“Il piacere della tavola è di tutte le età, di tutti i ceti,
di tutti i paesi e di tutti i giorni; può associarsi a tutti gli altri e
sopravvive fino all’ultimo per consolarci di averli perduti”.
Anthelme
Brillat-Savarin
“Maestro
La Planche” disse il professore
con quel grave accento che penetra fino nel più profondo dei cuori “tutti
quelli che siedono alla mia mensa vi proclamano minestrista di prim’ordine, e questo è bene, giacché
la minestra è la prima consolazione dello stomaco bisognoso, ma vedo con
dispiacere che siete ancora un friggitore incerto.
“Ieri
vi ho sentito gemere su quella sogliola eccezionale che ci avete servito
bianchiccia, molle e scolorita.” […]
“Quest’incidente
deplorevole vi è capitato perché voi trascurate una teoria di cui vi sfugge la
fondamentale importanza. Siete un po’ troppo ostinato, ed io provo una certa
difficoltà a farvi capire che i fenomeni che si verificano nel vostro
laboratorio non sono che un’applicazione delle eterne leggi della natura, e che
certe cose che fate senza pensarci, soltanto perché le avete viste fare ad
altri, derivano, nonostante tutto, dalle massime astrazioni della scienza”…
[…
] “Non tutti i liquidi che esponete all’azione del fuoco possono immagazzinare
la stessa quantità di calore; la natura li ha collocati in modo disuguale: è un
ordine delle cose di cui non ci ha svelato il segreto e che noi chiamiamo capacità
del calorico”.
[…] “A seguito di questa disposizione, i
liquidi caldi agiscono in modo diverso sui corpi sapidi che vi sono immersi.
Quelli trattati con acqua si ammollano, si disciolgono, si riducono in
poltiglia; il risultato è un brodo o un estratto. Quelli trattati con l’olio,
invece, si disseccano assumendo una colorazione più o meno intensa e finiscono
col carbonizzarsi”.
“Tutto
il merito di una buona frittura è affidato alla sorpresa: così si chiama
l’invasione del liquido bollente che carbonizza o imbiondisce, all’atto stesso
dell’immersione, la superficie esterna del corpo così trattato.
“Con
la sorpresa si forma una specie di crosta che
involve l’oggetto, impedisce al grasso di imbeverlo e concentra i succhi;
questi subiscono in tal modo una cottura interna che conferisce all’alimento
tutto il sapore di cui è suscettibile”.
“Perché
la sorpresa
avvenga, è necessario che il liquido bollente abbia acquistato un calore tale
da rendere la sua azione brusca e istantanea….”.
da “Fisiologia del gusto”, 1825
Questo
trattato è pietra miliare nella storia della gastronomia e chi l’ha redatto non
era cuoco ma magistrato, diplomatico, musicista. Un uomo di grande
raffinatezza. E di…gusto.
Frittura,
un’arte antica la cui pratica resta, ancora oggi, una vera e propria sfida. Il
successo, anche nel terzo millennio, è affidato all’abilità del cuoco, alla sua
capacità di generare la sorpresa. In altre parole, “vestito” giusto (farina, pangrattato, uova,
acqua, latte, birra ….), “grasso” giusto (olio, burro, strutto…), temperatura
di utilizzo corretta (indicativamente 180°c), taglio del cibo. E padella idonea.
Il
friggere è un metodo di cottura che si perde nella notte dei tempi e però le prime indicazioni sistematizzate così come le modalità e
tecniche di frittura sono state rintracciate in quello che sarebbe diventato
una delle bibbie dei gastronomi, dei ”santoni” della cucina: il Libro
de arte coquinaria del Maestro Martino, redatto più di 600
anni fa. In questo trattato un intero capitolo è dedicato alla frittura.
Leggendolo, si scoprono cose interessanti. Ad esempio che le frittelle di
salvia – così come quelle del fiore di sambuco - non sono un’invenzione della nouvelle cuisine: infatti, già ce ne
parlava nel 1400 il Maestro Martino. Ugualmente, la pastella non è una
scoperta, una conquista di cuochi del presente o del recente passato.
“Frictelle de salvia”
“Piglia un poco di fiore di farina, et
distemperala con ova e zuccaro, et un poco di canella et zafrano perché sia
gialla; et habi de le foglie de salvia integre; et ad una ad una l’integnirai o
involterai in questa tale composizione, frigendole nel strutto o in bono olio”.
Il vestito: Farina, pastella, pangrattato? O tempura?
