha il confluire della corrente fredda del Labrador e quella calda del Golfo. (vedi post precedente sullo stoccafisso).  


Caccia alle balene: questo significava individuarle, puntarle e inseguirle fino alla cattura. E, così facendo, un bel giorno qualche baleniera si trovò nei Grand Banks, letteralmente circondata da branchi di merluzzi di proporzioni incredibili. Narrano le cronache che questi pesci potevano essere pescati anche solo immergendo le mani nell’acqua. Irresistibile, ovviamente. E i Baschi – pur non scordando le balene – si convertirono alla pesca dei merluzzi.  Pesca sempre talmente copiosa da richiedere tecniche di conservazione che loro, per la verità, già utilizzavano per le balene: sale e barili. 

  
La salagione era una tecnica sconosciuta ai Vichinghi che subito l’apprezzarono, esportandola in molte parti del mondo come già facevano con lo stockfish.
I Vichinghi impararono dai Baschi questo nuovo sistema di conservazione del merluzzo, e ne estesero l'impiego: oltre che come cibo, sulle loro navi il baccalà fungeva anche da barometro. Dopo averlo messo sotto sale, lo appendevano a bordo con delle cime. Quando il baccalà cominciava a gocciolare voleva dire che era in arrivo una tempesta: la maggiore umidità dell'aria faceva infatti sciogliere il sale. Oggi i barometri sono senza dubbio più sensibili, ma altrettanto certamente non sono commestibili come quelli di una volta…

La storia del baccalà è lunga e tormentata, segnata da alti e bassi, dalle lotte politiche, dall’annessione del Portogallo da parte della Spagna, dalla crisi della pesca che ne seguì.

Nel XVI secolo i portoghesi disponevano di una flotta da pesca di almeno cinquanta imbarcazioni in attività nei Grand Banks e probabilmente esistevano già colonie di portoghesi “stanziali” nella stessa Terranova.  E durante il breve regno di Don Sebastiano – re a tre anni, incoronato a 23, scomparso in battaglia 14 mesi dopo, nel 1758 – risulta fossero pescate circa tremila tonnellate di pesce, corrispondenti più o meno al consumo interno del Portogallo. Dopo la morte di Sebastiano I  e del suo successore, il  cardinale Enrico I il Casto – entrambi senza eredi - la Spagna riuscì ad assicurasi il trono con Filippo II d'Asburgo e lo mantenne fino al 1640, data d’inizi0 della guerra di restaurazione portoghese. L’unione con la corona spagnola  determinò una crisi pesantissima per la pesca del bacalhau perché l’organizzazione dell’invincibile Armata assorbì tutte le navi disponibili.

 
 Sebastiano I del Portogallo                                                                    Filippo II di Spagna



La ripresa iniziò con la separazione del Portogallo dalla Spagna e quindi con la firma, nel 1642, di un Trattato di Pace e Commercio tra lo stesso Portogallo e l’Inghilterra. 
Tuttavia un’altra crisi era alle porte poiché l’Inghilterra impose sul pesce tasse e prezzi di vendita esorbitanti, decisamente sgraditi al Portogallo che considerava il bacalhau un alimento popolare.  Bisognerà attendere il XIX secolo per ritrovare slancio e stabilità di pesca.
 
Il percorso del baccalà attraverso i secoli – se così si può dire – è stato assai difficile, molto più di quello dello stoccafisso. Se in mare il bacalhau –  il merluzzo artico - è stato indiscusso protagonista,  la sua seconda mutazione,  il “pesce salato, ” ha fatto invece molta fatica a conquistare posizioni sulle tavole, certamente su quelle nobili che determinavano le tendenze. Infatti, per le sue caratteristiche di scarsa deperibilità, abbondanti calorie e prezzo contento, il baccalà è stato per lungo tempo considerato alimento degli strati sociali più bassi. 




