Ricette

lunedì 11 gennaio 2016

La frittura è un’arte. Con molti segreti.





 “Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutti i ceti, di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri e sopravvive fino all’ultimo per consolarci di averli perduti”.

Anthelme Brillat-Savarin


“Maestro La Planche”  disse il professore con quel grave accento che penetra fino nel più profondo dei cuori “tutti quelli che siedono alla mia mensa vi proclamano minestrista di prim’ordine, e questo è bene, giacché la minestra è la prima consolazione dello stomaco bisognoso, ma vedo con dispiacere che siete ancora un friggitore incerto.

“Ieri vi ho sentito gemere su quella sogliola eccezionale che ci avete servito bianchiccia, molle e scolorita.” […]

“Quest’incidente deplorevole vi è capitato perché voi trascurate una teoria di cui vi sfugge la fondamentale importanza. Siete un po’ troppo ostinato, ed io provo una certa difficoltà a farvi capire che i fenomeni che si verificano nel vostro laboratorio non sono che un’applicazione delle eterne leggi della natura, e che certe cose che fate senza pensarci, soltanto perché le avete viste fare ad altri, derivano, nonostante tutto, dalle massime astrazioni della scienza”…

[… ] “Non tutti i liquidi che esponete all’azione del fuoco possono immagazzinare la stessa quantità di calore; la natura li ha collocati in modo disuguale: è un ordine delle cose di cui non ci ha svelato il segreto e che noi chiamiamo capacità del calorico.

[…]  “A seguito di questa disposizione, i liquidi caldi agiscono in modo diverso sui corpi sapidi che vi sono immersi. Quelli trattati con acqua si ammollano, si disciolgono, si riducono in poltiglia; il risultato è un brodo o un estratto. Quelli trattati con l’olio, invece, si disseccano assumendo una colorazione più o meno intensa e finiscono col carbonizzarsi”.

“Tutto il merito di una buona frittura è affidato alla sorpresa: così si chiama l’invasione del liquido bollente che carbonizza o imbiondisce, all’atto stesso dell’immersione, la superficie esterna del corpo così trattato.

“Con la sorpresa si forma una specie di crosta che involve l’oggetto, impedisce al grasso di imbeverlo e concentra i succhi; questi subiscono in tal modo una cottura interna che conferisce all’alimento tutto il sapore di cui è suscettibile”.

“Perché la sorpresa avvenga, è necessario che il liquido bollente abbia acquistato un calore tale da rendere la sua azione brusca e istantanea….”.

da  Fisiologia del gusto”, 1825



Questo trattato è pietra miliare nella storia della gastronomia e chi l’ha redatto non era cuoco ma magistrato, diplomatico, musicista. Un uomo di grande raffinatezza. E di…gusto.


Frittura, un’arte antica la cui pratica resta, ancora oggi, una vera e propria sfida. Il successo, anche nel terzo millennio, è affidato all’abilità del cuoco, alla sua capacità di generare la sorpresa. In altre parole, “vestito” giusto (farina, pangrattato, uova, acqua, latte, birra ….), “grasso” giusto (olio, burro, strutto…), temperatura di utilizzo corretta (indicativamente 180°c), taglio del cibo. E padella idonea.



Il friggere è un metodo di cottura che si perde nella notte dei tempi  e però  le prime indicazioni sistematizzate così come le modalità e tecniche di frittura sono state rintracciate in quello che sarebbe diventato una delle bibbie dei gastronomi, dei ”santoni” della cucina: il Libro de arte coquinaria del Maestro Martino, redatto più di 600 anni fa. In questo trattato un intero capitolo è dedicato alla frittura. Leggendolo, si scoprono cose interessanti. Ad esempio che le frittelle di salvia – così come quelle del fiore di sambuco - non sono un’invenzione della nouvelle cuisine: infatti, già ce ne parlava nel 1400 il Maestro Martino. Ugualmente, la pastella non è una scoperta, una conquista di cuochi del presente o del recente passato.



“Frictelle de salvia”

“Piglia un poco di fiore di farina, et distemperala con ova e zuccaro, et un poco di canella et zafrano perché sia gialla; et habi de le foglie de salvia integre; et ad una ad una l’integnirai o involterai in questa tale composizione, frigendole nel strutto o in bono olio”.




Il vestito: Farina, pastella, pangrattato?  O tempura?


