Chi conosce la Giubiana?
Credo non in molti, se si esclude una parte della Lombardia e del Piemonte.
Allora, raccontiamo.
Intanto si tratta di una festa, il che non è mai male. Festa della Giubiana,
appunto, o Giobia o Giobiana o
Giubiascia. Nome di origine
incerta, perché alcuni lo fanno discendere dal culto di Giunone, altri
direttamente dal dio latino Jupiter-Jovis, da cui Giovia e quindi Giobia, a
indicare le feste contadine di inizio anno, per propiziarsi le forze della
natura che, secondo la credenza popolare, condizionano l’andamento dei
raccolti. Giobbia, nel dialetto piemontese, significa giovedì. E, non a caso, tutto succede
nell’ultimo giovedì di gennaio.
In questo giorno/notte del
primo, lungo e freddo mese dell’anno, in alcune zone della Lombardia – Brianza, Altomilanese, Varesotto e Comasco
- e in Piemonte, è usanza
accendere grandi falò nelle piazze e bruciare sul rogo un fantoccio di paglia vestito di stracci. La strega. Che, in questo caso, è
associata all’inverno, le cui
forze negative vengono annientate dal fuoco per lasciar spazio alla
primavera. E’, questa, una
tradizione di origine antica, addirittura pre-cristiana. Tuttavia, non sempre
le sembianze sono quelle di una vecchia lacera e ansiogena. A Cantù sul rogo ci
finisce un pupazzo che ricorda una donna bellissima. Anche le leggende hanno il
loro peso.
Storia numero 1. La
giovane bellissima rappresenta una castellana che, invece di difendere, tradì
la propria città, forse nella guerra tra milanesi e comaschi nel XII secolo.
Cantù, allora alleata a Milano contro Como, subì dapprima una grave sconfitta
ma poi vinse la guerra, grazie ai
milanesi che conquistarono la città lariana, decretando così anche la
condanna al rogo della giovane.
Storia numero 2. Si
racconta che la notte di un giovedì di gennaio di settecento anni fa, bussò a
uno degli ingressi del borgo di Canturio una bellissima donna. Padre Lorenzo,
abbagliato da tanta bellezza, la
scambiò per la Madonna e le
aprì la porta. Rimase però
impietrito fissando gli occhi dell’inattesa visitatrice: ipnotizzato. E, su perentoria richiesta
della giovane signora, le consegnò subito le chiavi della città. Con queste
essa aprì i pesanti battenti lasciando entrare le truppe dei Visconti che si
insediarono, dopo aver adeguatamente immobilizzato le guardie nelle varie
torri. Della giovane non si sentì più parlare e però sul fuoco qualcosa che
dovrebbe ricordarla ci finisce ogni anno.
Grande festa, dunque,
quasi ovunque con sfilate di carri storici e sempre con contorno di musica,
balli e…..
Risotto con luganega e Vin brûlé
Risotto con luganega
per sei persone
500 g di riso (carnaroli,
arborio o vialone nano) – 350 g di luganega (salsiccia ) di Monza
1 cipolla - 1,5 lt di brodo di carne - 1 bicchiere di vino rosso - 100 g di burro
grana padano
1 cipolla - 1,5 lt di brodo di carne - 1 bicchiere di vino rosso - 100 g di burro
grana padano
Pulire e affettare finemente la cipolla, spellare e sbriciolare i tre quarti della luganega, tagliando a rondelle la parte restante. In 50 gr di burro, rosolare prima la cipolla quindi aggiungere la salsiccia facendola dorare a fuoco vivace; togliere le rondelle e tenerle al
Vin Brûlé
(con un litro di vino si
ottiene ½ lt di vin brûlé)
1 lt vino rosso (fermo, corposo, di ottima qualità) - 200 g di zucchero – 2 stecche di cannella – 8 chiodi di garofano – 1 arancia e 1 limone non trattati
Sbucciare i due agrumi, facendo ben attenzione che la buccia sia completamente priva della parte bianca (amara); mettere in una pentola alta (tipo spaghetti) i chiodi di garofano e la cannella; aggiungere lentamente il vino, lo zucchero e le bucce di arancia e limone; mescolare dolcemente per incorporare lo zucchero quindi porre sul fuoco a fiamma bassa fino a ebollizione e mantenere per 3-4 minuti, tenendo mescolato. Dopo aver spento il fuoco è necessario far evaporare l’alcol: per questo bisogna fiammeggiare la superficie, lasciando agire la fiamma fin quando si spegne da sola. Filtrare con un colino e servire in tazze di ceramica o di vetro temperato.
Piccoli consigli utili (forse)
- Innanzitutto una precisazione sulla luganega di Monza. E’ una salsiccia pregiata che, fortunatamente, sta tornando sul mercato (con marchio registrato) grazie ad attenti produttori della Brianza. Eccone la descrizione a cura di “Made in Brianza”: “una salsiccia di colore più tendente al bianco che al rosso, di dimensioni grosse e che al palato risulta molto delicata. Gli ingredienti principali sono: carne di suino, grana padano,brodo di carne e marsala. La sua particolarità è proprio data dalla presenza nell’impasto di ingredienti come il grana, che la rende chiara e dolce, e il brodo di carne. Il fatto che sia di colore chiaro può trarre in inganno: non è una salsiccia grassa”.
- Il risotto 1) in alcune zone lombarde si mette anche lo zafferano. In questo caso è meglio sfumare con il vino bianco. 2) In un sito della Brianza ho trovato anche una ricetta che prevede la cottura della salsiccia a parte, sfumata con il vino rosso, a formare un sughetto, e aggiunta nei singoli piatti una volta al centro del risotto stesso.
- Vin brûlé – Per fiammeggiare sarebbe meglio evitare l’uso dell’accendino, puntando su un fiammifero o stecco di legno lungo che terrà lontana la fiamma dalle vostre mani… Per servire, mai usare i bicchieri normali perché non reggerebbero al calore. Per la quantità, abbiamo dato le proporzioni per un litro di vino, prima della cottura: le dosi reali le deciderete voi sulla base del numero di persone che volete rendere allegre!
Fonti: Wikipedia e siti varî di altrettanto varie cittadine della Brianza
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