Per trovare indicazioni di cottura in un “ricettario” portoghese, bisogna arrivare alla prima metà del Settecento: nella Biblioteca Nazionale di Lisbona sono custoditi due manoscritti che illustrano in totale cinque ricette.
Il tempo riparerà a questa mancanza se è vero, come lo è, che in Portogallo oggi si contino 365 ricette diverse (una per ogni giorno dell’anno e forse più) per la preparazione di piatti a base di baccalà. Con puntate di grande fama com’ è accaduto per la ricetta di Gomes de Sà, salita agli onori della gastronomia diventando piatto nazionale.

Questa ricetta ha una piccola, bella storia. José Luis Gomez de Sà è stato per anni un illustre sconosciuto. E’ vissuto a cavallo tra l’Ottocento e il Novecento a Oporto circondato dal …. baccalà. Il commercio del bacalhau era infatti  affare di famiglia e Josè Luis  ogni settimana preparava per gli amici polpettine apprezzatissime. Evidentemente aveva anche un’anima da gastronomo tanto che, partendo dalle polpettine, inventò un piatto più ricco, più completo, da passare al forno. Un bel giorno consegnò  la nuova ricetta, scritta di suo pugno, a un amico nonché cuoco di professione presso il Restaurante Lisbonense, di Oporto, presso il quale – si dice – sarebbe poi andato anche lui a lavorare. Il piatto entrò ufficialmente nel menu, ebbe un meritato successo, anzi  diventò ben presto un piatto-bandiera per l’intero Portogallo. E José Luis ebbe fama parallela e duratura perché al piatto fu dato il suo nome.



Di fatto, ogni località portoghese ha la propria ricetta originale, che rivendica come tale. E’ il caso di  Viana do Castelo, dal cui porto andavano e venivano i velieri e dove, da sempre, si secca il bacalhau.

Ma prelibatezze cucinate con il baccalà si trovano anche in Italia, specialmente al Centro-Sud  (il Nord ha un debole per lo stoccafisso), in Francia, naturalmente Spagna e… nel mondo intero.

E prima di cucinarlo…. istruzioni per l’uso



Come scegliere un buon baccalà? Prima regola: leggere sempre attentamente le etichette, perché l’identificazione attraverso il nome scientifico è una chiara traccia sull’origine del prodotto. Può accadere infatti che altri pesci della famiglia dei Gadidae, cugini del gadus morhua come il brosme, il ling o il pollak, vengano spacciati per baccalà. No, questi non fanno parte della nostra storia. Seconda regola: controllare visivamente il baccalà. Il pesce intero – detto la farfalla quando aperto e sotto sale - deve avere una lunghezza non inferiore ai 40 cm e uno spessore che, nel punto più alto, è almeno di 3 cm. La pelle deve essere traslucida, la carne elastica e di colore bianco.avorio. Se troppo bianca può aver subito trattamenti sbiancanti con la calce, se troppo gialla non essere stata trattata correttamente.






Il baccalà, se acquistato allo stato salato, prima dell’utilizzo deve essere dissalato con l’ammollo. Quest’operazione richiede normalmente due o tre giorni ciò dipendendo dal “pezzo” scelto. Se si acquista la farfalla intera, si procede così: 1) spazzolare (delicatamente!) da entrambi i lati  per togliere il primo e più evidente strato di sale; 2) sciacquare con cura sotto acqua corrente; 3) immergere il baccalà in una capiente bacinella riempita con acqua fresca, che andrà cambiata ameno quattro volte al giorno. Se possibile, lasciar correre un filo d’acqua nella bacinella stessa in modo che il ricambio sia continuo e non ci sia ristagno di sale.  4) Dopo 24 ore è possibile togliere la pelle (si tira dalla testa verso la coda) ma il consiglio è di tenerla perché per alcune ricette è importante sia sotto il profilo del sapore sia dal punto di vista  della consistenza che conferisce ai sughi. 5) nel caso la pelle venisse tolta, rimettere in ammollo il baccalà per altre 36 ore. Al termine dell’operazione, il pesce deve risultare morbido, elastico ma ancora intero.  
Lo stesso procedimento si usa in caso di acquisto del pesce in tranci, riducendo a 48 ore la permanenza in acqua, che comunque deve essere   cambiata regolarmente.
Va da sé che la parte migliore è quella del filetto che ha poche lische e praticamente zero scarto.

