E’
fortemente simbolico. Rappresenta la forza e il sapere. Secondo alcuni miti è l‘incarnazione
del primo uomo, addirittura sarebbe l’essere vivente più antico. E, come tale, si dice che nuotasse nel
pozzo della conoscenza, alla sorgente della vita.
E’
il salmone. Un bellissimo pesce che nasce in acque dolci e poi inesorabilmente
nuota e nuota per raggiungere le acque aperte, i mari freddi, gli oceani, dove
s’installa fino alla maturità sessuale. In quel momento la natura fa emergere
una priorità assoluta: la riproduzione. Così il Re dei pesci di fiume inizia il
suo percorso a ritroso, risale faticosamente le correnti per tornare là dove
era nato e dove ritroverà acque molto ossigenate e poco saline. In quel preciso
luogo la femmina depositerà le uova, il maschio le feconderà. Entrambi
difficilmente potranno sopravvivere allo sforzo e moriranno dove hanno avuto e
ridato la vita.
Nessuna
meraviglia se il salmone è protagonista di leggende e miti –soprattutto celtici
– che parlano di saggezza e di forza.
Nella
mitologia irlandese il pozzo della conoscenza è chiamato Pozzo di Conia o di
Segais: è la sorgente del Boyne, il fiume sacro che scorre nell’omonima valle
dove si trovano gli antichi templi druidici di Newgrange, Knowth e Dowth,
dichiarati patrimonio dell’umanità dall’Unesco.
Alla ricerca di questo pozzo, nel tempo
dei tempi, si era messo un giovane
di nome Demne, intelligente, curioso e con tanta voglia di avventura. Egli
arrivò al fiume, ne risalì il letto fino ad arrivare alla sorgente, cioè al pozzo.
Questo pozzo era circondato da nove
alberi di nocciolo, da uno dei quali, ogni sette anni, cadeva una
nocciola rossa, molto speciale. Infatti, se questa fosse stata intercettata e
inghiottita al volo da un salmone e questo salmone, mentre si rituffava in
acqua, fosse stato a sua volta catturato da un Druido, chiunque ne avesse
mangiato o assaggiato le carni avrebbe posseduto sapere e saggezza.
Arrivato
nei pressi del pozzo, il giovane fu attratto da un profumo di pesce e di
brace. Addentratosi nel boschetto,
al centro trovò un fuoco sul quale arrostiva un grosso pesce, infilzato in uno
spiedo. Egli gridò “C’è
qualcuno?”. Poiché nessuno rispondeva, egli ripeté il richiamo più volte. Quindi
si avvicinò al salmone, allungò la
mano per prenderne un piccolo pezzo e così facendo si scottò un dito con il
grasso che colava sulla fiamma. Per alleviare il dolore, istintivamente si mise
in bocca il dito, succhiandolo. In
quel momento arrivò un vecchio Druido– si trattava del grande poeta Finn Eces -
che aveva atteso sette anni prima di riuscire a pescare il salmone della
conoscenza. Egli chiese al giovane
se avesse assaggiato il pesce e questi confessò. Allora il poeta gli raccontò
la storia del salmone che portava conoscenza, saggezza e forza, spiegando che le
condizioni per la cattura si verificavano solo una volta ogni sette anni. E che
lui per sette anni aveva atteso il momento. Ciò detto consegnò tutto il salmone
al giovane, dicendo “Io ne aspetterò altri sette di anni”. E ribattezzò Demne
con il nome di Fionn che, grazie al sapere e alla saggezza ricevute dal
salmone, diventò leader e re dei Fianna, i mitici eroi irlandesi.
Se
questa leggenda è patrimonio dell’Irlanda, molte altre se ne trovano un po’
ovunque, là dove ci sono i salmoni: in Scozia, naturalmente, fino alla lontana
terra degli Indiani d’America.
Salmone: alla scoperta delle origini
Oceano
Pacifico, Oceano Atlantico e Danubio: queste sono le tre aree in cui amano
abitare i salmoni. Che, come tutte le famiglie che si
rispettano, hanno diversi rami con differenti tipologie.