Precisazione: tutti i rivestimenti servono sia per assorbire l’umidità del cibo che va in frittura sia per preservare l’alimento da un improprio assorbimento di grasso sia per isolare un sapore, esaltandolo e accompagnandolo contemporaneamente. Ogni rivestimento ha un abbinamento ideale, proprio perché, in cottura, non resta neutro rispetto al sapore originale del cibo stesso




Farina -  Quando si parla di “infarinare” prima dell’immersione nel grasso prescelto, ci si riferisce genericamente alla farina bianca di frumento. Questo soprattutto in Europa. E però la pacifica ma decisa invasione delle cucine orientali – segnatamente quelle giapponese e cinese – così come l’evidenziarsi di crescenti intolleranze al glutine del grano (anche orzo e avena) hanno portato alla ribalta la farina di riso quale prezioso sostituto per la frittura, riuscendo ad assicurare un fritto asciutto e croccante. Un’alternativa importante, dunque, che funziona tanto per la semplice infarinatura quanto per la pastella. Ma non c’è solo la farina di riso: è evidente anche l’avanzare della farina di mais, gialla o bianca, macinata finssimna, una volta usata solo per preparare la polenta.





Pastella -  Sarebbe meglio dire “le pastelle” perché ne esistono decine di formulazioni, variando sia il liquido sia il tipo di farina sia l’aggiunta (o l’assenza) di uova e di grasso. L’immersione nella pastella, al momento della frittura crea attorno al cibo una sorta di bigné dal sapore delicato che preserva, senza invaderlo, il sapore originale dell’alimento.


Pangrattato – E’ imprescindibile per alcune ricette, esempio classico la cotoletta alla milanese. Non è un rivestimento “neutro”, tutt’altro. Perciò deve essere usato con grande attenzione e, in particolare, per cibi “forti”: dalla carne in pezzi o in fette alle polpette alle crocchette di patate, di polenta…



Tempura – Un capitolo a parte merita questa tecnica di frittura che abbiamo imparato a conoscere dai giapponesi. Il fatto è, però  che “Ténpura” (così  si chiama in Giappone ) non nasce nel Paese del Sol Levante  bensì in Europa, più esattamente in Portogallo. Ecco cosa scriveva Alan Davidson, diplomatico britannico, diventato noto anche in Italia quale scrittore-gastronomo, con un libro tutto dedicato al mare, ai pesci, nell’acqua e … in pentola. Ormai un grande classico.

“La storia della Tempura risale a circa 400 anni fa, al periodo in cui i missionari portoghesi arrivarono in Giappone. La parola Giapponese "Tempuras" significa Quattro Tempora, quando la carne non può essere mangiata. E' stato plausibilmente suggerito che in uno di questi periodi i missionari cucinarono pesce e verdura nel modo per loro più gustoso, friggendole con la pastella, e successivamente i giapponesi ne adottarono la tecnica ed il nome. Da allora la Tempura è stata considerata come uno sei più importanti piatti Giapponesi...




Burro, olio o strutto?


Questo è sicuramente il capitolo più importante per quanto riguarda la frittura perché ne determina la riuscita. La caratteristica principale, quella imprescindibile per la scelta del grasso, è il “punto di fumo”: questo corrisponde alla temperatura massima raggiungibile dal grasso stesso prima che inizi a bruciare e a decomporsi creando sostanze tossiche per il fegato (acroleina).


Olio - Non tutti gli olî raggiungono il punto di fumo allo stesso calore. Ad esempio, quelli raffinati hanno una “resistenza” alla decomposizione più alta di quelli non raffinati. E però la raffinazione avviene attraverso processi di lavorazione che comprendono anche l’uso di solventi (ad esempio, esano, metanolo, diclorometano) e di questo bisogna tener conto. Da notare che in Europa – ma non in Italia – la legislazione prevede che su alcuni olî i semi compaia l’avvertenza della non idoneità alla frittura sia con una scritta sia con una padella barrata.


Gli olî non raffinati – che consentono e prevedono solo l’estrazione meccanica - sono sostanzialmente due: l’olio d’oliva e l’olio di semi di arachide. Per il primo il punto di fumo può variare dai 160°C  ai 210°C, dipendendo dalla zona di produzione e dalla qualità delle olive; per l’olio di arachidi il punto di fumo supera i 210°C. Tutti gli altri olî hanno un punto di fumo molto più basso e quindi sono poco idonei per la frittura.