Nota importante:
 1) il baccalà dissalato e ammollato può essere congelato. In
commercio si trova sia quello già ammollato sia quello congelato;
2) il baccalà sotto sale quando ammollato in linea di massima aumenta il peso di circa il 30%. Ciò è da tenere presente nel calcolo delle porzioni.


Ricette



Bacalhau à Gomes de Sà
Oporto, Portogallo

Questa “dovrebbe” essere la ricetta originale, secondo testi portoghesi noti per affidabilità.

1 kg baccalà ammollato - 1 kg patate a pasta soda - 4 cipolle rosate
4 spicchi d’aglio – 4 dl olio extravergine d’oliva – 1 l di latte
100 g olive nere - 4 uova – prezzemolo – sale qb



Porre il baccalà in una casseruola, coprire d’acqua fredda senza aggiungere sale, portare lentamente a bollore e cuocere a fiamma dolcissima (l’acqua deve solo fremere) per 10-15 minuti, a seconda della parte utilizzata.  Scolare, togliere la pelle e diliscare accuratamente. Ridurre il baccalà a scaglie piuttosto grosse, disporle in una ciotola o marmitta, coprirle con latte bollente e lasciare riposare per due ore.  Nel frattempo, lavare accuratamente le patate, cuocerle con la buccia partendo da acqua fredda con un pizzicone di sale, facendo ben attenzione a che non si aprano nell’acqua.  Sbucciarle ancora calde e metterle da parte, intere.  In una teglia o tegame di coccio, affettare finemente le cipolle a rondelle e stufare nell’olio, unitamente agli spicchi d’aglio; quando le cipolle iniziano a prendere colore, aggiungere le patate tagliate a fette di circa 1 cm di spessore e il baccalà scolato dal latte. Mescolare con grande delicatezza.  Irrorare con olio extravergine d’oliva. Mettere in forno pre-riscaldato a 200°C posizionando la teglia a livello intermedio. Intanto, rassodare le uova, raffreddarle e affettarle. Lavare, asciugare e tritare il prezzemolo finissimo.

Quando la preparazione sarà leggermente dorata toglierla dal forno e decorarla con le rondelle di uova sode, le olive nere, cospargendo il tutto con il prezzemolo. Servire molto caldo. 

Nota: è opportuno assaggiare il baccalà in fase di realizzazione della ricetta.  L’obiettivo è importante: scoprire se sia necessario  aggiungere del sale.




Bacalao de Pamplona
Spagna

Le cronache dicono che fosse il piatto preferito di Ernst Hemingway



500 g baccalà salato da ammollare – 2 cucchiai olio extravergine di oliva
 2 spicchi d’aglio schiacciati – 2 pomodori maturi pelati – 1  cipolla grande tagliata fine – 1 peperone verde a pezzi  - 2 foglie d’alloro – ½ cucchiaino di zucchero -  ¼ di cucchiaino di semi di cumino – ½ cucchiaio di origano fresco o ¼ di quello secco – ½ cucchiaio di maggiorana fresca o ¼ di quella secca – 2 chiodi di garofano -  1 pizzico di pepe nero – ¼ di tazza di vino bianco secco – 150 g polpa di granchio -  100 g di code di gambero cotte e sgusciate – 250  g di funghi freschi coltivati – 2 cucchiai di salsa chili o Worcester.