Oceano Pacifico: dove regna il ramo “nobile”
Red
King (Oncorhynchus Tschawytscha) -
Detto anche Salmone reale o Chinook, è veramente il Re dei salmoni. Taglia
maxi, mediamente dai 18 ai 25 kg, può arrivare fino a 45. Poco grasso, sapore
morbido e dolce, è ideale per l’affumicatura. Ha un parente prossimo, molto raro, che si chiama White
King. E’ albino, con carni bianche e sapore molto delicato.
Sockeye
(Oncorhynchus Nerka) - Pescato lungo le
coste occidentali del Canada,
di colore rosso vivo, è la seconda varietà più pregiata di salmone
selvaggio, dopo il Red King. Ha carni sode, sapore deciso, è perfetto per
affumicatura e raffinati piatti giapponesi.
Coho
(Oncorhynchus Kisutch) - Noto
anche come salmone argentato, qualitativamente si avvicina al Red King, ma, in termini di dimensioni, è molto
più piccolo avendo un peso che si aggira intorno ai 7 kg.
… ma ci sono anche i cugini meno nobili
Pink
(Oncorhynchus Gorbuscha) – Detto
salmone rosa, circa 2 kg di peso, piuttosto salato, è presente in quantità consistente
nel Pacifico . E’ il classico pesce da inscatolamento.
Chum
(Oncorhynchus Keta) - Pesa da 4 a
8 kg, rimane poco nelle acque dolci, ha carni molli che si afflosciano, una
volta affumicate. E’ il meno pregiato di tutti i salmoni selvaggi ed è
piuttosto economico. Proprio per una questione di prezzo è molto diffuso.
Salmone
giapponese (Oncorhynchus Gorbusha) - Stessa famiglia del salmone rosa, conta quattro sottospecie, è diffuso in Estremo Oriente, Corea, Taiwan
e Giappone. Utilizzato largamente per sushi e sashimi.
Il
Salmo salar è ormai da anni il salmone
d’allevamento per eccellenza, sia in Europa sia in Cile. 2° produttore al mondo
dopo la Norvegia, che detiene saldamente il 1° posto. Infatti, l’acquacoltura
dell’era moderna, è nata proprio in Norvegia nel 1960, e si è quindi diffusa negli
Stati Uniti e nel resto del mondo. Però l’inarrestabile sviluppo ha fatto
moltiplicare gli allevamenti iper-intensivi con pesci stipati nelle gabbie in
modo tale da impedire praticamente il movimento in acqua, nutriti con mangimi
impropri, carichi di PCB (composti chimici contenenti cloro), di coloranti
artificiali, di farine animali, di antibiotici destinati a contrastare il rischio
che malattie e parassiti si
trasformino in epidemie (nel
passato ne sono stati colpiti Cile, Svezia e Norvegia). E, infine, è arrivata
la possibilità di imbattersi anche nel salmone transgenico, origine canadese,
sviluppo americano.
Ormai
la pesca indiscriminata ha ridotto al lumicino la quantità di salmone pescato
in mare aperto; per contro, l’allevamento è diventato il primo fornitore al
mondo di salmoni. E qui si apre un capitolo complicato perché c’è allevamento e
allevamento. Così come c’è lavorazione e lavorazione. Stiamo naturalmente
parlando del salmone affumicato, che del consumo mondiale rappresenta
larghissima parte.
Una
cosa è certa: sempre più bisogna scegliere con attenzione il salmone da portare
sulle nostre tavole. All’origine
dieteticamente strepitoso perché scarso di calorie e ricco di Omega 3, di
grassi polinsaturi, di sali minerali, di vitamine, a causa degli allevamenti intensivi ( in batteria come i
polli… ), il salmone, anzi molti salmoni si sono trasformati in mine vaganti
per la nostra salute.
Un
esempio? In Norvegia, dove il mercato
del salmone d’allevamento vale tre miliardi di euro l’anno, nel 2013 il
governo ha sollecitato le donne in stato di gravidanza a ridurne al minimo il
consumo e ha anche invitato le famiglie a non servirlo ai bambini. Ovviamente è
stata subito polemica feroce. Che però ha indotto alcuni allevamenti a
imboccare una nuova strada. Virtuosa.
Nell’ottobre
scorso, finalmente, 15 aziende di Norvegia, Cile, Scozia e Danimarca hanno
annunciato la volontà di promuovere la sostenibilità nell’allevamento del
salmone, certificando entro il
2020 il 100% della loro produzione.