Burro - Il burro italiano contiene un’alta percentuale di acqua e perciò non è adatto per la frittura, a meno che non sia chiarificato. La presenza di acqua, infatti, facilita l’idrolisi, cioè la scissione degli acidi grassi, che vengono liberati.  In sostanza, brucia anche a basse temperature. Con la chiarificazione – che si può fare anche in casa  - l’acqua in eccesso viene eliminata. In commercio esiste burro chiarificato di marca.



Strutto – Punto di fumo molto elevato – circa 250°C – sapore deciso tanto da influenzare il sapore originale del cibo, ricco di grassi saturi. In sintesi: ottimo per friggere paste lievitate, non particolarmente digeribile, da usare con parsimonia.

Gli strumenti del friggere


1)   Friggitrice elettrica – buoni risultati ma alto consumo d’olio, quindi adatta solo per chi frigge quotidianamente o, quanto meno, frequentemente. 
2)   Casseruola di ferro – deve essere svasata, a bordi alti e con cestello estraibile. Ottima conduzione di calore, poco costosa, facile manutenzione. Consistente utilizzo di olio (circa 2 lt).

3)   Padella nera di ferro - oltre che per la frittura, può essere utilizzata per le cotture al salto. E’ buona scelta per coloro che friggono raramente. 
4)   Wok  - consente di friggere piccole quantità di cibo per volta, utilizzando pochissimo olio. 
5)   Termometro digitale – molto utile, specialmente per chi non è cuoco professionale. Perfetto sostituto dell’empirica verifica con l’immersione di una crosticina di pane o lo spruzzo di una goccia d’acqua…

Tempi e temperature di frittura

 

Buona regola è ridurre il cibo da friggere a piccoli pezzi che consentano una rapida immersione nell’olio, la doratura e contemporaneamente la cottura interna del cibo stesso. Tanto più piccola è la porzione, tanto maggiore sarà il calore utilizzato.
- 200°C  - tempo di cottura 1-2 minuti (es. gnocco fritto)
- 180 °C – tempo di cottura da 1 a 3 minuti (piccoli pesci, molluschi e simili)
- 170°c – tempo di cottura da 3 a 5 minuti (polpettine con carni crude, crocchette)
- 160°c -  tempo di cottura da 5 a 10 minuti

Consigli utili

- Utilizzare sempre una quantità di grasso sufficiente per immergere completamente il cibo da friggere:  in termini concreti, se si utilizza la friggitrice bisognerà attenersi alle istruzioni, se si punta sulla casseruola la quantità dovrà sfiorare i due litri.
- Non coprire mai i cibi appena fritti per evitare che il vapore ne vanifichi la croccantezza. Eventualmente tenerli in caldo in forno tiepido.
- Salare solo quando si porta in tavola il fritto. Meglio ancora, lasciare che ogni commensale sali la propria porzione.


Pastelle

Le proposte per non sbagliare


Passe-partout


Questa è una ricetta tratta da un’altra delle “bibbie” dei gastronomi: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar bene” di Pellegrino Artusi.

Farina, 100 g – Olio extravergine d’oliva*, 1 cucchiaiata – Acquavite, 1 cucchiaiata – Uova, 1 – Sale qb – Acqua diaccia, qb

* Nel testo originale: “olio fine”

“Spegnete la farina col rosso d’uovo e cogli altri ingredienti, versando l’acqua a poco per volta per farne una pasta non troppo liquida. Lavoratela bene col mestolo, per intriderla, e lasciatela a riposo per diverse ore. Quando siete per adoperarla aggiungete la chiara montata. Questa pastella può servire per molti fritti e specialmente per quelli di frutta ed erbaggio.”


Carni

Farina 00, g 100 -  1 uovo -  1 cucchiaio di olio extravergine di oliva – sale qb


Questa pastella è ottima per friggere tutti i tipi di carne – dal pollo agli straccetti di vitello – ma anche per le frattaglie, in particolare animelle e cervella.
In una terrina mescolare energicamente tutti gli ingredienti per amalgamarli, sciogliendo accuratamente eventuali grumi. Intingere la carne nella pastella lasciarla per qualche minuto e,  prima di immergerla nell’olio bollente, eliminarne l’eccesso.

Pesce: due buone idee




Farina 00, 220 g – un albume, 50 g – olio extravergine d’oliva 5 g
acqua, 250 g – sale, 2 pizzichi – zucchero, 1 pizzico

Unire alla farina sale, zucchero e olio. Mescolare con una frusta, aggiungendo l’acqua poco per volta, fino a ottenere un composto liscio. A parte, montare l’albume a neve ben soda e, con una spatola o chucchiaio di legno, unirlo alla pastella, con un movimento dal basso verso l’alto per non smontarlo.