Precisazione:
tutti i rivestimenti servono sia per assorbire l’umidità del cibo che va in
frittura sia per preservare l’alimento da un improprio assorbimento di grasso
sia per isolare un sapore, esaltandolo e accompagnandolo contemporaneamente.
Ogni rivestimento ha un abbinamento ideale, proprio perché, in cottura, non
resta neutro rispetto al sapore originale del cibo stesso
Farina - Quando si parla di “infarinare” prima
dell’immersione nel grasso prescelto, ci si riferisce genericamente alla farina
bianca di frumento. Questo soprattutto in Europa. E però la pacifica ma decisa
invasione delle cucine orientali – segnatamente quelle giapponese e cinese –
così come l’evidenziarsi di crescenti intolleranze al glutine del grano (anche
orzo e avena) hanno portato alla ribalta la farina di riso quale prezioso
sostituto per la frittura, riuscendo ad assicurare un fritto asciutto e
croccante. Un’alternativa importante, dunque, che funziona tanto per la
semplice infarinatura quanto per la pastella. Ma non c’è solo la farina di
riso: è evidente anche l’avanzare della farina di mais, gialla o bianca, macinata finssimna, una
volta usata solo per preparare la polenta.
Pastella
- Sarebbe meglio dire “le pastelle”
perché ne esistono decine di formulazioni, variando sia il liquido sia il tipo
di farina sia l’aggiunta (o l’assenza) di uova e di grasso. L’immersione nella
pastella, al momento della frittura crea attorno al cibo una sorta di bigné dal
sapore delicato che preserva, senza invaderlo, il sapore originale dell’alimento.
Pangrattato
– E’ imprescindibile per alcune ricette, esempio classico la cotoletta alla
milanese. Non è un rivestimento “neutro”, tutt’altro. Perciò deve essere usato
con grande attenzione e, in particolare, per cibi “forti”: dalla carne in pezzi
o in fette alle polpette alle crocchette di patate, di polenta…
Tempura – Un capitolo
a parte merita questa tecnica di frittura che abbiamo imparato a conoscere dai
giapponesi. Il fatto è, però che “Ténpura”
(così si chiama in Giappone ) non
nasce nel Paese del Sol Levante
bensì in Europa, più esattamente in Portogallo. Ecco cosa scriveva Alan
Davidson, diplomatico britannico, diventato noto anche in Italia quale
scrittore-gastronomo, con un libro tutto dedicato al mare, ai pesci, nell’acqua
e … in pentola. Ormai un grande classico.
“La storia della
Tempura risale a circa 400 anni fa, al periodo in cui i missionari portoghesi
arrivarono in Giappone. La parola Giapponese "Tempuras" significa
Quattro Tempora, quando la carne non può essere mangiata. E' stato
plausibilmente suggerito che in uno di questi periodi i missionari cucinarono
pesce e verdura nel modo per loro più gustoso, friggendole con la pastella, e
successivamente i giapponesi ne adottarono la tecnica ed il nome. Da allora la
Tempura è stata considerata come uno sei più importanti piatti Giapponesi... “
Burro, olio o strutto?
Questo
è sicuramente il capitolo più importante per quanto riguarda la frittura perché
ne determina la riuscita. La caratteristica principale, quella imprescindibile
per la scelta del grasso, è il “punto di fumo”: questo corrisponde alla
temperatura massima raggiungibile dal grasso stesso prima che inizi a bruciare
e a decomporsi creando sostanze tossiche per il fegato (acroleina).
Olio - Non tutti gli
olî raggiungono il punto di fumo allo stesso calore. Ad esempio, quelli
raffinati hanno una “resistenza” alla decomposizione più alta di quelli non
raffinati. E però la raffinazione avviene attraverso processi di lavorazione
che comprendono anche l’uso di solventi (ad esempio, esano, metanolo,
diclorometano) e di questo bisogna tener conto. Da notare che in Europa – ma
non in Italia – la legislazione prevede che su alcuni olî i semi compaia l’avvertenza
della non idoneità alla frittura sia con una scritta sia con una padella
barrata.
Gli
olî non raffinati – che consentono e prevedono solo l’estrazione meccanica -
sono sostanzialmente due: l’olio d’oliva e l’olio di semi di arachide. Per il
primo il punto di fumo può variare dai 160°C ai 210°C, dipendendo dalla zona di produzione e dalla qualità
delle olive; per l’olio di arachidi il punto di fumo supera i 210°C. Tutti gli
altri olî hanno un punto di fumo molto più basso e quindi sono poco idonei per
la frittura.