Una
certificazione che in Scozia già esiste dal 1975 con l’allevamento sostenibile
Loch Duart, che, preservando l’ambiente, immette sui mercati salmoni di
altissima qualità. Talmente alta da conquistare la tavola reale: il salmone Loch Duart è stato servito al matrimonio del Principe William con Kate Middleton.
Loch Duart è una società privata che fino a pochi anni fa poteva vantare il merito di essere l’unica al mondo a certificare pesci e mangimi biologici. In un qualche modo ha fatto da apripista. Tanto da essere E merita di essere citata.
Loch Duart è una società privata che fino a pochi anni fa poteva vantare il merito di essere l’unica al mondo a certificare pesci e mangimi biologici. In un qualche modo ha fatto da apripista. Tanto da essere E merita di essere citata.
Salmone fresco e salmone affumicato: ecco come scegliere il meglio
Posto
d’onore al salmone selvaggio ovvero proveniente da pesca all’amo (sempre più
rara) o con le reti, al largo delle coste dell’Alaska e del Canada o lungo le
isole giapponesi, quindi, per larghissima parte, nell’Oceano Pacifico. Sia
fresco sia affumicato il salmone “wild”, per via del costo, è ormai riservato a
una fascia di mercato assai ristretta, quasi esigua. Sotto il profilo
culinario, avendone la possibilità, sarebbe preferibile acquistare il salmone
selvaggio fresco e goderselo perché il gusto è impagabile.
Comunque,
gusto pregevole anche per larga parte del selvaggio affumicato: si dice larga
parte perché questa produzione non
sempre mantiene le promesse, almeno secondo alcune indagini comparative. Capita
che le carni non siano morbide come sarebbe desiderabile, al contrario talvolta
sono po’ ”stoppose” mentre il sapore è decisamente più intenso di quello del
cugino d’allevamento.
Come
riconoscere alla vista il salmone selvaggio? Difficile farlo, perché
l’intensità del colore – normalmente rosa pallido - dipende dall’alimentazione
libera mentre la consistenza delle carni non è così evidente. Allora non resta
che dare fiducia al proprio fornitore.
Il vademecum
Per
quanto riguarda il salmone d’allevamento, affumicato, praticamente tutto si
dovrebbe poter apprendere dall’etichetta: varietà, provenienza, pezzatura,
scadenza, tipo di affumicatura, percentuale di grassi, sigle di certificazione,
eventuale indicazione di OGM. Da un’attenta lettura – se le etichette sono
compilate correttamente - si potranno trarre le indicazioni utili per un
acquisto… consapevole. Che verrà confermato dal prezzo: buona regola è non
giocare al ribasso perché il salmone non lo merita. Meglio mangiarne di meno ma
di buona qualità.
Varietà
e provenienza – Nel settore dell’affumicato, sostanzialmente, si trova solo il
Salmo Salar, la cui provenienza non sempre è dichiarata. Infatti un salmone affumicato in Norvegia, può
essere stato allevato in Cile, Paese che ha scelto una produzione di livello
basso con prezzi bassi. Com’era avvenuto per la Grecia con le orate. Oppure un
salmone norvegese potrebbe essere lavorato in Italia o in Francia….
Come
regolarsi, allora. Se vogliamo stare in Europa (il che non è male visto i
tempi) rivolgiamoci in primis a Scozia e Irlanda che hanno decisamente puntato
sulla qualità. Piccoli allevamenti, mangimi controllati, “smoke houses” che
lavorano il salmone solo a partire dal fresco con salagione a mano e affumicatura
con truccioli di botti nelle quali era invecchiato il whisky. In più, sostengono
gli esperti, mari aperti e molto ossigenati come quelli che circondano questi
Paesi, offrono ai salmoni elevata qualità di vita e di alimentazione. I
salmoni scozzesi e irlandesi,
dovendo affrontare correnti marine fortissime, sviluppano una notevole
robustezza e muscolatura che si traduce in una carne molto consistente, facile
da tagliare, saporita al palato e con un 8% di grassi in media, contro un 11%
medio dei norvegesi.
Percentuale di grassi – Non sempre compare
sull’etichetta mentre si tratta di parametro importante. Si tenga presente che
un salmone selvaggio, che nuota libero nell’Oceano, contiene meno grassi di uno
d’ allevamento: da 3 a 7 g per 100g il primo mentre oscilla tra 8 e 12 g il
secondo.