Farina 200 g – birra 2 dl – uova 2 – sale qb

Porre la farina in una terrina, formare un piccolo cratere al centro, unire il sale e i tuorli leggermente battuti; mescolare con una frusta, versando a filo la birra per ottenere un composto liscio. Coprire e lasciar riposare in luogo tiepido per almeno 30 minuti. Poco prima di avviare la frittura, montare gli albumi a neve e incorporarli alla pastella, sempre con movimento dal basso verso l’alto. I pesci , crostacei o molluschi  -ben puliti, sciacquati sotto acqua corrente e asciugati perfettamente – saranno immersi nella pastella singolarmente, comunque a varie riprese e senza affastellarli, e quindi posti subito a friggere nell’olio portato a giusto calore.

Verdure


Farina di riso 80 g – farina integrale g 20 - tuorli 2
acqua 100 g –  sale qb

In una terrina mettere la farina di riso, la farina integrale e il sale; mescolare bene. A parte battere i tuorli d’uovo con l’acqua ben fredda. Unire ingredienti asciutti e liquidi formando un composto liscio e omogeneo.
Le verdure saranno immerse nella pastella tagliate a bastoncini o a rondelle.

Frutta


1° proposta: pastella al latte
farina 125 g – uovo 1 – latte 2 dl  - zucchero 1 cucchiaio
bicarbonato 1 pizzico – sale qb


In una terrina mescolarla farina con il bicarbonato, lo zucchero e il zicco di sale. Battere leggermente l’uovo e incorporarlo alla miscela mescolando con una frusta; aggiungere il latte a filo sempre mescolando e fio a quando la pastella risulterà perfettamente liscia. Coprire e lasciar riposare in frigorifero per almeno un’ora.


2° proposta: profumo di Rhum per deliziose frittelle di mele
farina 100 g – uova 2 – zucchero di canna e zucchero semolato 60 g ciascuno
4 cucchiai di latte – lievito di birra 10 g – sale 1 pizzico
mele golden 2

Sbucciare le mele, togliere il torsolo con l’apposito scavino, tagliarle a fette di circa ½ cm di spessore, cospargerle con lo zucchero di canna e il rhum quindi lasciarle macerare per un’ora. Intanto intiepidire il latte e sciogliervi il lievito di birra; setacciare la farina, unire i tre quarti dello zucchero semolato, le uova leggermente battute  e mescolare bene; aggiungere il latte con il lievito, versando a filo e continuando a mescolare fino a ottenere una pastella liscia. Coprire e lasciar riposare la pastella per il tempo necessario a scaldare l’olio. Immergere quindi le fette di mela (non più di 2 o tre per volta) in questa pastella e friggerle fino a doratura. Scolare e passare nello zucchero bianco rimasto.


Tempura

La base per la pastella è formata da acqua e farina nel rapporto di 2:1, per esempio ogni 100 grammi di farina si usano  200ml circa di acqua. Va considerato che la pastella dev’essere abbastanza collosa e non scivolare via troppo facilmente dagli ingredienti.
Quanto alla farina, l’ideale è quella di riso ma viene accettata quella di frumento.
In alcune ricette, fra gli ingredienti compaiono le uova: in realtà queste non sono previste all’origine. Ma, capita in Giappone come in tutto il mondo, quando si tratta di cibo e di ingredienti e di cotture, la verità assoluta non esiste.
L’unica certezza è che in questa frittura vanno gamberi e verdure. 

Ecco le regole-base.
1)   Bisogna usare,rigorosamente, solo acqua frizzante molto fredda, praticamente ghiacciata. Per ottenerla, prima di preparare la tempura  è opportuno lasciare la bottiglia dell’acqua nel freezer e, poi, aggiungere cubetti di ghiacchio per tenere bassa la temperatura.
2)   Mescolare rapidamente farina e acqua, senza preoccuparsi deimgrumi che possono formarsi perché proprio questi, nel friggere, determinano la consistenza della pastella.

In questa frittura vanno gamberi e verdure. 



Grazie alle fonti


bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it  -
Peter Nero Archivio fotografico ed Immagini (Royalty free) – news.fidelityhouse.eu – www.maisazi.com  - footage.framepool.com -

Libri
Fisiologia del gusto, Anthelme Brillat-Savarin (Sellerio editore Palermo)
The Oxford Companion to Food (Oxford Unversity Press, Oxford 1999)
Il mare in pentola, Alan Davidson (Arnoldo Mondadori Editore)

 


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