Strutto – Punto di fumo molto elevato – circa 250°C – sapore deciso tanto da influenzare il sapore originale del cibo, ricco di grassi saturi. In sintesi: ottimo per friggere paste lievitate, non particolarmente digeribile, da usare con parsimonia.
Gli strumenti del friggere
1) Friggitrice
elettrica – buoni risultati ma alto consumo d’olio, quindi adatta solo per chi
frigge quotidianamente o, quanto meno, frequentemente.
2) Casseruola
di ferro – deve essere svasata, a bordi alti e con cestello estraibile. Ottima
conduzione di calore, poco costosa, facile manutenzione. Consistente utilizzo
di olio (circa 2 lt).
3) Padella nera di ferro - oltre che per la frittura, può essere utilizzata per le cotture al salto. E’ buona scelta per coloro che friggono raramente.
4) Wok
- consente di friggere piccole
quantità di cibo per volta, utilizzando pochissimo olio.
5) Termometro
digitale – molto utile, specialmente per chi non è cuoco professionale.
Perfetto sostituto dell’empirica verifica con l’immersione di una crosticina di
pane o lo spruzzo di una goccia d’acqua…
Buona regola è ridurre
il cibo da friggere a piccoli pezzi che consentano una rapida immersione nell’olio,
la doratura e contemporaneamente la cottura interna del cibo stesso. Tanto più
piccola è la porzione, tanto maggiore sarà il calore utilizzato.
- 200°C - tempo di cottura 1-2 minuti (es. gnocco
fritto)
- 180 °C – tempo di
cottura da 1 a 3 minuti (piccoli pesci, molluschi e simili)
- 170°c – tempo di cottura da 3 a 5 minuti
(polpettine con carni crude, crocchette)
- 160°c - tempo di cottura da 5 a 10 minuti
Consigli utili
- Utilizzare sempre
una quantità di grasso sufficiente per immergere completamente il cibo da
friggere: in termini concreti, se
si utilizza la friggitrice bisognerà attenersi alle istruzioni, se si punta
sulla casseruola la quantità dovrà sfiorare i due litri.
- Non coprire mai i
cibi appena fritti per evitare che il vapore ne vanifichi la croccantezza.
Eventualmente tenerli in caldo in forno tiepido.
- Salare solo quando
si porta in tavola il fritto. Meglio ancora, lasciare che ogni commensale sali
la propria porzione.
Pastelle
Le proposte per non sbagliare
Passe-partout
Questa
è una ricetta tratta da un’altra delle “bibbie” dei gastronomi: “La scienza in cucina e l’arte di mangiar
bene” di Pellegrino Artusi.
Farina,
100 g – Olio extravergine d’oliva*, 1 cucchiaiata – Acquavite, 1 cucchiaiata –
Uova, 1 – Sale qb – Acqua diaccia, qb
* Nel testo originale:
“olio fine”
“Spegnete la farina
col rosso d’uovo e cogli altri ingredienti, versando l’acqua a poco per volta
per farne una pasta non troppo liquida. Lavoratela bene col mestolo, per
intriderla, e lasciatela a riposo per diverse ore. Quando siete per adoperarla
aggiungete la chiara montata. Questa pastella può servire per molti fritti e
specialmente per quelli di frutta ed erbaggio.”
Carni
Farina 00, g 100 - 1 uovo - 1
cucchiaio di olio extravergine di oliva – sale qb
Questa pastella è
ottima per friggere tutti i tipi di carne – dal pollo agli straccetti di
vitello – ma anche per le frattaglie, in particolare animelle e cervella.
In una terrina
mescolare energicamente tutti gli ingredienti per amalgamarli, sciogliendo accuratamente eventuali
grumi. Intingere la carne nella pastella lasciarla per qualche
minuto e, prima di immergerla nell’olio
bollente, eliminarne l’eccesso.
Pesce: due buone idee
Farina 00, 220 g – un albume, 50 g – olio
extravergine d’oliva 5 g
acqua, 250 g – sale, 2 pizzichi –
zucchero, 1 pizzico
Unire alla farina sale,
zucchero e olio. Mescolare con una frusta, aggiungendo l’acqua poco per volta,
fino a ottenere un composto liscio. A parte, montare l’albume a neve ben soda
e, con una spatola o chucchiaio di legno, unirlo alla pastella, con un
movimento dal basso verso l’alto per non smontarlo.