Attenzione: se viene superata la soglia dei 12
grammi di grasso, meglio starsene alla larga perché questo significa che il salmone è di bassa qualità.
Pezzatura:
La parte migliore del salmone è quella centrale dalla quale si tagliano belle
fette lunghe e carnose. Bene, queste non possono certo stare nelle buste da 100
grammi nelle quali confluiranno piuttosto fettine che provengono dal taglio che
parte dalla coda. E’ grave? No, però è da tener presente che quelle fettine
possono essere più asciutte e filamentose di quanto non siano quelle ricavate
dalla zona più “piena”.
Colore -
Non è un indice affidabile perché il salmone nasce con carni bianche ed è
l’alimentazione (in natura gamberetti, crostacei e alghe in quantità) che dona
i toni del rosato, rosso, aranciato. Nell’allevamento, i mangimi sono
addizionati con sostanze ad hoc, anche artificiali. E’ invece opportuno verificare
che le fette non presentino sui bordi zone giallastre o di seccume.
Affumicatura–
Ci sono tecniche diverse di salagione e di affumicatura. La salatura avviene
sia con sale marino cosparso sulla superficie dei filetti sia con immersione o
iniezione di salamoia.
L’affumicatura
può essere “cold smoked” oppure “hot smoked” cioè a freddo (22°C per 12 ore) o
a caldo (120°C nei primi 20 minuti e max 80°c nelle 4 ore successive) con
sistema orizzontale (su griglie) o verticale (detto per impiccagione) e
utilizzo di legni pregiati dal faggio alla quercia (ma c’è anche il fumo
liquido..).
Il
meglio? Molti esperti ritengono ottimale la scelta che si rifà alla tradizione:
salatura a mano con sale marino e affumicatura a freddo per impiccagione. Una
delizia.
Attenzione
alla dicitura in etichetta. Un esempio: deve essere scritto “salmone scozzese
affumicato” e non “salmone affumicato scozzese”. Nel primo caso, infatti, il salmone sarà stato allevato e
affumicato in Scozia, nel secondo sarà stato affumicato in Scozia da provenienza non certificata.
Scadenza - La scadenza deve essere breve, massimo 30 giorni: è il segno inequivocabile di qualità. E però l’Italia, come normativa, si è allargata fino a 90 giorni, contrariamente a quanto in vigore in Francia, che prevede max 21 giorni. Consiglio: in presenza di scadenza lunga, consumare il salmone almeno 30 giorni prima della data indicata. Infine, in etichetta dovrebbe essere dichiarata anche la data di produzione perché fra questa e l’immissione sul mercato, potrebbero essere passati mesi, con congelamenti e scongelamenti.
Scadenza - La scadenza deve essere breve, massimo 30 giorni: è il segno inequivocabile di qualità. E però l’Italia, come normativa, si è allargata fino a 90 giorni, contrariamente a quanto in vigore in Francia, che prevede max 21 giorni. Consiglio: in presenza di scadenza lunga, consumare il salmone almeno 30 giorni prima della data indicata. Infine, in etichetta dovrebbe essere dichiarata anche la data di produzione perché fra questa e l’immissione sul mercato, potrebbero essere passati mesi, con congelamenti e scongelamenti.
Sigle di certificazione
Per il salmone selvaggio è importante verificare che sia presente la sigla MSC: significa, questa, che il prodotto proviene da pesca sostenibile. Per salvare il salvabile e indurre la ripopolazione dei salmoni.
Naturalmente il marchio BIO, che dovrebbe certificare tutte le fasi di produzione, allevamento e commercializzazione del salmone.
LABEL ROUGE: prestigiosa “etichetta” francese che certifica un prodotto di qualità molto elevata, secondo standard , soprattutto gustativi, stabiliti dal Ministero dell’Agricoltura francese. L’etichetta è andata all’estero per la prima volta nel 1992 quando è stata attribuita a un’acquacoltura scozzese. Con l’andare del tempo anche marchi irlandesi e norvegesi hanno conquistato il riconoscimento.
OGM: Organismo Geneticamente Modificato: Lo vogliono gli Stati Uniti ma è stato messo a punto in Canada, per quanto riguarda il salmone. Vecchia Europa resiste.