Dissalare e ammollare il baccalà. La sera prima della preparazione del piatto,  scolare il baccalà dissalato, tagliarlo a pezzi di circa 5 cm di lato, porlo in una casseruola con la pelle rivolta verso il basso, ricoprirlo nuovamente di acqua fredda, lasciandolo tutta la notte. Il giorno dopo mettere la casseruola sul fuoco, portare l’acqua a ebollizione e far sobbollire a fuoco medio per 45 minuti. Assaggiare un pezzettino di pesce per valutarne la salatura: se ancora troppo salato, sciacquare il baccalà in acqua bollente, altrimenti scolarlo e metterlo da parte.
Riscaldare l’olio in una grande casseruola. Aggiungere aglio, pomodori, cipolla, peperoni, foglie d’alloro, zucchero, semi di cumino, origano, maggiorana, pepe a piacere, vino e  salsa. Far cuocere con il coperchio, lentamente, per 30 minuti quindi aggiungere il baccalà e continuare a cuocere, sempre con il coperchio, per altri 20 minuti. Infine unire la polpa di granchio, i gamberetti e i funghi tagliati a fettine e saltati rapidamente in un cucchiaio d’olio e  cuocere, sempre con il coperchio, per altri 10 minuti.

Servire con contorno di  fagioli bianchi lessati.




Baccalà alla fiorentina
Firenze




1,2 kg  filetto di baccalà ammollato – 4/5 patate di media grandezza – 500 g di pomodori maturi o  scatola di  pelati – 2 spicchi aglio – 1 manciata di farina di frumento – olio extravergine d’oliva qb – sale, pepe qb

Togliere le lische e la pelle al baccalà, facendo  attenzione a non  rompere la carne. Tagliare il pesce a pezzi regolari di circa 5 cm di lato, asciugarli con un canovaccio o carta da cucina idonea e infarinarli accuratamente ma leggermente (deve restare un velo di farina). Scaldare un bicchiere di olio in un tegame (meglio se di ferro)  e rosolarvi i pezzi di baccalà da entrambi i lati, fino a doratura.  Nello stesso olio (eventualmente filtrato per togliere residui di farina) cuocere le patate tagliate a rondelle alte circa 1 cm. Quando saranno quasi pronte, unirle ai tranci di baccalà in un tegame di coccio unto d’olio, quindi cospargere il tutto con l’aglio tagliato e i pomodori passati. Salare, se necessario, e pepare. Cuocere per circa 15 minuti a fuoco moderato e servire ben caldo.


Note

1) la farina di frumento può essere sostituita da atra idonea in caso di intolleranza al glutine;
2) Il tegame o casseruola dovrebbe essere di misura adeguata a contenere i tranci senza affastellamento



Baccalà con peperoni cruschi
Avigliano (Potenza)


700 g di baccalà sotto sale – 200 g di peperoni cruschi
 2 cucchiai di prezzemolo tritato –  1 testa d’aglio  - olio extravergine di oliva

Dopo aver dissalato il baccalà, immergerlo in una casseruola che contenga abbondante acqua fredda, porre sul fuoco a fiamma moderata e portare a bollore. Coprire la casseruola, abbassare il fuoco e continuare la cottura (l’acqua deve solo fremere) per 8 minuti. Sgocciolare il baccalà, tagliarlo a pezzi di circa 5 cm per lato, diliscarlo e spelarlo, quindi sfilettare.  Porre i filetti in un piatto di portata. Intanto i peperoni cruschi saranno stati tagliati a fettine o pezzettini, dopo averli privati dei semi. Sul fuoco mettere un pentolino alto con abbondante olio extravergine di oliva e aglio, portare a calore idoneo (non punto di fumo), immergere le fettine di peperone, poche per volta. Quando saranno croccanti, scolarle e appoggiarle su una carta assorbente cercando di tenerle al caldo. Alla fine di quest’operazione  rimettere i peperoni nell’olio bollente, eliminare l’aglio e versare il tutto sul baccalà. Cospargere di prezzemolo tritato fine e servire immediatamente.