Farina 200 g – birra 2 dl – uova 2 – sale
qb
Porre la farina in una
terrina, formare un piccolo cratere al centro, unire il sale e i tuorli
leggermente battuti; mescolare con una frusta, versando a filo la birra per
ottenere un composto liscio. Coprire e lasciar riposare in luogo tiepido per
almeno 30 minuti. Poco prima di avviare la frittura, montare gli albumi a neve
e incorporarli alla pastella, sempre con movimento dal basso verso l’alto. I
pesci , crostacei o molluschi -ben
puliti, sciacquati sotto acqua corrente e asciugati perfettamente – saranno
immersi nella pastella singolarmente, comunque a varie riprese e senza
affastellarli, e quindi posti subito a friggere nell’olio portato a giusto
calore.
Verdure
Farina di riso 80 g – farina integrale g
20 - tuorli 2
acqua 100 g – sale qb
In una terrina mettere
la farina di riso, la farina integrale e il sale; mescolare bene. A parte
battere i tuorli d’uovo con l’acqua ben fredda. Unire ingredienti asciutti e
liquidi formando un composto liscio e omogeneo.
Le verdure saranno
immerse nella pastella tagliate a bastoncini o a rondelle.
Frutta
1° proposta: pastella
al latte
farina
125 g – uovo 1 – latte 2 dl - zucchero
1 cucchiaio
bicarbonato
1 pizzico – sale qb
In una terrina
mescolarla farina con il bicarbonato, lo zucchero e il zicco di sale. Battere
leggermente l’uovo e incorporarlo alla miscela mescolando con una frusta;
aggiungere il latte a filo sempre mescolando e fio a quando la pastella
risulterà perfettamente liscia. Coprire e lasciar riposare in frigorifero per
almeno un’ora.
farina
100 g – uova 2 – zucchero di canna e zucchero semolato 60 g ciascuno
4
cucchiai di latte – lievito di birra 10 g – sale 1 pizzico
mele
golden 2
Sbucciare
le mele, togliere il torsolo con l’apposito scavino, tagliarle a fette di circa
½ cm di spessore, cospargerle con lo zucchero di canna e il rhum quindi
lasciarle macerare per un’ora. Intanto intiepidire il latte e sciogliervi il
lievito di birra; setacciare la farina, unire i tre quarti dello zucchero
semolato, le uova leggermente battute e mescolare bene; aggiungere il latte con il lievito,
versando a filo e continuando a mescolare fino a ottenere una pastella liscia.
Coprire e lasciar riposare la pastella per il tempo necessario a scaldare l’olio.
Immergere quindi le fette di mela (non più di 2 o tre per volta) in questa
pastella e friggerle fino a doratura. Scolare e passare nello zucchero bianco
rimasto.
La base per la
pastella è formata da acqua e farina nel rapporto di 2:1, per esempio ogni 100
grammi di farina si usano 200ml circa
di acqua. Va considerato che la pastella dev’essere abbastanza collosa e non
scivolare via troppo facilmente dagli ingredienti.
Quanto alla farina, l’ideale
è quella di riso ma viene accettata quella di frumento.
In alcune ricette, fra
gli ingredienti compaiono le uova: in realtà queste non sono previste all’origine.
Ma, capita in Giappone come in tutto il mondo, quando si tratta di cibo e di
ingredienti e di cotture, la verità assoluta non esiste.
L’unica certezza è che
in questa frittura vanno gamberi e verdure.
Ecco le regole-base.
1) Bisogna
usare,rigorosamente, solo acqua frizzante molto fredda,
praticamente ghiacciata. Per ottenerla, prima di preparare la tempura è opportuno lasciare la bottiglia dell’acqua
nel freezer e, poi, aggiungere cubetti di ghiacchio per tenere bassa la
temperatura.
2) Mescolare
rapidamente farina e acqua, senza preoccuparsi deimgrumi che possono formarsi
perché proprio questi, nel friggere, determinano la consistenza della pastella.
In questa frittura
vanno gamberi e verdure.
Grazie alle fonti
bressanini-lescienze.blogautore.espresso.repubblica.it -
www.corriereasia.com/cucina-giapponese-yasai-tenpura
- www.yakiniku.it - www.fosan.it - https://it.wikipedia.org
- www.quimbalar.pt/
Peter Nero Archivio fotografico ed Immagini (Royalty free) –
news.fidelityhouse.eu – www.maisazi.com - footage.framepool.com -
Libri
Fisiologia del gusto, Anthelme Brillat-Savarin (Sellerio editore Palermo)
The Oxford Companion to Food (Oxford Unversity Press, Oxford 1999)
Il mare in pentola, Alan Davidson (Arnoldo Mondadori Editore)
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