E ora spazio al piacere del palato!
Doveroso
omaggio a un bel salmone selvaggio fresco. Dalla Scozia con amore. La ricetta è
del sito celtico www.celtnet.org.uk
Tweed Kettle
Il
Tweed è uno dei fiumi scozzesi più ricchi di salmoni e, nonostante la ricetta
venga da Edinburgo, non è sorprendente che proprio al Tweed sia stata dedicata. E’ una ricetta del 1800.
1 salmone
intero di circa 1 kg – sale e pepe nero da macinare al momento – 2 scalogni, affettati finemente – 1
pizzico di macis* macinato – 150 ml di vino bianco secco – 2 cucchiai di burro – 100 g di funghi porcini, boscaioli o champignons - 2 cucchiai di prezzemolo tritato.
* Il macis
è la membrana che avvolge la noce moscata. Ha un
colore aranciato e un aroma decisamente fruttato, simile a una miscela di
cannella e noce moscata. Il sapore è più penetrante di quello della noce
moscata perché contiene più oli essenziali. E ’molto delicato nel senso che,
una volta macinato, perde facilmente l’aroma e, d’altra parte, è assai
difficile da macinare. Teoricamente sarebbe meglio utilizzarlo in piccoli pezzi
verso fine cottura, rimuovendoli prima che il piatto vada in tavola.
Eviscerare
e squamare il salmone, lavarlo e metterlo in una pesciera idonea; aggiungere
acqua fino a coprirlo appena; portare a bollore lentamente e quindi abbassare
la fiamma in modo che l’acqua abbia solo qualche fremito; coprire e cuocere per
non più di 3 minuti. Togliere delicatamente il salmone dalla pentola e
lasciarlo intiepidire; togliere pelle e lische; tagliare la carne a piccoli
cubi e metterla da parte.
Rimettere
nell’acqua pelle, lische e tutti gli scarti, portare nuovamente a bollore,
abbassare la fiamma e cuocere per 15 minuti. Spegnere, lasciar raffreddare e
poi passare il liquido prelevandone 150 ml che saranno versati in una
casseruola pulita. A questi
aggiungere il vino bianco, il macis, gli scalogni e il salmone a cubetti Aggiustare
di sale portare a bollore dolcemente, abbassare nuovamente la fiamma e cuocere
per 10 minuti. Nel frattempo scogliere il burro in una padella e insaporirvi i
funghi fin quando diventino morbidi; scolarli dal grasso e aggiungerli al
salmone continuando la cottura per 5 minuti.
Disporre
in un piatto di servizio che sarà stato tenuto al caldo e guarnire con il
prezzemolo.
Tradizionalmente
il Tweed Kettle viene accostato a purée o patate bollite.
Salmone affumicato
Prima
regola: togliere dal frigorifero e dalla busta almeno mezz’ora prima di
servire. Le fette devono essere morbide e lucide, fresche, non fredde.
Seconda
regola: il sapore del salmone deve
essere esaltato, non sopraffatto. Ecco perché gli chef di rango sconsigliano
vivamente l’utilizzo del burro (il salmone ha carni morbide ed è già ricco di
grassi) nonché del limone spruzzato direttamente sulle fette, per l’acidità
troppo marcata.
Allora?
Il salmone affumicato è normalmente il protagonista dei grandi antipasti e in
questo senso si registra una sovrabbondanza di ricette. Non sempre
condivisibili. Personalmente credo che la regola ferrea, inderogabile, sia
quella di “lavorarlo” poco o niente e di accostarlo con discrezione ad altri
sapori.
In
giro per il mondo, trionfa il salmone in sushi e sashimi. E però le tradizioni
russe rimangono saldamente in sella proponendo il salmone con Blinis (un mix
tra crêpes e pancakes, cottura in padella) e panna acida. Inutile dirlo, fatti
in casa è meglio…
Blinis secondo la tradizione russa
La
ricetta è del sito www.russia-italia.com
Le dosi sono per una ventina di
blinis
300 g farina - ½ litro latte intero – ½ bustina
lievito di birra – 2 uova
1 cucchiaio di zucchero (circa 25 g) – 1 cucchiaino
di sale
olio extravergine d’oliva o di semi di arachide per
ungere la padella.