Note

 1) I peperoni cruschi sono semplici peperoni rossi dolci raccolti e lasciati ad essiccare al sole, quindi legati in mucchietti con un filo di cotone doppio. La varietà più pregiata è prodotta a Senise e vanta il marchio IGP.

2) E’ meglio effettuare la frittura con pochi pezzettini per volta per poter controllare meglio che diventino croccanti senza annerire: se bruciassero, diventerebbero amari.





Baccalà alla napoletana
Napoli

800 g baccalà ammollato – 20 g di capperi sotto sale – 80 g olive nere di Gaeta – una grande scatola di pomodori pelati o 1 kg di pomodori freschi ben maturi – 20 g di pinoli – 50 g uvetta sultanina – 1 spicchio d’aglio – olio extravergine di oliva qb – origano

Preparate il sugo. In un tegame, meglio se di coccio, versate 4 cucchiai di olio extravergine d’oliva, e aggiungete lo spicchio d’aglio; quando questo inizia a imbiondire, toglietelo  e aggiungete i pelati tagliuzzati o i pomodori freschi cui avrete tolto la pelle e i semi; fate cuocere a fuoco dolce per una decina di minuti; aggiungere i pinoli, i capperi dissalati in acqua, le olive di Gaeta sciacquate dalla salamoia e snocciolate, l’uvetta sultanina  che avrete ammorbidito in acqua. Salate (moderatamente) e pepate. Intanto spellare e togliere le  lische al baccalà; tagliarlo a tranci e accomodarli in una teglia; coprire il tutto con il sugo preparato. Irrorare con un filo d’olio e  completare con una spolverata di origano. Infornare in forno pre-riscaldato a 180°C per 45.50 minuti.

Note
1) Questa è una delle molte versioni di baccalà alla napoletana. In alcune, ad esempio non si trova traccia di pinoli e uvetta.
2) A proposito di pinoli, acquistate solo quelli italiani: costano più degli altri ma non riservano sorprese. Ora circolano in Italia molti pinoli provenienti dall’estero e, in particolare, dalla Cina. Meglio evitare per non rovinare la preparazione.




Acras de morue
Antille francesi





600 g di baccalà ammollato – 2 cipolle – 1 cucchiaio di erba cipollina tagliata a pezzi piccoli piccoli – 1 cucchiaino da caffè di peperoncino antillese macinato – 250 g di farina – 1 cucchiaino da caffè di lievito chimico 
40 cl di latte – 2 uova – 1 dl di olio di semi di arachide – sale e pepe qb


Sciacquare il baccalà dissalato, metterlo in una casseruola con abbondante acqua fredda, portarlo lentamente a ebollizione; dal momento del bollore cuocere per 15 minuti  a fiamma molto bassa tanto che l’acqua deve solo fremere. Terminato il tempo, scolare, eliminare la pelle e le lische poi ridurre il pesce quasi in poltiglia lavorando con una forchetta. Aggiungere le cipolle pelate e affettate finemente, l’erba cipollina, il peperoncino. Mescolate accuratamente.
Setacciate farina e lievito in altro recipiente; rompere le uova al centro, mescolare e incorporare poco a poco il latte. Salare e pepare. Scaldare l’olio per la frittura in una padella di ferro a bordi alti e far scivolare nell’olio bollente delle cucchiaiate di impasto. Lasciar friggere per 3-4 minuti fin quando i bigné non appariranno ben dorati. Scolare e asciugare su carta assorbente. Servire le acras ben calde.




Grazie alle Fonti


e per i libri

Antonio Parlato, “Sua Maestà il Baccalà”, (Ed. Colonnese, 2007)

Graig Boreth, “A tavola con Hemingway”, (Lit Edizioni srl, 2013)

“Ricette di Osterie d’Italia” (Slow Food Editore, 2001)




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