Mescolare
il lievito con metà della farina, lo zucchero e il latte tiepido. Coprire il
contenitore, lasciar riposare in luogo tiepido per 30/40 minuti: l’impasto
lieviterà facendo delle bolle. Quindi aggiungere un uovo per volta,
incorporando perfettamente; unire poi la farina a cucchiaiate, setacciandola e
mescolando con cura per evitare grumi. Al termine, la pastella deve risultare
abbastanza fluida (non liquida).
Coprire nuovamente e porre vicino a una fonte di calore o comunque in
luogo tiepido, lontano da correnti d’aria, per altri 30/40 minuti, magari
qualcosa di più, non di meno.
Con
un pennello bagnato nell’olio ungere una padellina di 10-12 cm, (preferibilmente, nell’ordine,
ghisa, ferro o anti-aderente) e mettere sul fuoco, fiamma media. Quando l’olio
è ben caldo, mescolare l’impasto, prelevarne un mestolino e metterlo nella
padellina, ruotandola in modo che
l’impasto si distribuisca
bene. Cuocere da entrambe le parti per due o tre minuti complessivi. Il
blini deve avere una consistenza di poco superiore a quella delle crêpes, ma non alto come una
focaccina. In questo senso non vanno presi a modello i blinis di tipo
industriale che assomigliano piuttosto a piccoli panini schiacciati.
Una
volta freddi, guarnirli con panna
acida e salmone. Se divisi l’uno dall’altro con un foglietto di carta oleata
e protetti da un sacchetto da
freezer, possono essere surgelati. Per qualche giorno resistono bene anche nel
frigorifero.
Nota:
Sebbene la ricetta tradizionale non lo preveda, alcuni suggeriscono di
utilizzare sia farina 00 sia farina di grano saraceno, nella proporzione 50/50.
I blinis risultano più rustici.
Panna acida
Ormai
si trova facilmente anche quella confezionata, in particolare nei negozi o
supermercati che tengono prodotti bio. Comunque è facilissimo prepararla in
casa.
100 g di panna liquida fresca - 100 g di yogurt
bianco compatto, tipo greco
1 cucchiaio di succo di limone – 1 pizzico di sale
Mescolare
bene la panna allo yogurt e aggiungere
il succo di limone e il sale. Sarebbe bene utilizzare una frusta per gonfiare
leggermente la crema (che non deve essere montata). Se fosse troppo fluida aggiungere altro
yogurt, al contrario unire un po’ di panna.
Bocconcini di salmone alla crema di formaggio
Le
quantità variano a secondo del numero di ospiti. Non scordare, comunque, che
non è una portata ma un assaggio.
Per
3 involtini
1 fetta lunga di salmone affumicato o fettine
singole
1 cucchiaio di formaggio caprino - 2 cucchiai da dessert
di mascarpone
erba cipollina– un pizzico di sale – pepe rosa
e per la decorazione
ciuffetti i di aneto, rucola, chicchi di melagrana, fettine d’arancia
Tagliare
il salmone a rettangoli di circa 7x9 cm. A parte mescolare bene i due formaggi,
battendoli con una frusta per gonfiarli un poco, salare e pepare e aggiungere l’erba
cipollina tagliata (con le forbici!) a pezzettini micro. Mettere la crema,
senza stenderla, al centro delle fettine di salmone; ripiegarle a cannolo,
fermandole, se necessario, con un piccolo stuzzicadenti. Accomodare gli
involtini in un piatto da portata (o in più piattini singoli), cospargendoli
ancora con una leggera machinata di pepe;
decorare con ciuffetti di
aneto o rucola e chicchi di melagrana o fettine d’arancia, a piacere.
Conservare al fresco.
1 cucchiaio da dessert di salmone affumicato - 1 cucchiaio di formaggio caprino
1 cucchiaio di mascarpone – 1 cucchiaio di yogurt compatto
1 bicchierino di vodka ben fredda - sale – pepe rosa
1 cucchiaio di mascarpone – 1 cucchiaio di yogurt compatto
1 bicchierino di vodka ben fredda - sale – pepe rosa
Mescolare i due formaggi e lo yogurt, aggiungere la
vodka, sale e pepe: battere un poco con la frusta per gonfiare la preparazione,
che comunque non deve essere montata.
Mettere la crema nei bicchierini e cospargerla con i cubetti di salmone.
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